La storia della Levodopa. Un vero thriller che dura da 110 anni.

La Levodopa (o L-Dopa) è di fatto il principio cardine nel trattamento dei sintomi del Parkinson.  La terminolmogia medica lo definisce “golden standard” o farmaco di prima scelta. 

La storia della L-Dopa è ricca di coincidenze e colpi di scena, incredibilmente per tanti anni è stata una medicina “orfana di patologia”, nel senso che chi l’aveva sintetizzata non sapeva come impiegarla, si era capito che per le sue peculiari caratteristiche poteva essere molto utile ma non si capiva il reale campo di applicazione.

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Le ricerche di Torquato Torquati, un farmacologo di Sassari, sulla Vicia Faba (una fava verde) nel 1913 lo porteranno ad identificare una strana sostanza contenente azoto. In quegli stessi anni il dott. Guggenheim che lavorava per una società farmaceutica svizzera Hoffman-La Roche, all’epoca una piccola azienda da 150 dipendenti, venne a conoscenza dei risultati di Torquati e grazie ai fondi messi a disposizione dall’azienda portò avanti le ricerche arrivando ad identificare la Levodopa vegetale presente nelle fave.

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Fritz Hoffmann

1912. Una coincidenza incredibile

Il lavoro fu agevolato dalla coincidenza che il fondatore della Roche, Fritz Hoffmann, fosse un estimatore culinario della fava stessa e ne mise a disposizione grandi quantità e varietà. Il processo di estrazione ne richiede infatti quantità minima di 10 Kg e la fortuna volle che il sig. Hoffmann era proprietario di una estesa coltivazione proprio ai confini della Roche.

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Il dott. Guggenheim

Estratta la sostanza Guggenheim cominciò a cercare un impiego terapeutico per dare un senso commerciale alla sua ricerca. Tentò prima di impiegarla come antibatterico ma i test condotti su cavie animali non diedero risultati. Condusse altri test, tutti infruttuosi. Disperato nel 1915 inghiottì 2,5 grammi di L-Dopa assoluta, una quantità enorme non tollerabile dal corpo umano, infatti si sentì male dopo pochi minuti colpito da convulsioni e vomito che lo porterà a dichiarare che aveva pensato di morire. La sua goffaggine lo porta anche a provocare un grave incidente di laboratorio a causa del quale perderà completamente la vista. Riprenderà le ricerche nel 1918 coadiuvato dalla sua assistente, la signorina Schramm, la quale gli “presterà” di fatto la vista, leggendo tutto quello che desiderava e scrivendo i risultati sotto dettatura. Nel primo trattato di 376 pagine “Le ammine biogene” la L-Dopa fu citata solo due volte vista la “inutilità” commerciale.

Nel 1920 finalmente si riuscì a sintetizzare industrialmente la Levodopa che fu messa a disposizione dei ricercatori di biochimica. All’epoca si era compresa la relazione tra levodopa ed adrenalina e la formazione della melanina senza però scoprirne il ruolo biologico. Passarono ancora 30 anni e nella quarta edizione del suo trattato che oramai è arrivato a 650 pagine, Guggenheim completamente scoraggiato, definisce la L-Dopa : ”orfana senza alcuna indicazione apparente”.

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Una rarissima foto dei laboratori de La Roche degli  anni ’50

1960. La Benserazide – un altro orfano

Negli anni ’60 la Roche cercava di mettere a punto un farmaco per il controllo dell’ipertensione arteriosa, nell’ambito di tali studi si mise a punto la Benserazide – molecola Ro-4-4602 – uno dei più potenti inibitori della decarbossilasi che, sulla carta, avrebbe dovuto consentire un migliore controllo della pressione sanguigna dell’uomo. I test però purtroppo furono negativi e la Ro-4-4602 venne abbandonata come progetto.

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Il dott. Birkmayer a sinistra ed il dott. Hornykiewicz a destra

1961. La Levodopa trova un impiego

Nel 1961 Walther Birkmayer utilizzò la levodopa per il trattamento di alcuni pazienti parkinsoniani dietro suggerimento dei biochimici Ehringer e Hornykiewicz, che avevano riscontrato un basso contenuto di dopamina nel cervello di pazienti deceduti per la malattia di Parkinson.

Visti gli effetti spettacolari ottenuti, Birkmayer si recò a Basilea per convincere la società Roche a produrre la levodopa su larga scala e ad intraprendere studi clinici più allargati.

La casa farmaceutica Roche aderì alla richiesta nonostante i risultati ottenuti da Birkmayer fossero contestati da vari ambienti scientifici che subivano spinte economiche ed invidie accademiche, le stesse che suggerirono di somministrare ai pazienti, insieme alla levodopa, un po’ di benserazide. La potente inibizione della decarbossilasi esercitata dal farmaco avrebbe dovuto impedire la trasformazione della levodopa in dopamina e quindi annullare ogni effetto clinico. Grande sorpresa quando, dopo qualche tempo, Birkmayer riferisce che non solo la benserazide non ha diminuito l’attività della levodopa, ma che anzi l’ha notevolmente aumentata. 

Dovranno passare altri 6 anni prima che il ricercatore biochimico Giuseppe Bartolini definirà meglio l’interazione della Benserazide nella trasformazione della L-Dopa in dopamina, fu lui infatti a chiarire per primo la caratteristica della Benserazide di non attraversare la barriera ematoencefalica e quindi di poter “accompagnare sana e salva” la L-Dopa fino alla emobarriera.

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Il Dott. Cotzias nel suo laboratorio negli USA

Nel 1970 gli studi condotti negli USA dal dott. Cotzias convinceranno finalmente la Roche a rendere disponibile la L-Dopa sul mercato. In questo video dell’epoca si può vedere uno dei primi pazienti trattati con L-Dopa : 

Tra il 1970 ed il 1973 furono fatti gli studi necessari a determinare il rapporto esatto tra Benserazide e L-Dopa per assemblare un farmaco che includesse entrambi i principi.

1973. Immissione sul mercato di Madopar e Sinemet

Nel luglio del 1973 viene immesso sul mercato il Madopar e pochi mesi dopo il Sinemet. In Italia i farmaci furono autorizzati poco dopo, a febbraio del 1974 il Madopar e ad ottobre dello stesso anno il Sinemet.

Da allora i due farmaci non hanno subito praticamente variazioni se non che nel 1986  vengono immesse sul mercato le versioni a rilascio modificato, il Madopar HBS e Sinemet CR, che dovrebbero garantire un assorbimento più lento e quindi con curve più morbide e minori problemi di Off. In realtà l’esperienza clinica ha evidenziato che i subprocessi di rilascio modificato sono estremamente soggettivi ed anzi a volte causano problemi di “accumuli” che rendono le fasi di On ed Off ancor più difficili da gestire.


Articolo scritto originariamente dalla redazione dell’Associazione WeAreParky ONLUS. Successivamente l’articolo è stato revisionato e verificato dal Dott. Fabrizio Angeloro
Molte delle immagini e delle notizie citate sono state fornite da utenti della comunità internazionale https://healthunlocked.com/cure-parkinsons

 

Il Manifesto del Parkinson si aggiorna

Il Manifesto del Parkinson è un opuscolo che spiega cosa è il Parkinson e come si affronta. Ad oggi è stato divulgato in tre forme:

  1. digitale standard (formato opuscolo A5 PDF)
  2. digitale personalizzabile per regione  (formato PDF + 4 pagine dedicate ad informazioni specifiche relative alla regione: elenco delle Associazioni, dei Centri di cura e riabilitazione, altri servizi convenzionati, calendario eventi  – Prenota subito la tua copia online)
  3. Stampato  in formato A5 spillato (Prenota subito la tua copia online)
  4. Stampato su polionda (formato 70×45 cm per allestimento stand / formazione)  personalizzabile con logo dell’Organizzazione

La prim

 

La stesura fu fatta in occasione della Run 4 Parkinson organizzata a Roma all’interno di Villa Pamphili , di seguito i fogli degli appunti che condividemmo con i neurologi che accolsero con entusiasmo l’iniziativa.

Inizialmente l’impostazione fu data dall’Associazione WeAreParky ONLUS intervistando oltre 400 pazienti ai quali fu chiesto di spiegare la loro malattia 
con le loro parole, in modo concreto ed oggettivo. 

Fu messo a sistema tutto il materiale prodotto con l’aiuto di:

Ne risultò una guida scritta in un linguaggio semplice, facilmente comprensibile ed al tempo stesso corretto dal punto di vista medico/scientifico.

I contenuti digitali sono stati aggiornati con cadenza almeno annuale e sulla base delle segnalazioni ricevute.

In collaborazione con§: Accademia LIMPE/DISMOV,  Fondazione Fresco Parkinson Institute

Hanno collaborato attivamente alla stesura dei contenuti:

  • Prof. Meco, Prof. Stefani, Dott.ssa Pierantozzi
  • Accademia Limpe-Dismov (Dott. Nicola Modugno, Dott.ssa Francesca Morgante, Prof. Cortelli)
  • Richiesto alla Fondazione Don Gnocchi (Dott.ssa Irene Aprile – nuova sezione riabilitazione robotica)
  • Fondazione Fresco Parkinson Institute (Dott. Volpe)
  • Rigenera APS (Dott. C. Gelao, Dott. Fabrizio Angeloro – riabilitazione motoria – Canale “Riabilitazione motoria”)
  • Dott.ssa Fullin (logopedia)
  • Dott.ssa Maria Paola Zampella (biologa nutrizionista_)
  • l’ultimo aggiornamento, in corso, è particolarmente importante perché abbiamo voluto rielaborare la grafica in una versione più moderna ed aggiornare i contenuti per essere adeguati alla necessità del progetto OSPEDALIZZAZIONE Sicura per il quale abbiamo deciso – in accordo con il C.S. – di rinviare la presentazione dell’Abstract che era stato già approvato dal World  Parkinson Congress 2023. 

 

 

 

Hanno offerto un importante contributo non condizionante le aziende riportate nell’ultima pagina:

La cannabis medicale (CBD) può migliorare la qualità della vita dei malati di Parkinson?

Negli ultimi 10 anni c’è stato un notevole aumento di popolarità e consumo della Cannabis, sia per scopi ricreativi che terapeutici. Sempre più ricerche stanno confermando le proprietà terapeutiche della Cannabis e dei suoi composti chimici attivi. Tra questi ultimi troviamo il cannabidiolo, con sigla CBD. Questo cannabinoide ha potenziali applicazioni mediche, tra cui quella per trattare i sintomi legati al morbo di Parkinson.

CANNABIDIOLO (CBD)

Il CBD è uno dei cento cannabinoidi attivi presenti nella Cannabis e rappresenta il 40% dell’estratto vegetale di questa pianta. Uno dei motivi principali per cui il CBD è ora oggetto di ricerca in campo medico è che, a differenza del più popolare THC (la componente “ricreativa”), non è psicoattivo. In parole povere, il CBD non sballa. Si tratta di un aspetto molto importante nelle terapie cliniche, dove si cerca sempre di ridurre al minimo gli effetti collaterali. Secondo numerosi studi, anche a dosaggi elevati, il CBD risulta essere ben tollerato dal nostro organismo e, quindi, sicuro per il consumo umano. Alcune delle proprietà terapeutiche più importanti del CBD sono la riduzione della nausea, dell’ansia, della depressione, il contrasto dello sviluppo delle cellule tumorali e cancerogene ed altre proprietà importanti reperibili nella letteratura scientifica. Purtroppo, la maggior parte di queste prove cliniche provengono dalla sperimentazione su animali, mentre sull’essere umano non sono state ancora condotte ricerche esaustive. Inoltre, il CBD rimane illegale in molte parti del mondo, un ulteriore motivo per cui bisognerebbe approfondire questo campo di ricerca e verificare gli effetti sulla salute umana e sulle patologie potenzialmente trattabili.

CBD E MORBO DI PARKINSON

Secondo diversi studi condotti in Brasile, Israele, Cecoslovacchia, Spagna ed Italia (di seguito indicati) da team indipendenti, il trattamento a base di cannabidiolo può migliorare la qualità della vita dei malati di Parkinson. Alcuni studi condotti su animali confermerebbero inoltre  che i composti della Cannabis hanno la capacità di rallentare la progressione della malattia di Parkinson e di altre malattie neurodegenerative.

SOMMINISTRAZIONE ED ASPETTI LEGALI

In farmacia si possono acquistare farmaci a base cannabiode come il Bedrocan dietro specifiche prescrizioni mediche. Purtroppo questa via è molto costosa, fino a 80 € al giorno in base al dosaggio. Viene perseguita solo in caso di emergenza per stadi terminali  e con esclusiva  finalità sedativa o analgesica (terapia del dolore).
Alcuni pazienti più determinati ricorrono all’importazione tramite la propria Asl. Per accedervi dovranno consegnare alla ASL una “richiesta di importazione per medicinali stupefacenti non registrati in Italia” compilata e firmata dal proprio medico oltre alla fotocopia del “modello di consenso informato” che si consegna firmato al medico al rilascio della prescrizione. Bisognerà quindi anticipare il pagamento per 3 mesi di cura, avviare la burocrazia dell’importazione aspettandone i tempi, ma almeno il prezzo finale per il paziente sarà di 11/14 € al grammo. È evidente la difficoltà oggettiva nel perseguire questa strada.

Molti pazienti esasperati dai costi e dalla burocrazia sono spesso costretti a comprare quello che si trova per strada, normalmente hashish (volgarmente “fumo”) spesso di pessima qualità tagliato con sostanze a volte anche nocive. Ciò oltre ad essere illegale è complesso – si immagini un parky tremorigeno a rollare uno spinello! Inoltre, il materiale illegale è  totalmente impossibile da controllare in termini di titolazione di CBD e THC.

LA SPERIMENTAZIONE PROPOSTA DA WEAREPARKY

Così come abbiamo fatto per la vitamina B1 abbiamo deciso di portare avanti uno studio indipendente che mira a scandagliare una strada alternativa – ovviamente legale – secondo noi perseguibile: l’assunzione di CBD nella forma di estratto anidro alimentare, lavorato da canapa sativa industriale da coltivazioni regolarmente autorizzate (privo di THC) tramite assunzione orale o inalazione/vaporizzazione. Resta inteso che occorre reperire un prodotto derivante da coltivazione biologica e purificato in modo naturale che usi come “trasporto veicolo alimentare” un olio altrettanto biologico. L’estratto anidro dovrà essere inoltre privato del THC. La ditta produttrice dovrà rilasciare titolo di acquisto valido riportante le caratteristiche del prodotto con relativa scheda tecnica e di utilizzo.
Abbiamo identificato una azienda italiana che ha avviato una coltivazione biologica  ed un laboratorio interno dove viene trasformato il raccolto in diversi sottoprodotti che seguono la normativa alimentare.
Al momento di pubblicazione del presente articolo stiamo predisponendo un protocollo di sperimentazione.

Le fasi:

  1. Ricerca informazioni e pubblicazioni ufficiali internazionali
  2. Identificazione ditta fornitrice rispondente ai requisiti di legge
  3. Predisposizione protocollo di sperimentazione
  4. Reperimento fondi necessari alla sperimentazione
  5. Realizzazione sperimentazione con triplice  finalità:
    – accertare il reale beneficio
    – accertare la sostenibilità globale
    – individuare modalità e dosaggi ottimali
  6. Analisi e pubblicazione risultati

L’attività si interruppe dopo pochi mesi perchè la ditta produttrice, vessata da continue variazioni normative, oneri e balzelli vari non aveva più la possibilità di mantenere un prezzo al pubblico sostenibile.

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PUBBLICAZIONI UFFICIALI

Settembre 2004
“Survey on Cannabis use in Parkinson’s disease: Subjective improvement of motor symptoms”

A cura di: Charles University in Prague

Campione: 339 pazienti

Risultato: “An anonymous questionnaire sent to all patients attending the Prague Movement Disorder Centre revealed that 25% of 339 respondents had taken cannabis and 45.9% of these described some form of benefit.”

Luglio 2005
Cannabinoids provide neuroprotection against 6-hydroxydopamine toxicity in vivo and in vitro: relevance to Parkinson’s disease.”

A cura di: Departamento de Bioquímica y Biología Molecular III, Facultad de Medicina, Universidad Complutense, 28040-Madrid, Spain

Risultato: “I nostri risultati supportano la vista di una potenziale azione neuroprotettiva dei cannabinoidi contro in vivo e in vitro della tossicità di 6-idrossidopamina, che potrebbe essere pertinente per PD. I nostri dati indicano che questi effetti neuroprotettivi potrebbero essere dovuti, tra l’altro, alle proprietà antiossidanti di alcuni cannabinoidi di origine vegetale, o esercitata attraverso la capacità di agonisti cannabinoidi per modulare la funzione gliale, o da una combinazione di entrambi i meccanismi.”

Testo completo depositato PUBMED : http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0969996104002827

Novembre 2009
“Cannabidiol for the treatment of psychosis in Parkinson’s disease.”

A cura di: Department of Neuropsychiatry and Medical Psychology, Ribeirão Preto Medical School, University of São Paulo, São Paulo, Brazil. awzuardi@fmrp.usp.br

Campione: 6 pazienti

Risultato: “ These preliminary data suggest that CBD may be effective, safe and well tolerated for the treatment of the psychosis in PD.”

Testo completo depositato SAGE Journals: http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0269881108096519

Dicembre 2009
“
Cannabidiol: a promising drug for neurodegenerative disorders?”

A cura di: Department of Experimental Pharmacology, Faculty of Pharmacy, University of Naples Federico II, Via D. Montesano 49, Naples, Italy. iuvone@unina.it

Risultato: “Tuttavia, tra i composti di Cannabis, il cannabidiolo (CBD), che manca di qualsiasi effetto indesiderato psicotropi, può rappresentare un agente molto promettente con la più alta prospettiva per uso terapeutico.”

Testo completo depositato PUBMED: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1755-5949.2008.00065.x/full

Marzo 2014
“Cannabis (medical marijuana) treatment for motor and non-motor symptoms of Parkinson disease: an open-label observational study.”

A cura di: Department of Neurology, Rabin Medical Center, Beilinson Hospital, Petach Tikva; and Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv, Israel.<<<

Campione: 22 pazienti

Risutato: “There was also significant improvement of sleep and pain scores. No significant adverse effects of the drug were observed. The study suggests that cannabis might have a place in the therapeutic armamentarium of PD. Larger, controlled studies are needed to verify the results.”

Novembre 2014
“Effects of cannabidiol in the treatment of patients with Parkinson’s disease: an exploratory double-blind trial.”

A cura di:
1) Department of Neuroscience and Behavior, Faculty of Medicine of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, Brazil INCT Translational Medicine (CNPq), São Paulo, Brazil Barretos School of Health Sciences – Dr. Paulo Prata, Barretos, Brazil mchagas@fmrp.usp.br mchagas@facisb.edu.br.
2) Department of Neuroscience and Behavior, Faculty of Medicine of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, Brazil INCT Translational Medicine (CNPq), São Paulo, Brazil.
3Department of Neuroscience and Behavior, Faculty of Medicine of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, Brazil.
4) Laboratório Interdisciplinar de Investigação Médica, Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte, Brazil.

Campione: 140 pazienti

Risultato: “Our findings point to a possible effect of CBD in improving quality of life measures in PD patients with no psychiatric comorbidities; however, studies with larger samples and specific objectives are required before definitive conclusions can be drawn.”

Dicembre 2015
“The neuroprotection of cannabidiol against MPP⁺-induced toxicity in PC12 cells involves trkA receptors, upregulation of axonal and synaptic proteins, neuritogenesis, and might be relevant to Parkinson’s disease.”

A cura di:
1) Department of Clinical Analyses, Toxicology and Food Sciences, School of Pharmaceutical Sciences of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, SP, Brazil. Electronic address: neife@fcfrp.usp.br.
2) Department of Clinical Analyses, Toxicology and Food Sciences, School of Pharmaceutical Sciences of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, SP, Brazil.

Risultato: “Our findings suggest that CBD has a neurorestorative potential independent of NGF that might contribute to its neuroprotection against MPP(+), a neurotoxin relevant to Parkinson’s disease.”

Testo completo depositato PUBMED : http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0887233315300047

CONTRIBUTI ACCADEMICI

piomelli

Dr. Daniele Piomelli, Ph.D., Pharm.D.
Urbino (Italy)
Professor Of Anatomy And Neurobiology
University Of California, Irvine
Irvine, CA
Luglio 2016
Researching the Potential Medical Benefits and Risks of Marijuana
https://www.youtube.com/watch?v=3vKgGYS10uQ

Dicembre 2016
“The number one frustration that I have is knowing that there is this untapped potential — that comes from what marijuana is teaching us — to generate new medicines, and being stuck because of financial issues or political issues. That is extremely frustrating.”
http://theantimedia.org/former-cop-cannabis-parkinsons-disease/

Riconosciuto ufficialmente il legame tra malattia di Parkinson e pesticidi

L’esposizione ai pesticidi è ufficialmente riconosciuta come causa dell’insorgenza di malattie neurodegenerative come il Parkinson. È ora di farla finita con l’omertà. Sono anni che ne parliamo e sentiamo dirci che non è confermato, dovrebbe, forse. È così e l’articolo che riportiamo di seguito e apparso su Le Monde, integralmente tradotto per l’Associazione WeAreParky ONLUS da Lucia Roma, ci porta elementi innegabili. Ora vediamo quanto tempo dovremo aspettare affinché le autorità prendano provvedimenti.


È un passo in più verso il riconoscimento delle malattie professionali degli agricoltori. Lunedì 7 maggio, è entrato in vigore un decreto che riconosce la malattia di Parkinson come malattia professionale e stabilisce esplicitamente un legame di causalità tra questa patologia – seconda malattia neurodegenerativa in Francia dopo l’Alzheimer – e l’uso dei pesticidi.

Un passo in più poiché, in questo campo dove ha sempre regnato finora la legge del silenzio, la presa di coscienza sugli effetti dei prodotti fitosanitari sulla salute degli agricoltori comincia appena a emergere. E a portare i suoi frutti. In febbraio, la vittoria di un cerealicoltore della Charente, Paul François, che aveva intentato un processo contro il gigante americano Monsanto, ha costituito una novità in Francia.

La multinazionale è stata giudicata responsabile dell’intossicazione dell’agricoltore a causa dei vapori di un suo erbicida, il Lasso, ritirato dal mercato in Francia nel 2007, mentre la sua pericolosità era nota da più di venti anni.

Qualche giorno dopo, c’erano varie dozzine di operatori a manifestare davanti allo stand dell’Union des industriels de la protection des plantes. Le loro rivendicazioni: la classificazione delle affezioni legate all’uso dei pesticidi nelle malattie professionali e il ritiro dei prodotti pericolosi.

Il 30 Aprile un’altra decisione, quella della Commissione per l’indennizzo delle vittime di reati (Civi) di Epinal, ha portato acqua al mulino: quel giorno lo Stato è stato condannato a risarcire un agricoltore cerealicolo di Meurthe-et-Moselle che soffriva di una sindrome mieloproliferativa.

Riconosciuta per la prima volta come malattia professionale, la patologia è stata quindi associata dalla Civi all’uso di prodotti contenenti soprattutto benzene.

UN DECRETO MOLTO ATTESO

In questo quadro, che tende lentamente a evolvere, il decreto concernente il riconoscimento della malattia di Parkinson era dunque molto atteso, nota Guillaume Petit. L’agricoltore appartiene all’associazione delle Fito-vittime, creata nel marzo 2011 e con la quale Paul François è stato tra i primi a rompere il silenzio e attaccare la Monsanto. Ha aspettato quattro anni prima di vedere la sua patologia riconosciuta come malattia professionale .”Quanti vedono le loro richieste respite? E quanti rinunciano di fronte alle difficoltà?” si interrogavano quando è stata creata l’associazione.

Gli agricoltori vittime dei pesticidi vogliono rompere il silenzio

L’ingresso del Parkinson nel quadro delle malattie professionali in agricoltura faciliterà dunque i passi/le pratiche per gli agricoltori ai quali questa patologia sarà stata diagnosticata meno di un anno dopo l’uso di pesticidi – il testo non precisa quali. “È un riconoscimento ufficiale che è già importante sul piano simbolico – nota Guillaume Petit – ma è anche il mezzo, per l’agricoltore, di essere supportato economicamente in funzione del livello di inabilità a proseguire col proprio lavoro.” .

IN DIECI ANNI SONO STATE RICONOSCIUTE CINQUE MALATTIE LEGATE AI PESTICIDI

Secondo Yves Cosset, medico del lavoro aggiunto alla Mutua degli agricoltori (Msa), fino ad ora in dieci anni sono stati segnalati ai comitati per il riconoscimento delle malattie professionali solo venti casi di malattia di Parkinson, dieci sono stati accettati, dieci rifiutati. Nello stesso periodo, solo quattro o cinque casi di malattie sono stati riconosciuti ufficialmente come causati dai pesticidi.

In totale, sono 4900 le patologie riconosciute ogni anno come malattie professionali presso gli agricoltori. Ma tra loro più del 90% sono disturbi muscolo-scheletrici , il resto dei casi è legato principalmente agli animali e alla polvere di legno o all’amianto, secondo Yves Cosset.

Nel quadro delle malattie professionali in agricoltura, si trova anche, per esempio, la malattia di Lyme – causata dalle zecche – il tetano o le epatiti. Ma anche patologie legate ai prodotti fitosanitari. Dal 1955 viene citato particolarmente l’arsenico, responsabile di una vasta gamma di affezioni-irritazioni, intossicazioni o tipi di cancro. O ancora il benzene, classificato come sicuro cancerogeno, e il pentaclorofenolo (Pcf), proibito nei pesticidi dal 2003.

Ma, ricorda Yves Cosset, “questi scenari evolvono seguendo le conoscenze della scienza. La maggior parte delle patologie legate ai pesticidi appaiono in maniera diversa dieci, venti, anche trenta anni dall’inizio del loro impiego. Nella medicina del lavoro, si è cominciato a parlare di amianto negli anni ’60, ed è stato menzionato solo nel 1998 come prodotto cancerogeno. Non è quindi escluso che altre patologie emergano e siano riconosciute negli anni a venire.“.

Angela Bolis


Articolo originale in francese : http://www.lemonde.fr/planete/article/2012/05/09/le-lien-entre-la-maladie-de-parkinson-et-les-pesticides-officiellement-reconnu_1698543_3244.html

Come affrontare il Parkinson

Nel nostro lavoro quotidiano al primo posto c’è l’ascolto delle persone che ci contattano, persone con Parkinson ed i loro cari, che ci chiedono consigli, pareri, aiuto. La maggior parte si dichiara insoddisfatto delle cure fin qui ricevute. Il problema è che non riusciamo ad identificare quali strumenti potrebbero migliorare lo scenario. Un ostacolo è costituito molto probabilmente dalla mancanza di una alfabetizzazione condivisa tra tutte le varie figure coinvolte nel percorso di cura. L’anno scorso fummo coinvolti nella progettazione del corso per caregiver. Presentammo una  serie di proposte basandoci sulle risposte ai sondaggi che abbiamo erogato prima di ogni webinar, corso o evento.

Il nostro intento è “migliorare la qualità della vita delle Famiglie con Parkinson“, è naturale quindi cercare di individuare dei comportamenti virtuosi che promuoviamo, oppure dei comportamenti deleteri che invitiamo ad evitare. In questa ricerca i due estremi sono diametralmente opposti ossia ci sono alcuni parky che accettano la malattia, si informano su come combatterla, agiscono comportamenti virtuosi, riescono a convivere con Mr P ed addirittura, in alcuni casi, si definiscono e vengono percepiti come persone migliori rispetto al momento della diagnosi. Simpaticamente noi li definiamo SuperParky o Dopamine Hero.

Esattamente sul versante  opposto ci sono parky che a causa NON loro della mancata informazione: rifiutano la malattia, non si informano, agiscono i comportamenti negativi per se stessi e per i loro cari, non riescono a convivere con Mr P peggiorando sensibilmente la qualità della loro vita. Altrettanto simpaticamente questo secondo genere di parkynsoniani noi lo definiamo ParkyPigri.

Tante volte ci siamo chiesti perchè avvengono reazioni tanto diverse ? Cosa possiamo fare per agevolare una reazione resiliente ? Lo abbiamo chiesto agli psicologi, ai neurologi ed ai ricercatori che ci assistono nel nostro lavoro.

Ad oggi lo scenario è molto cambiato per tre motivi:

  1. La ricerca è andata avanti, ottenendo ottimi risultati nell’ambito della comprensione delle cause scatenanti e nella identificazione degli stili di vita da adottare per ridurre il rischio di contrarla. A e “farmaco di prima scelta” che è stato messo in commercio 50 anni fa uò sembrare folle ma per noi il  una risposta utile non l’abbiamo trovata. Con il termine “utile” intendiamo una risposta che possa contenere almeno un’ispirazione per una azione concreta e sostenibile da poter suggerire a chi si trova sul lato oscuro del pianeta Parkinson. Spiegazioni del tipo “dipende dal contesto sociale e familiare in cui ha vissuto il paziente” oppure “dipende dal livello culturale” possono essere informazioni utili per capire il contesto ma di fatto sono elementi che, almeno nel breve periodo, non sono modificabili, ammesso che si voglia e si possano modificare.

pillolamagicaOggi abbiamo capito che, come nella cura del Parkinson non esiste la pillola magica, così nell’affrontare il terremoto emotivo e psicologico causato dal sentirsi dire “tu hai il Parkinson”, non esiste “La risposta” o “La soluzione”. Esiste semmai una terapia strategica sistemica ed un percorso composto da vari passaggi ognuno da affrontare con l’aiuto di alcuni alleati.

 

Il dolore, la rabbia, l’ansia, l’angoscia

insonniaQuando da piccoli abbiamo imparato ad andare in bicicletta siamo sicuramente caduti e ci siamo sbucciati un ginocchio. Non per questo nostra madre o nostro padre ci hanno vietato di andare in bicicletta o ci hanno mandato in giro in bici con le protezioni da football americano ! È normale, la crescita passa anche per la sofferenza.

Concedetevi e concedete di vivere il dolore, la rabbia, l’ansia e l’angoscia. Offriamoci ed offrite un abbraccio silenzioso, asciugatevi ed asciugate le lacrime, offritevi ed offrite un bicchiere d’acqua.

Provare dolore, rabbia, ansia, angoscia è assolutamente normale.

Leggendo gli studi degli anni ’90 (link in inglese di Post Traumatic Grown) di Richard Tedeschi (link studi correlati in italiano) e Lawrence Calhoun  (link studi correlati in italiano) abbiamo scoperto che da allora si parla comunemente di Crescita Post Traumatica e che le emozioni negative che proviamo sono un passaggio temporaneo naturale ed obbligato per tutti noi. Non c’è modo di evitarle e non va neanche cercato un modo per evitarle. Nessuno può decidere di non provare tristezza o inquietudine.

mareintempesta

Possiamo navigare queste emozioni, come ci insegnano gli uomini di mare, possiamo tenere la prua della nostra barca verso le onde, possiamo cercare la Stella Polare per tenere la rotta, ma non possiamo opporci alle onde e dobbiamo anche essere disposti, perdonateci il linguaggio marinaresco, a navigare di bolina cioè ad assecondare il vento e le onde facendo un percorso che non è sicuramente il più breve ma è l’unico efficace. Riconducendo questo concetto al Parkinson e, ad esempio, ai disturbi del sonno spesso associati, “navigare di bolina” significa affrontare il problema in modo diverso.

L’insonnia può essere causata dai crampi alle gambe e questo è un fatto oggettivamente riconducibile al Parkinson in modo diretto (sintomo) o indiretto (effetto collaterale dei farmaci). Ma se l’insonnia è causata da uno stato di agitazione potrebbe essere riconducibile semplicemente alla nostra sana preoccupazione per il futuro, per un cambiamento che dobbiamo obbligatoriamente affrontare. Prendere subito un sonnifero ci farà probabilmente dormire ma non ci consente di crescere, ci fa convincere che solo con un farmaco potremmo risolvere i nostri  problemi, ci fa perdere autostima, potrebbe causarci degli effetti collaterali o delle interazioni con altri farmaci che altererebbero il quadro generale rendendo più difficile la gestione della malattia.

Con questo non vogliamo assolutamente contraddire gli studi di psicoterapia, diciamo solamente di non avere paura delle nostre emozioni, anzi liberiamole, esterniamole, non cerchiamo di contenerle perché sprecheremmo solo energie. Magari già solo riconoscendole ed accettandole proveremo sollievo e maggiore serenità con il rischio di dormire meglio !

Magari non ci riusciremo e ci faremo aiutare a livello farmacologico. Ma se ci riuscissimo? Avremmo la consapevolezza che possiamo farcela, aiutandoci con la relazione, con l’affetto dei nostri cari, con l’aiuto di un counselor, di uno psicologo, tutti alleati sani e privi di controindicazioni chimiche!

Il cambiamento

Ricevere una diagnosi di Parkinson è un terremoto che può far vacillare i palazzi o distruggerli fin dalle fondamenta. Siamo obbligati a rivedere le nostre credenze, le nostre convinzioni. Siamo obbligati a ricostruire dal basso verso l’alto. È il cambiamento. Uno dei percorsi più complessi che possa affrontare un essere umano.

Il nostro cervello elabora le scelte anche sulla base di primordiali istinti di autoconservazione.  Muoversi su terreni conosciuti: mangiare quello che ci ha fatto star bene, bere l’acqua che non ci ha avvelenato, non passare nel territorio di caccia di animali feroci, non toccare il fuoco per non bruciarsi, rientrare prima che faccia buio. In gergo aziendale si definisce “Area di confort”. Tutto ciò è assolutamente sano fino a quando non intervengono cambiamenti dello scenario. Quando questo avviene la sopravvivenza diventa funzione dello spirito di adattamento, della capacità di cambiare, diventa anche uno spunto creativo per trovare nuove soluzioni.

La creatività

La creatività è uno degli strumenti di cui possiamo avvalerci in un percorso di PTG (PTG – Post Traumatic Grown = Crescita Post Traumatica). Ci è piaciuta molto l’analisi della Dott.ssa Marie Forgeard (Traduzione in italiano di un articolo apparso sull’Huffington Post) della facoltà di Psicologia di Harward che citiamo letteralmente:

Siamo obbligati a riconsiderare le cose che abbiamo sempre dato per scontate, siamo costretti a pensare a cose nuove. Gli eventi negativi possono essere così forti da obbligarci a formulare domande a cui altrimenti non saremmo mai arrivati”.

Il “Senso”

È il momento cruciale: l’elaborazione del terremoto. Perché alcuni cominciano subito a togliere le macerie e ricostruire un nuovo palazzo ed altri rimangono inermi seduti sulle macerie?

resilienza520.pngAbbiamo chiesto a tutti i parkinsoniani più virtuosi cosa li ha aiutati nel loro processo di cambiamento. Molti ci hanno risposto : “perché ha più senso”.  Cosa è il “senso”?  È la percezione di una sensazione, è un qualcosa che abbiamo sentito profondamente ma non con le orecchie, piuttosto con la pancia. Approfondendo le nostre interviste le persone ci hanno dato anche risposte più concrete: “per i miei figli”, “per mio marito”, “perché in fondo non sto così male”, “perché il neurologo mi ha detto che con i farmaci potrò gestirlo”, “perché un mio amico ce l’ha da tempo e lo vedo bene”.  Noi pensiamo che il senso venga da una motivazione: gli affetti, le responsabilità, la fiducia, le credenze, l’esperienza.

Ci sentiamo di affermare che se avevamo chiaro il senso della nostra vita prima della diagnosi, allora probabilmente avremo chiaro il senso della nostra vita anche dopo la diagnosi, sapremo accettare la malattia e trovare creativamente dello soluzioni per affrontare il cambiamento. Se invece il senso della nostra vita non ci era completamente chiaro anche prima della diagnosi, allora faticheremo di più perché dovremo trovarlo, dovremmo capire cosa ci motiva ad affrontare i problemi che ci pone dinanzi il destino. Saremo costretti a fare i conti con noi stessi, a consapevolizzare. Per molti affrontare il Parkinson richiede un lavoro di analisi del proprio io,  della propria vita, che magari ci saremmo potuti evitare. Ma forse avremmo vissuto in modo incompleto.

La motivazione

È indispensabile  la motivazione, il vero carburante del cambiamento. Se ci troviamo nella condizione di non trovare il senso di affrontare la vita, il cambiamento, il Parkinson, allora abbiamo bisogno di guardarci intorno e magari di farci aiutare da chi ci vuole bene e/o di cui ci fidiamo e che possono aiutarci ad identificare la motivazione che in questo drammatico momento abbiamo perso.

Dobbiamo identificare degli alleati:

  • i nostri cari
  • il nostro neurologo
  • lo psicologo
  • una associazione

Loro ci aiuteranno a consapevolizzare e ci  offriranno, ognuno per la propria competenza, un mattoncino che insieme agli altri ci permetterà di gettare le basi per ricostruire i muri crollati.

Link di approfondimento in italiano :

 


Articolo scritto da Giulio Maldacea 

 

La bici “terapeutica”

Prendiamo spunto da un post su un gruppo Facebook : molti parky vorrebbero andare in bici ma hanno bisogno di riprendere confidenza senza correre rischi di cadute.

Ovviamente da valutare a seconda delle proprie condizioni, se avete bisogno di consigli contattateci.

Le soluzioni sono molteplici :

1) il quadriciclo o risciò (richiede di essere almeno in due per non faticare troppo) – nella foto il modernissimo Rischok a pedalata assistita
2) il triciclo classico tipo Graziella (è individuale ma a volte non intuitivo nella sterzata e sulle buche) – anche a pedalata assistita
3) il triciclo reclinato (molto stabile e meno faticoso) – anche a pedalata assistita
3) gli stabilizzatori per adulti (ex rotelle dei bambini), da applicare alla vostra bici.

Ora non avete più scuse, fuori !!! da soli, con il vostro caregiver, con altri parky o chi vi pare, basta che uscite di casa e, se possibile, fate attività fisica, meglio se costante, all’aria aperta ed in compagnia !

Diversamente Mobili

Si sta svolgendo in questi giorni l’evento “Milano Sharing City. La città in condivisione” nell’ambito della Collaborative Week.

Link evento : https://www.facebook.com/events/1516146675371542/

Al convegno “IL MOBILITY MANAGER E LA SHARING ECONOMY: BUONE PRATICHE PER LA SMART MOBILITY” è intervenuto con un contributo video che alleghiamo il Dr Nicola Modugno che ha condiviso le esperienze, a volte le disavventure, dei parkinsoniani e dei caregiver nella mobilità urbana. Dove per alcuni l’intermodalità è una possibilità di muoversi per un parky è uno strumento di sopravvivenza.

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La ricerca sulle cellule staminali: grazie alla Associazione Luca Coscioni è più facile distinguere tra la ricerca ed i “ladri di speranza”

Fonte: https://www.associazionelucacoscioni.it/… 

“Le chiamano le “cliniche della speranza” che con l’aiuto delle staminali promettono di sconfiggere dall’epilessia alla calvizie, dal Parkinson allo stress, dalla sclerosi multipla all’impotenza sessuale. Poco importa che i successi di queste cellule, in campo clinico, non siano ancora dimostrati. “Perché intorno a quelle che per ora sono solo ipotesi già prospera un mercato ricchissimo per pazienti disperati” avverte George Daley, presidente dell’International stemcell society, la società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali.”

Approfondisci >>

Effettuato il primo trapianto di cellule staminali per curare il morbo di Parkinson

Fonte >>

 

Un altro importante passo in avanti della ricerca dedicata all’impiego delle cellule staminali nella cura del Parkinson(ismi). E’ una ricerca che, passo dopo passo, va avanti dal 1987, noi lo seguiamo direttamente dal 2018.

L’ultima risposta alle nostre richieste di aggiornamento nel 2022:

“Dear Comitato
Thank you for your mail and your great work for the Parkinson Community. It is true that we are about to initiate clinical trials in Lund. The first patients will be drafted from our local patients but we hope to reach a wider group as soon as possible.

Best
Malin Parmar, PhD”

La cronostoria

  • Cellule staminali : nuovi orizzonti nella cura del Parkinson (2018)
  • Nuove prospettive terapeutiche per la malattia di Parkinson (2021)
  • Approvato in Svezia lo studio clinico di un nuovo trattamento per il morbo di Parkinson basato sulle cellule staminali (2022)
  • STEM-PD. Effettuato il primo trapianto di cellule staminali per curare il morbo di Parkinson (2023)
    Intervista del Dr Alfonso Fasano: World Congress of Neurology (WCN) svoltosi a Montreal, Canada a settembre 2023
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  • Se pensi che ci voglia troppo tempo per ottenere nuove terapie o la tanto attesa Cura ti invitiamo a leggere l’articolo scritto dal nostro prezioso corrispondente spagnolo Fulvio Capitanio: >>Approfondisci