Eva Boarotto e Dance Well

Ho conosciuto il progetto Dance Well fra le pagine di un quotidiano nazionale che pubblicizzava un laboratorio intensivo. Era ottobre 2017 e c’era da arrivare fino a Roma.
Ho indossato il mantello da Dopamine Hero (non l’avete? guardate in fondo all’armadio: sotto i vestiti che non usate più c’è un costume da supereroe che non usate ancora) e sono stata per due giorni esattamente dove volevo essere.

Qui alcuni approfondimenti:

https://video.repubblica.it/cronaca/ballerini-con-il-parkinson-cosi-la-danza-sfida-la-malattia/282581/283193

http://www.generativita.it/it/story/2018/03/05/dance-well–noi-danziamo-con-il-parkinson/121/

A Roma ho conosciuto Eva: il suo corpo quando danza trasmette un senso di pienezza che raramente ho visto in giro.
Dance Well e Eva sono rimasti fra i miei pensieri come una potenzialità da esplorare, una porta da aprire, la mia personale versione del vetro da rompere in caso di emergenza; e quando l’emergenza è arrivata, ho ritrovato tutto ancora più intenso.

Sabato 24 novembre in occasione della Giornata Nazionale Parkinson i danzatori Dance Well erano ai musei civici di Bassano del Grappa con classi aperte e coreografie in ogni stanza, fra le opere, i quadri, gli affreschi. Numerosi i Dopamine Heroes in movimento, movimenti ampi, minimi, veloci, lenti, morbidi, tesi, ciascuno con la propria intensità.

Eva ha danzato con Andrea Beghetto e io ho sentito il vento fresco dell’eccellenza.
Perciò, con la protezione di Montgomery Burns e sotto il mantello del Dopamine Hero, vi presento Eva.

Ciao Eva, a cosa ti fa pensare la parola eccellenza?

La parola eccellenza mi fa pensare a qualcosa che va oltre la regola del sapere. E’ la ricerca di qualcosa di particlare all’interno della normalità. O di qualcosa di speciale nella disabilità. 

Come reagisci ad essa?

Con stupore e meraviglia e voglia di proseguire con la ricerca.

Qual è il tuo percorso come danzatrice?

Mi sono avvicinata alla danza nel febbraio 2014, frequentando le classi presso il museo civico di bassano del grappa, ed è stato subito Amore. Amore per la semplicità con cui venivano proposti movimenti del repertorio di danza contemporanea. Mi accorsi quasi subito del beneficio nel ricreare una memoria muscolare positiva. Così un po’ alla volta certi movimenti uscivano spontanei come prima del parkinson. Poi la bellezza del posto, l’incontro ed il  confronto con ballerini e coreografi professionisti mi ha spinto a voler uscire dall’oscura zona di confort dove l’essere invisibili agli altri  equivaleva a sentirsi meno malati. Ho chiesto e proposto di mostrare in piazza in pieno giorno, la coreografia che avevamo imparato nelle splendide sale del museo. E’ nata così la prima esibizione con 4 ballerini dello Scapino Ballet di Rotterdam, che gentilmente si sono prestati ad una improvvisazione con il nostro gruppo. Il risultato: applausi e persone che si fermavano a guardarci stupite. Dopo questo evento ho sentito la necessità continua di mostrare al pubblico esterno le mie capacità “eccellenti” . Da qui il progetto Dance Well ci ha sempre appoggiato, incoraggiato a fare, lasciando le classi aperte a tutti e questa è una risorsa inestimabile. E’ un modo differente di riappropriarsi di un posto nella società , che troppo spesso emargina…. Il mio linguaggio, anche fisico,  oggi è sicuramente più articolato , ma sono solo all’inizio di un percorso, una cosa è certa, non smetterò mai di danzare, lo faccio ogni giorno, ogni ora , ogni minuto …. la mia danza si chiama proprio Parkinson.

Nella coreografia del 24 novembre erano  espresse allo stesso tempo la forza del tuo corpo e la particolarita’ della malattia : come nasce questo lavoro? cosa esprime e che fatiche hai affrontato per arrivare al risultato?

Il lavoro del 24 novembre nasce proprio dalla  ricerca dell’eccellenza dei movimenti dettati dalla malattia. In particolare devo molto all’insegnante Ana Luisa, mente del lavoro di sabato scorso. In occasione di un workshop, dovevamo percorrere uno spazio in diagonale eseguendo movimenti dettati dal coreografo. Io ero in fase off, e li è successo l’imprevedibile, Ana ha provato a riprodurre i miei movimenti, mostrandomi la bellezza, la forza e la potenza del tremore e della rigidità. Da qui nasce questo lavoro e la necessità di indagare il movimento per quello che è e che genera in chi mi guarda. La difficoltà maggiore è stata di tipo psicologico, mi sono scontrata con alcuni conflitti ancora attivi e che trovano sfogo proprio nella malattia. Da qui è nato più volte  il desiderio di mollare tutto (anche fisicamente), il non sentirsi all’altezza, adeguata, ma sono stata prontamente sostenuta da Andrea il mio partner in queasto lavoro, che a volte anche con durezza mi ha spronata ad andare oltre, l’accontentarsi di fare ciò che ci viene meglio non è interessante dal punto di vista artistico. Due giorni prima del 24 qualcosa in me è cambiato, e da parte passiva che si lasciava manipolare sono passsata a parte attiva, che rispondeva agli stimoli proposti. Il risultato è ciò ne è uscito sabato, ma non è l’arrivo o la fine… 

Nei tuoi gesti quotidiani c’è ricerca di ritmo, di senso?

Ho imparato a danzare la mia vita nella quotidianità, per muovermi in casa o fuori casa. e non mi interessa se gli altri mi guardano strano, ho camminatoper un bel pò all’indietro in centro a Roma in un momento di freezing, sono giunta a destinazione: questo è importante. Ho improvvisato una Nelken Line (celebre coreografia di Pina Baush, in cui una linea di persone ripete, camminando, una sequenza rituale di gesti che rappresentano le stagioni) scendendo la scalinata di piazza di Spagna nonostante il tremore, quale miglior posto per sentirsi belli e normali?

 

Rubrica a cura di Arianna Ulian

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