Perché le condizioni della salute delle famiglie con Parkinson sono peggiorate negli ultimi due anni, anche dopo la fine del lockdown ?

All’inizio del 2020 per fronteggiare l’emergenza Covid il Comitato Italiano Associazioni Parkinson ha convogliato tutte le risorse disponibili in un unico progetto di informazione e teleriabilitazione online denominato Wikiparky con i seguenti obiettivi:

  • Offrire continuità terapeutica. Sapevamo che era molto importante, scopriremo poi che l’interruzione improvvisa delle attività riabilitative può comportare un aumento del rischio di decesso (Fonte)
  • Approfondire ed estendere la coorte riferita ai risultati preliminari dello studio A1
  • Offrire assistenza e supporto per il superamento del GAP TECNOLOGICO
  • Informare, divulgare ed agevolare l’avvicinamento delle PwP al mondo della riabilitazione non solo per la gestione dell’emergenza ma anche come “agente del cambiamento”
  • Ottimizzare le risorse e sperimentare nuove soluzioni

Inaugurato il 26 marzo 2020 Wikiparky.tv ha erogato in modo continuativo servizi gratuiti rivolti alle famiglie ed alle associazioni.

L’iniziativa ha avuto un successo inaspettato, nonostante l’abbandono improvviso dei neurologi.

16.000 Partecipazioni
nella Fase 1 26/03/2020 – 22/05/2020
Valutazione dell’utilità del servizio
Survey T1
Distribuzione della frequenza di partecipazione Distribuzione della produzione di contenuti
per le diverse attività

 

Performance web

Nel 2021 elaborando i dati acquisiti nel primo anno abbiamo evidenziato tre temi che necessitavano un approfondimento:

  1. Territorio: Dove vivono le persone con Parkinson ?
  2. Salute: Dopo un anno di lockdown come è la condizione di salute di pazienti e caregiver ?
  3. Pandemia:  Quale è stato l’impatto della pandemia e delle necessarie misure di contenimento ?
Grafico 5  Dove vivono le FwP ?
il 63% risulta vivere  in  centri piccoli e piccolissimi

Grafico 6 Quanti sono gli E.O.P.D. ?
le PwP ad esordio giovanile sono il 25%

NB campione preso in esame (387 questionari) non è rappresentativo dell’intera popolazione nazionale.
Richiede sicuramente un’estensione della coorte.

Risposta 1 > territorio: “Circa i 2/3 delle persone con Parkinson e parkinsonismi vive in centri piccoli e piccolissimi (meno di 5.000 abitanti). Il 75% non è autosufficiente negli spostamenti.

Questi dati ci offrono finalmente risposte a domande significative rispetto a molteplici aspetti della patologia, di cui citiamo solamente a titolo esemplificativo:

  • Caregiver. Il 93% delle PwP è assistito da un “caregiver”
  • Abbiamo identificato un nuovo “fenotipo” di caregiver: il caregiver di prossimità . Rappresentanza non congruente che ha causato, se possibile un peggioramento dello stigMA. Siamo assolutamente consapevoli che le varie ricerche sono state condotte su corti locali come te lo Gia e non standard da approfondire e da valutare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, disegnano uno scenario ben diverso da quello su cui si è basata fino ad oggi la “cabina di regia” del Ministero della Sanità (leggi COMUNICATO). Il 72% delle organizzazioni ha sede in capoluoghi di provincia.  I dati grezzi messi a disposizione della Università dell’Insubria sono stati rielaborati e georeferenziati. Questo ha reso possibile l’individuazione di potenziali  soluzioni concrete ed agibili nel breve e nel medio termine. Vedi documentazione del GdL.

Il 75% delle persone con Parkinson e parkinsonismi non è indipendente per gli spostamenti. Questo dato spiega perchè le famiglie colpite da questa malattia neurodegenerativa lamentano una sensazione di “abbandono” e di inadeguatezza dell’offerta terapeutica e riabilitatiìva  che è stata concentrata nei capoluoghi di provincia. Anche le Associazioni di pazienti si sono dislocate per la maggior parte nei grandi centri lamentando a loro volta una partecipazione esigua da parte dei pazienti.

Questo dato ci spiega anche perchè, ad esempio, le persone con Parkinson siano così legate alla farmacia “di fiducia” ed in genere a compiere scelte legate al territorio. Alla luce di questo scenario,  La telemedicina e la teleriabilitazione diventano uno strumento indispensabile, così come confermato da molti studi:

“… È stato dimostrato che la discontinuità nelle visite e nelle cure genera preoccupazioni e confusione in questa popolazione fragile ed in particolare nella gestione delle terapie della fase avanzata di malattia. È emersa quindi la necessità di fornire informazioni appropriate e complete e di adeguare le modalità di assistenza, in modalità remota. In questa prospettiva, i sistemi di telecomunicazione e la medicina virtuale per la cura della MP e degli altri parkinsonismi dovrebbero essere implementati.”
Position Statement
Matteo Bologna (download)  per Acc. LIMPE-DISMOV 03/2021

In tale ottica il Comitato ha promosso fortemente lo studio : Impatto dell’epidemia di SARS-CoV-2 sulle persone con Malattia di Parkinson in Italia basato su un totale di 387 questionari validi compilati. (articolo  e video del webinar). Lo studio è stato realizzato dall’Università degli Studi dell’Insubria di Varese – da un team condotto dal  Prof. Marco Cosentino, Medico Chirurgo e Professore di Farmacologia Medica in collaborazione con l’Associazione ASPI ONLUS INSUBRIA


Altre ricerche ed analisi di cui siamo venuti a conoscenza in un secondo momento :

Position Statement
Matteo Bologna (download)  per Acc. LIMPE-DISMOV 03/2021
Lettera inviata al Ministero (download)

“Le evidenze a disposizione sottolineano inoltre l’impatto negativo dell’aggravamento delle condizioni di salute dei pazienti con MP o altri parkinsonismi affetti da COVID-19 sulle condizioni di salute generale e mentale dei relativi caregivers.”

“È stato rilevato un tasso di ospedalizzazione e di mortalità superiore nella MP ed in particolare negli altri parkinsonismi rispetto alla popolazione generale”

“Il COVID-19 determina un aggravamento dei sintomi motori e non-motori della MP e degli altri parkinsonismi. Il deterioramento clinico è stato interpretato come conseguenza diretta di meccanismi legati all’infezione o eventualmente come conseguenza dell’alterata farmacocinetica della terapia dopaminergica nel corso del processo infettivo.”

“L’impatto negativo del COVID-19 nella MP e negli altri parkinsonismi ha riguardato tutti i pazienti, indirettamente anche coloro che non hanno contratto l’infezione. A causa della pandemia da COVID19, i servizi clinici regolari per tutti i pazienti con MP e altri parkinsonismi sono stati significativamente ridotti e/o sospesi. È stato dimostrato che la discontinuità nelle visite e nelle cure genera preoccupazioni e confusione in questa popolazione fragile ed in particolare nella gestione delle terapie della fase avanzata di malattia. È emersa quindi la necessità di fornire informazioni appropriate e complete e di adeguare le modalità di assistenza, in modalità remota. In questa prospettiva, i sistemi di telecomunicazione e la medicina virtuale per la cura della MP e degli altri parkinsonismi dovrebbero essere implementati.”

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Rischio di ricovero e morte per COVID-19 nelle persone con malattia di Parkinson o parkinsonismo
Luca Vignatelli, … – Park Link (articolo)


Poster: “L’impatto indiretto di COVID-19 sui risultati clinici principali delle persone affette dal morbo di Parkinson o Parkinsonismi: Uno studio della coorte.”


  • COVID-19 nei pazienti con malattia di Parkinson che vivono in Lombardia, Italia
    A. Fasano – G. Pezzoli | (paper)
    “Conclusioni: in un’ampia coorte non selezionata di pazienti con PD non avanzato, il rischio e la mortalità da COVID-19 non differivano dalla popolazione generale, ma i sintomi sembravano essere più lievi. E’ possibile un ruolo protettivo della integrazione di vitamina D che andrebbe approfondita in studi futuri.

 

Effettuato il primo trapianto di cellule staminali per curare il morbo di Parkinson 02/23

Il 13 febbraio 2023, un trapianto di cellule nervose derivate da cellule staminali è stato somministrato ad una persona affetta da Parkinson presso l’ospedale universitario di Skåne, in Svezia. Il prodotto è stato sviluppato dall’Università di Lund e ora viene testato per la prima volta sui pazienti. Il prodotto del trapianto è generato da cellule staminali embrionali e funziona per sostituire le cellule nervose della dopamina che vengono perse nel cervello parkinsoniano. Questo paziente è stato il primo di otto malati di Parkinson a ricevere il trapianto.

 Si tratta di una pietra miliare importante sulla strada verso una terapia cellulare che può essere utilizzata per curare i pazienti affetti dal morbo di Parkinson. Il trapianto è stato completato come previsto e la corretta posizione dell’impianto cellulare è stata confermata da una risonanza magnetica. Eventuali effetti potenziali del prodotto STEM PD potrebbero richiedere diversi anni. Il paziente è stato dimesso dall’ospedale e le valutazioni saranno condotte secondo il protocollo dello studio “, afferma Gesine Paul-Visse, ricercatrice principale dello studio clinico STEM-PD, consulente neurologo presso l’Ospedale universitario di Skåne e professore a contratto presso l’Università di Lund in Svezia. .

Ci sono circa otto milioni di persone che vivono con la malattia di Parkinson in tutto il mondo; una malattia che comporta la perdita delle cellule nervose della dopamina nelle profondità del cervello, con conseguenti problemi nel controllo del movimento. Il trattamento standard per la malattia di Parkinson prevede farmaci che sostituiscono la dopamina perduta, ma col passare del tempo questi farmaci spesso diventano meno efficaci e causano effetti collaterali. Ad oggi non esistono trattamenti in grado di riparare le strutture danneggiate del cervello o di sostituire le cellule nervose perdute.

Lo studio STEM-PD sta ora testando una nuova terapia sperimentale volta a sostituire le cellule della dopamina perse con cellule sane prodotte da cellule staminali. Il prodotto cellulare utilizzato è stato sottoposto a rigorosi test preclinici per soddisfare gli standard di qualità dell’Agenzia svedese equivalente della nostra AIFA. Dopo essere state trapiantate, si prevede che le cellule maturino in nuove e sane cellule nervose che producono dopamina all’interno del cervello, quindi dopamina “sana”, ENDOGENA, prodotta dal nostro organismo secondo regole “ecologiche”.

“Con questo studio speriamo di dimostrare che il prodotto cellulare funziona come previsto nei pazienti. Nel corso del tempo, ciò creerà l’opportunità di aiutare molte più persone affette da Parkinson in futuro”, afferma Malin Parmar, professore all’Università di Lund. Dirige il team STEM-PD in stretta collaborazione con i colleghi dello Skåne University Hospital, dell’Università di Cambridge, dell’NHS Foundation Trust degli ospedali universitari di Cambridge e dell’Imperial College di Londra.

“Sono necessari ulteriori studi per portare STEM-PD da questa prima sperimentazione umana fino a un trattamento globale, e abbiamo quindi lavorato in stretta collaborazione con l’azienda farmaceutica Novo Nordisk A/S. Il loro contributo allo studio, così come le linee guida operative e normative, sono stati di fondamentale importanza per  avviare questo primo studio sull’uomo  e non vediamo l’ora di future collaborazioni”.

Un totale di otto pazienti provenienti dalla Svezia e dal Regno Unito verranno sottoposti a trapianto presso l’ospedale universitario di Skåne, che ha una lunga tradizione in questo tipo di intervento chirurgico. Infatti, lo strumento chirurgico utilizzato nell’attuale studio è stato sviluppato dall’ospedale universitario per il trapianto di cellule già negli anni ’80. A quel tempo, le cellule staminali non erano disponibili e, invece, i neurochirurghi trapiantavano cellule nervose derivate dal tessuto fetale. 

“La regione del cervello in cui vengono trapiantate le cellule in questo studio può essere stretta fino a quattro millimetri. Lo strumento chirurgico ha un altissimo livello di precisione e le moderne tecniche di imaging ci aiutano molto”, afferma il neurochirurgo Hjálmar Bjartmarz, che ha eseguito l’intervento di trapianto.

Ai pazienti coinvolti nello studio è stato diagnosticato il morbo di Parkinson almeno dieci anni fa e si trovano in uno stadio moderato della malattia. I ricercatori seguiranno da vicino questi pazienti e nei prossimi anni verranno condotte valutazioni della sopravvivenza cellulare e dei potenziali effetti.

Nessun dato o risultato clinico sarà comunicato finché non sarà stata raccolta e analizzata una quantità sufficiente di materiale proveniente dalla sperimentazione clinica, nel rispetto delle norme sulla riservatezza sanitaria.

I crampi notturni alle gambe : esiste una soluzione sana, gratuita e con efficacia immediata.

Molte PwP soffrono di quello che in modo criptico la scienza chiama RLS (Restless Legs Syndrome), ossia sindrome delle gambe senza riposo. Noi le chiamiamo : crampi, fastidio o … tortura !

Il fastidio si manifesta prevalentemente nelle ore notturne o comunque a riposo. Ci impedisce di addormentarci o ci sveglia nel cuore della notte. Non riusciamo  a stare fermi, avvertendo la necessità impellente di muovere le gambe. Questo ovviamente ci impedisce di rilassarci ed addormentarci.

La RLS viene spesso definita un sintomo del Parkinson. Non siamo del tutto convinti di questa classificazione, pensiamo sia almeno correlata ai farmaci o ad una concausa tra Parkinson e farmaci. Facciamo questa affermazione perchè :

  1. Abbiamo spesso notato che eliminando alcuni farmaci il fastidio scompare
  2. Chi non assume levodopa difficilmente ne soffre

D’altra parte abbiamo anche notato che un potenziamento della attività dopaminergica (aumento dei dosaggi della levodopa o adozione di un farmaco dopaminergico) fa spesso scomparire la RLS

Rimanendo in attesa che la scienza ci spieghi questo “fastidio” vogliamo divulgare un semplice espediente che risolve il problema a livello emergenziale. Non è una soluzione strutturata ma può aiutarci a sopravvivere alle notti peggiori. Stiamo parlando della termoterapia, un rimedio che affonda le sue radici nella notte dei tempi, ne parlava anche Ippocrate nei suoi scritti.

La termoterapia è uno strumento terapeutico che  sfrutta il calore a scopi curativi o analgesici. Il calore può essere prodotto da fonti esterne (è per esempio il caso di bagni termali, fanghi, termoforo, sabbiature ecc.).

Scopo della termoterapia è, in linea generale, quello di determinare una vasodilatazione con riattivazione della circolazione sanguigna, accelerazione del metabolismo, degli scambi nutritizi dei vari tessuti e dell’attività ghiandolare. Al calore vengono poi riconosciute anche proprietà analgesiche e ipotensive.

Quindi cosa possiamo fare di notte quando i crampi non ci fanno dormire ?

Possiamo immergere le gambe nell’acqua calda. Proveremo un sollievo istantaneo ed i crampi nella maggior parte dei casi scompariranno. Rimaniamo nella vasca almeno 15 minuti massaggiando le zone più interessate dai crampi.

Se non abbiamo la vasca ma la doccia, recuperiamo uno sgabello di plastica, sediamoci nella doccia con la schiena appoggiata alla parete ed i piedi completamente poggiati a terra. Mettiamo un asciugamano sulle gambe e cominciamo a bagnare con acqua calda sempre massaggiando i muscoli.

Quando torniamo a letto cerchiamo di tenere le gambe al caldo, avvolgendole ad esempio con una coperta.

Esistono anche fasce termiche che possono essere riscaldate nel forno a microonde o alimentate con energia elettrica. Sono molto efficienti e mantengono il calore a lungo ma facciamo attenzione alla temperatura ed alla sicurezza !!!

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La soluzione suggerita è ovviamente un rimedio per gli eventi più fastidiosi ed improvvisi. Se i crampi si verificano continuamente rivolgetevi al vostro neurologo per valutare eventualmente  un adattamento della terapia farmacologica.

Può essere colpa del FERRO

Prima di modificare la terapia o trasformarci in esseri anfibi notturni … può essere utile indagare il livello di ferro nel sangue, un eventuale deficit può essere la causa della RLS. Al momento non disponiamo di dati validati su questi, riteniamo importante nell’ottica dicucire una terapia più possibile sana di indagare la correlazione tra [RLS – deficit del Ferro – PwP gender=donna] suggerendo tre gruppi:

  1. Uomini
  2. Donne
  3. Donne con analisi ematiche condotte nelle fasi mestruali

Approfondimento: Carenza di ferro, un disturbo sempre più femminile?

*** RICHIESTA DI APPROFONDIMENTO #GDL-Censimento-Sondaggi | #laparkinson GDL-Censimento-Sondaggi ***

Anche l’interruzione di alcuni farmaci può causare la RLS

Per completezza di informazioni riportiamo anche che la disintossicazione dagli oppiacei è associabile con la comparsa di sintomi simili alla RLS durante l’astinenza. Come Associazione di pazienti abbiamo spesso sentito parky lamentare di questo fastidio subito dopo l’interruzione di dopaminergici, in questo caso la situazione si risolve autonomamente nel giro di pochi giorni.

 

 

Franco Minutiello rientra al lavoro : una vittoria significativa per tutte le persone affette da malattie croniche

Premessa

“Ci voleva il coraggio di Franco Minutiello per far coalizzare le Associazioni dei malati di Parkinson che ieri – 4 maggio 2017 – hanno unito le forze e hanno valicato le porte dei palazzi della politica per rivendicare i propri diritti.”

 Era il 4 maggio 2017 quando scrivevamo questa notizia sul sito della Associazione Weareparky. Il Comitato ancora non esisteva, anzi stava nascendo, proprio in quei giorni, proprio grazie a Franco Minutiello. Sono passati 6 anni da allora. Il file della sentenza che abbiamo da sempre messo a disposizione di tutti è tra i file più scaricati. Franco ha ottenuto il reintegro ed ora tutte le persone affette da patologie croniche hanno migliori chance di poter far valere i propri diritti e difendere la propria dignità di cittadini e di lavoratori.

La coalizzazione tra le Associazioni che tanto avevamo promosso durò solo pochi mesi dell’estate. Fu sciolta su richiesta di AIP per problemi formali. (Se vuoi approfondire: “La storia del Comitato“)

Articolo completo : https://weareparky.wordpress.com/2017/05/04/i-parky-si-coalizzano/

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La vicenda giudiziaria

La vicenda giudiziaria che ha visto protagonista il sig. Franco Minutiello, affetto da malattia di Parkinson dal novembre del 2014, licenziato in conseguenza della asserita impossibilità per il datore di lavoro di utilizzare proficuamente la sua prestazione lavorativa, proprio per il suo stato di salute ed in connessione con le limitazioni impostagli dalla sua malattia, si è infine conclusa con il rientro in azienda del sig. Minutiello.

Il rientro è stato frutto di un accordo bonario tra le parti, in pendenza di giudizio sull’impugnazione del provvedimento che aveva provvisoriamente sancito l’illegittimità del licenziamento nell’ambito di un procedimento c.d. Fornero.
Tale esito, tuttavia, è stato possibile grazie ad una nuova disponibilità del datore di lavoro a frontedi un parziale riassetto organizzativo intervenuto in azienda, ma soprattutto grazie ad una pronuncia, quella del Tribunale di Ivrea del luglio 2018, emessa a conclusione della fase sommaria del procedimento citato (estensore dott. Buffoni), che ha individuato in modo non equivocabile quali sono i limiti nei quali il licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta possa essere intimato. Tali limiti vengono imposti al datore di lavoro a favore del malato cronico, portatore di disabilità, il quale ha diritto alla maggior tutela riconosciuta dalle norme antidiscriminatorie, in particolare il decreto 216/2003 che ha previsto per la salvaguardia del posto di lavoro delle persone portatrici di handicap oneri per l’impresa volti a rendere comunque possibile l’utilizzazione della loro prestazione lavorativa.

L’onere per l’impresa è quello di trovare “accomodamenti ragionevoli” che rendano possibilela prestazione, accomodamenti che potrebbero anche essere rappresentati da una riorganizzazione delle mansioni tra lavoratori in forza, purché non costituiscano un accorgimento “sproporzionato ed eccessivo”.

Si apre, grazie alle argomentazioni fornite dal Giudice nel caso di specie, la possibilità, per ilavoratori affetti da una malattia cronica quale il morbo di Parkinson, di domandare e vedersi riconoscere il diritto alla assegnazione a mansioni diverse da quelle alle quali la malattia li ha resi inidonei, purché presenti in azienda, compatibili con il loro stato di salute e qualora ciò non comporti una riorganizzazione economicamente troppo onerosa per il datore di lavoro.

Avv. Silvia Ingegneri
(Riferimenti: https://www.wikiparky.tv/it/web-tv/trainer/)

 

L’esposizione al glifosato aumenta il rischio di ammalarsi di Parkinson

“Un recente studio giapponese, condotto presso l’Università di Chiba, ha dimostrato l’esistenza di un legame tra esposizione al glifosato e morbo di Parkinson. Secondo un recente studio, condotto dai ricercatori dell’Università giapponese di Chiba e pubblicato su Science Direct, esisterebbe un legame tra l’esposizione all’erbicida glifosato e la malattia di Parkinson.

I ricercatori hanno scoperto questa importante correlazione dal momento che hanno osservato che l’esposizione al glifosato conduce a una riduzione del trasportatore della dopamina (DAT) e tirosina idrossilasi (TH) nella sostanziale nigra (SNr) del cervello dopo somministrazione ripetuta di 1-metil-4- fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina (MPTP).

I ricercatori hanno commentato: “Questo studio suggerisce che l’esposizione al glifosato potrebbe esacerbare la neurotossicità dopaminergica indotta da MPTP nello striato e nel SNr di topi adulti. È probabile che l’esposizione al glifosato possa essere un fattore di rischio ambientale per il morbo di Parkinson, poiché il glifosato è stato ampiamente utilizzato nel mondo”.

Ad avvalorare questa tesi vi è anche un’altra recente indagine scientifica, condotta dal gruppo di ricerca coordinato da Mariah Caballero e pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.Quest’ultima indagine ha incrociato le mappe sull’uso dei pesticidi del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e i dati delle morti del Dipartimento della Sanità di Washington, osservando che coloro che vivono entro 1 km da un’area irrorata da glifosato hanno circa un terzo in più di probabilità di morire di morbo di Parkinson prima dei 75 anni di età.”


Articolo di Paola Scimenes – Link articolo originale

L’influenza del caldo e del freddo sui sintomi del Parkinson

CALDO-AFA

La termoregolazione nel Parkinson

Abbiamo già accennato in passato alla importanza di conoscere l’influenza del caldo e del freddo sui sintomi del Parkinson. Il consiglio generale è quello di vivere ad una temperatura il più possibile stabile sia in termini di calore che di umidità.

Cosa è la termoregolazione

La termoregolazione è il meccanismo che tende a mantenere costante la temperatura dell’organismo umano.

Perchè i parky soffrono particolarmente gli sbalzi di temperatura ?

Nei giorni di grande caldo estivo o all’arrivo delle giornate invernali l’argomento torna ovviamente in mente anche perchè molti pazienti stanno sperimentando sulla propria pelle quanto possano peggiorare i sintomi.

Il Parkinson come sappiamo è una malattia complessa ed a volte bizzarra. Tra i sintomi meno conosciuti c’è quello legato alla termoregolazione corporea che perde il suo equilibrio e le ghiandole sudoripare possono in alcuni parky causare intense sudorazioni, in altri le ghiandole sebacee della pelle secernono troppo e causano a volte anche dermatiti nelle zone più delicate.

Quindi fondamentalmente il nostro corpo ha maggiore difficoltà ad adottare correttamente quelle contromisure fisiologiche che ci consentono di reagire ai cambi di temperatura. Molti di noi per esempio sudano copiosamente d’estate magari facendo anche solo un lieve sforzo. E’ normale. Rientra nella sintomatologia. Oltretutto il calore, insieme all’umidità ed alle ore di esposizione, influisce sul funzionamento del cervello. Anche in soggetti “sani” il caldo scatena aggressività, manie e disturbi ossessivi. Ma perché il caldo ha questo effetto? Succede perchè il cervello è sensibile all’aumento di temperatura, al tasso di umidità e alle ore di esposizione alla luce. Questi tre fattori sono cruciali perché agiscono come un grilletto, in primo luogo aumentando i disturbi del sonno. Così si apre la strada al peggioramento dei sintomi, sia motori che non motori, al peggioramento dell’umore e quindi alla capacità di gestire la malattia.

Quali sono le condizioni climatiche ottimali per le persone con Parkinson ?

Diversi studi ed esperienze hanno dimostrato che 23° ambientali costanti con una umidità compresa tra il 40 ed il 60% sono i parametri ottimali dell’ambiente in cui dovrebbe vivere una persona affetta da malattia di Parkinson.

Cosa possiamo fare se siamo di Catania o di Bergamo alta ?

Molti di voi ci diranno : “ma io vivo a Catania e d’estate fa molto caldo” oppure “ma io vivo a Bergamo e d’inverno fa molto freddo”.

E’ ovvio, è la vostra città, dove magari siete nati, avete casa, gli affetti, ma il Parkinson non lo sa questo, anzi non gli interessa proprio ! Se volete vivere meglio dovete affrontare il problema, dovete capire se dove vivete è ancora adatto a voi, o se lo è in tutto l’anno. Se non è così e se ne avete la possibilità spostatevi, scegliete un posto adatto a voi, almeno per i mesi più estremi. Pianificate le  vacanze in modo intelligente, d’estate magari in collina o in montagna e d’inverno in luoghi più miti.

Se non potete spostarvi adattate la vostra casa alle vostre esigenze. Tenete presente che sono gli sbalzi di temperatura a volte ad essere più dannosi. Fare una passeggiata di inverno a 10° ed entrare in una casa a 22° è un trauma. Pensate ad un vano di ambientazione, come nelle case di montagna, basta far montare una veranda antistante la porta di casa.

Ottimizzate il vostro impianto di riscaldamento / climatizzazione tenendo presente anche l’umidità dell’aria. Fatevi aiutare dalla tecnologia, oggigiorno preaccendere il riscaldamento o il condizionamento dal vostro cellulare si fa con un accessorio da poche decine di euro.

Spiegare il sintomo

Spiegare ai pazienti ed ai caregiver l’influenza del caldo e del freddo sui sintomi del Parkinson evita l’innesco di ansie e preoccupazioni che vanno a peggiorare l’intero quadro sintomatologico.

Soluzioni pratiche

Considerando che, specialmente nelle ore più calde estive, passeremo più tempo in casa la prima cosa che dovremo fare è monitorare il clima casalingo, per farlo vi suggeriamo di acquistare un termometro da tenere in casa che ci indichi temperatura ed umidità. In questo modo non “subiremo” gli effetti del caldo ma avremo modo di accorgerci e di farci ricordare dallo strumento se stiamo in una casa troppo calda o troppo umida. Può essere una buona idea anche quella di acquistare un orologio da polso che indichi la temperatura o montare una App sul  cellulare che indichi sul display i parametri rilevati o del meteo locale, sarà un modo per ricordarci sempre di monitorare la situazione.

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Le fonti

Quali contromisure dobbiamo assolutamente adottare d’estate ?

  1. Bere, bere, bere : non ci sono scuse, minimo 2 litri di acqua al giorno. Se vi disidratate non solo vi sentirete male ma le terapie farmacologiche avranno minore effetto e come al solito aggraveremo tutto lo scenario. Ricordate anche che la disidratazione può peggiorare le fasi digestive e quindi anche la stipsi.
  2. Alimentazione : preferite pasti leggeri, aumentate le dosi di frutta, parlate con il vostro medico / nutrizionista e valutate eventualmente terapie integrative specialmente a livello di sali.
  3. Programmate la giornata : si esce la mattina presto e  la sera. Nelle ore più calde state in ambienti climatizzati : a casa, visitate un museo, fate una passeggiata in un centro commerciale – occhio allo shopping compulsivo 😉 – o in qualsiasi altro luogo fresco.
  4. Adattate l’abbigliamento : abiti in lino e cotone leggero, traspiranti, colori chiari, copritevi il capo se vi dovete esporre al sole, non rimanete con gli abiti sudati addosso, portate con voi un cambio.
  5. Fate attività rilassanti e rinfrescanti : cogliete lo stimolo per fare attività motoria o ludica rilassante indoor, come yoga o Tai Chi, andate in piscina, per nuotare o fare ginnastica in acqua. Se non ce la fate ad alzarvi presto la mattina per andare a camminare, acquistate un tapi roulant.

Ora fatevi una domanda : cosa siete disposti a fare per stare meglio ?
Come sempre, dipende solo da noi, ora disponete dell’informazione, AGITELA !!!

Per approfondire e comprendere meglio l’influenza del caldo e del freddo sui sintomi del Parkinson

 

I numeri del Parkinson in Italia: arrivano dalle famiglie nuovi dati …

Sono passati oltre 10 anni da quando – in occasione del lancio del Manifesto del Parkinson  scrivevamo:

“I contenuti prodotti ovviamente sono suscettibili di approfondimenti, ma l’elemento che risalta fortemente è la mancanza di informazioni fondamentali: non sappiamo di fatto perché ci si ammala, non sappiamo quanti siamo, non sappiamo dove siamo, non sappiamo come e dove curarci, non sappiamo quali ricerche sono in corso e quali terapie sono già disponibili e su quali puntare.”

Quanti siamo e dove siamo ?

 

 


Martedì 11 luglio 2018, in occasione dell’incontro organizzato dal Comitato Italiano Associazioni Parkinson, ed il Ministero della salute, il Prof. Pezzoli dichiarò che da uno studio basato sui dati di vendita dei farmaci il numero dei malati di Parkinson in Italia potrebbe essere pari a 600.000 casi.

Una stima molto più alta di quella a cui faceva riferimento il Ministero che, fino ad oggi, ha fatto affidamento su studi statistici, probabilmente riferiti ad una pubblicazione LIMPE del 2013, dichiarando 230.000 malati con una prevalenza di 385 casi ogni 100.000 abitanti. Altre neurologi intervistati in occasione di vari convegni parlavano di 300.000 al 2016, quindi con una prevalenza pari a 494 casi ogni 100.000 abitanti.

Perchè ci interessa così tanto questo dato ?

Perchè la “cabina di regia” del Ministero della Salute sta basando le sue strategie e budget probabilmente su dati sbagliati. Se il Ministero si aspetta per l’anno prossimo di dover dare assistenza a 230.000 casi, analizzando la spesa dell’anno precedente per farmaci, diagnosi, ricoveri, riabilitazione, etc., farà una previsione e quindi stanzierà  i fondi necessari per coprire le spese e gli investimenti per potenziare proporzionalmente le strutture. Ma se la “cabina di regia” basa questi calcoli su valori sbagliati il  risultato è che non ci saranno fondi sufficienti per pagare medicine, ausili, diagnosi, ricoveri e le strutture saranno sottodimensionate rispetto alle necessità.

Come sono calcolati i casi ?

I metodi fondamentalmente sono tre :

  • rilevamento delle diagnosi accertate
  • rilevamento porta a porta
  • elaborazione dei dati di vendita / prescrizione dei farmaci

Il primo metodo è in assoluto il più preciso perchè basato sul conteggio dei casi diagnosticati. Viene normalmente utilizzato su ambiti territoriali ridotti ed è spesso basato sulla disponibilità di una rete di centri di diagnosi dotati di sistemi informativi omogenei ed interconnessi. Esempio recente di questo tipo di rilevamento è quello  effettuato nella provincia di Bergamo pubblicato poco tempo fa.

Per capire meglio il secondo metodo abbiamo contattato la Dott.ssa Morgante che poco tempo fa ci aveva parlato di uno studio porta a porta condotto dal padre tanti anni fa in Sicilia e del quale ci ha fornito alcuni dettagli che ci hanno permesso di recuperarlo.

Nel 1992 uno dei maggiori esperti di Parkinson in Italia, il Dott. Letterio Morgante, condusse il primo studio epidemiologico descrittivo in tre comuni siciliani (Terrasini, Riposto e Santa Teresa di Riva) in 2 successive fasi di indagini. Il metodo utilizzato fu in assoluto quello più preciso e costoso, definito porta a porta. “Questo tipo di indagine permette un approccio diretto con tutta la popolazione oggetto di indagine e pertanto un più completo accertamento dei casi, anche di quelli, in fase iniziale, che ancora non sono stati diagnosticati.“. Il dato che risultò fu una prevalenza pari a 257 casi ogni 100.000 abitanti. Come riporta nello stesso studio però questo metodo è molto costoso : “… Questo conferma che gli studi porta a porta consentono di individuare la quasi totalità dei casi presenti in un dato momento sul territorio anche se, d’altra parte, sono molto impegnativi e costosi. Per ovviare a queste difficoltà si è cercato di stimare la frequenza della MP con altre modalità come l’uso delle prescrizioni mediche, in quanto, entro certi limiti, la levodopa può essere considerata un farmaco “tracciante” della malattia.“.

Con il medesimo approccio fu condotto nel 1990 uno studio di prevalenza nella provincia di Roma con una metodologia di rilevamento dei casi basata sull’uso dei farmaci antiparkinson e validata con i dati clinici di uno dei principali centri di cura della malattia presenti sul territorio. Questa metodologia consentì di individuare al mese di novembre 1990 ben 6572 casi pari ad una stima di prevalenza di 173,5 casi per 100.000 abitanti (Menniti-Ippolito e coll., 1995).

La metodologia fu descritta in uno studio pubblicato (Link PubMed) che conclude : “L’uso di una base dati computerizzata di tutti i dati di prescrizione, normalmente raccolti per scopi amministrativi ci ha permesso di ottenere una stima di prevalenza basata su una popolazione molto grande, con costi bassi ed in un tempo relativamente breve.”.

Nel 2011 un altro studio svolto in Israele (Link Researchgate) che aveva raffinato ulteriormente l’algoritmo dicalcolo aveva concluso che : “In conclusione, il nostro algoritmo raffinato per l’accertamento di PD (malattia di Parkinson), basato sui dati di vendita dei farmaci, può essere uno strumento affidabile per studi epidemiologici.”.

Quindi il Prof. Pezzoli ha utilizzato un metodo assolutamente noto e collaudato che, nell’attesa venga ufficializzato, può fornire un valore assolutamente affidabile.

Il Prof. Stocchi a News Sanità : 400.000 persone colpite già nel 2007

Riportiamo letteralmente Da: News Sanità di Weber Shandwich, 06/04/2007

“MEDICINA: Parkinson, 400 mila malati in Italia

Il morbo di Parkinson colpisce circa il 3 per mille della popolazione generale e circa 1% di quella sopra i 65 anni. Si calcola che in Italia ci siano circa 400 mila persone colpite, ma a differenza di quanto si crede comunemente la malattia non è legata all’età avanzata. “Anzi si assiste a uno spostamento della malattia verso un ‘range’ d’età sempre più bassa”, spiega in una nota dell’Associazione italiana parkinsoniani (Aip) Fabrizio Stocchi, direttore del centro Parkinson e disturbi del movimento dell’Irccs San Raffaele di Roma. “Nella metà dei casi – dice – insorge tra i 40 e i 58 anni, nel 25% tra i 20 e i 40 anni e solo nel restante 25% i primi sintomi si manifestano dopo i 60 anni”. Per parlare di questo tema, l’Aip organizza la tavola rotonda ‘Migliorare la qualità della vita dei pazienti con malattia di Parkinson’ in programma l’11 aprile, nella sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma, dalle 10 alle 13. L’iniziativa è promossa in occasione della giornata mondiale dedicata alla malattia e gode del patrocinio del ministero della Salute, delle Politiche della famiglia, della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma e del Segretariato Sociale Rai. Interverranno Gianni Pezzoli, neurologo e presidente Aip; Raffaela Milano, assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma; Fabrizio Stocchi, neurologo; Sandro Gentili, fisiatra; Paolo Stanzione, neurologo; Michela Barichella, nutrizionista; Maria Zampiron, psicologa; Daniela Melchiorri, farmacologo; Paola Virdia, otorinolaringoiatra; Alessandra Ricci, logopedista.”

Fonte originale sito Sigma-Tau : http://www.sigma-tau.it/allegati//pdf/ns_06-04-2007-7.htm
La notizia viene ripresa anche dal Corriere della Sera del 11/02007. >> Link all’articolo

La Weber Shandwich, agenzia incaricata da Sigma-Tau, nel 2013 ha vinto il premio come “Migliore Agenzia Healthcare” del mondo : fonte sito ufficiale

La ricerca del dott. Lanzetti presentata a marzo 2017 : 600.000 persone in Italia hanno il Parkinson.

Il Dott. Lanzetti è docente di Statistica presso l’Università del Sacro Cuore di Milano. Tra il 2014 ed i l2016 ha effettuato una approfondita ricerca su dati presenti in un database Europeo denominato S.H.E.R. contenente il risultato di una vasta e dettagliata ricerca sullo stato di saluti degli europei e che riporta quanto segue :

  • “La malattia di Parkinson, nella popolazione europea di 50 e più anni, ha una diffusione stimata attorno all’1%, con marcate differenze per età: 0,30% (da 50 a 64 anni); 0,98% (da 65 a 74); 2.03% (da 75 a 79); 2,90% ( da 80 anni in su)”;
  • comorbilità : “(ipertensione: +10,9 punti in percentuale; diabete: +9,2; ipercolesterolemia: +8,3; malattie polmonari: +5,2; ulcera: +4,2; cancro: +2,1)”

Approfondimenti :

Articolo originariamente pubblicato su weareparky.org


Aggiornamento del 05/05/2020 : Secondo Parkinson Italia siamo 250.000 !!!

Ci è stata segnalata la seguente locandina a cura di AAPP (AIP Piemontese) dove si parla di “200.000 malati in tutta Italia”.

Aggiornamento del 05/09/2019 : Continuiamo a dare i numeri : Secondo Parkinson Piemonte siamo 200.000 !!!

Ci è stata segnalata la seguente locandina a cura di AAPP (AIP Piemontese) dove si parla di “200.000 malati in tutta Italia”.

Premettendo la nostra massima stima per gli amici di AAPP, associazione molto attività e con tanta esperienza – sito web http://www.parkinsonpiemonte.it – ai quali abbiamo inviato una mail chiedendo lumi, pensiamo che sia fondamentale portare avanti una campagna per ottenere informazioni e dati certi. Sicuramente nel caso della locandina si tratterà di una svista  anche perchè lo stesso Prof. Pezzoli a maggio 2019 in un comunicato stampa indicò 430.000 potenziali pazienti (fonte).

Come è possibile sedersi a dei tavoli di lavoro e parlare di “paziente al centro”, di “LEA” o “PDTA” (leggi nostro articolo di approfondimento : “Linee guida, PDTA e LEA. Cosa sono e a che punto siamo.“) se non sappiamo neanche quanti pazienti dobbiamo seguire, con quali esigenze reali, a che stato di avanzamento della patologia, quali terapie stanno seguendo e con quali risultati, da chi sono seguiti e mille altre informazioni indispensabili per qualsiasi pianificazione.

Aggiornamento del 18/09/2023 :

Da una rielaborazione dei dati grezzi messi a disposizione dell’Università di Novara è risultato uno scenario che spiega finalmente perchè il morbo di Parkinson nella nostra nazione  è da sempre una delle malattie più sconosciute e con un impatto drammatico che si estende sull’intero nucleo familiare.

Linee guida, PDTA, LEA. Sono passati 23 anni dall’inizio dei lavori.

Prima pubblicazione: 29 marzo 2019

Le linee guida – cosa sono ?

“Raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di esperti, con lo scopo di aiutare i medici e i pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche”. (Istituto di medicina statunitense)

PDTA – cosa sono ?

I PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) sono documenti redatti a livello regionale/ azienda sanitaria che contestualizzano le Linee Guida rispetto all’organizzazione tenendo conto delle risorse disponibili e garantendo i Livelli Essenziali di Assistenza.
I PDTA includono non solo l’intero percorso del paziente, dal suo primo contatto con il Sistema Sanitario Nazionale al trattamento terapeutico dopo la diagnosi, ma anche l’iter organizzativo, ovvero le fasi e le procedure di presa in carico totale dell’assistito, includendo tutti gli interventi multiprofessionali e multidisciplinari che ne conseguono.

LEA – cosa sono ?

I LEA sono un set di indicatori che consente sia di individuare per le singole realtà regionali quelle aree di criticità in cui si ritiene compromessa un’adeguata erogazione dei livelli essenziali di assistenza, sia di evidenziare i punti di forza della stessa erogazione.



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Aggiornamento del 30 ottobre 2021

Grazie alla efficientissima Rete delle Associazioni, di cui facciamo parte, siamo venuti a conoscenza della pubblicazione da parte di AIFA della nuova edizione dell’ Atlante disuguaglianze sociali uso farmaci (pagine 61 – 66).pdf, di cui rendiamo disponibile per il download l’estratto della parte dedicata al Parkinson. Dal testo e dai dati si percepisce ancora la mancanza di informazioni, la genericità delle affermazioni ed il vasto uso di un condizionale cautelativo dovuto alla scarsezza di letteratura spesso contradditoria. La cosa che ci fa ancor più preoccupare è il capoverso relativo alle cure che sembra scritto negli anni ’90. Rimandiamo ad una revisione approfondita e condivisa del testo.


 


Il presente documento è stato realizzato dal Comitato Italiano Associazioni Parkinson grazie anche al contributo di : Francesca Saporiti (APM Lombardia), Anna Maria Veronesi (Unione Parkinsoniani Perugia), Alberta Tallarini (Associazione Pisa Parkinson). Contenuto approvato da Accademia Limpe Dismov e Fondazione LIMPE per il Parkinson ONLUS.


L’intervento di DBS : la stimolazione profonda del cervello

La chirurgia per il Parkinson

60 anni fa, negli anni cinquanta del secolo scorso, veniva inventato il primo pacemaker. Quarant’anni dopo, applicando la tecnologia dei pacemaker ai disturbi neurologici, veniva sviluppata in Francia la tecnologia di stimolazione cerebrale profonda DBS (Deep Brain Stimulation), ossia la stimolazione elettrica pulsata continua mediante elettrodi inseriti nel cervello. Da allora, sono stati chiariti i diversi e molteplici vantaggi della DBS una tecnica che viene adattata e personalizzata al singolo paziente. Oggi, la tecnica chirurgica è notevolmente migliorata e in tutto il mondo più di 75.000 pazienti hanno scelto di ricorrere a questa terapia.

La DBS non cura la malattia né la rallenta ma permette però, nella maggioranza dei casi, una qualità di vita migliore. Se la terapia viene interrotta, i sintomi ricompaiono.

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Quali tipologie di intervento DBS esistono ?

Le diverse opzioni sono :

  • Neurostimolatore monolaterale o bilaterale. Normalmente si impiantano due neurostimolatori, uno per ogni emisfero celebrale, in casi particolari si impianta un unico stimolatore o due ma in momenti diversi.
  • Batteria ad esaurimento o ricaricabile. La batteria ad esaurimento ha una durata indicativa di 5 anni, al termine va sostituita con un piccolo intervento chirurgico. La batteria ricaricabile si ricarica quotidianamente con una fascia che si appoggia sulla pelle. In ogni caso la carica della batteria è monitorabile dal terminale wireless.
  • In anestesia locale (fase 1) e generale (fase 2)
  • In anestesia DEX (agonisti α2 dexmedetomidina). E’ una sedazione particolare che permette di tenere il paziente addormentato per buona parte dell’operazione e di risvegliarlo nel momento ci sia bisogno della sua collaborazione.

L’intervento più comune è con neurostimolatori bilaterali, batteria ricaricabile in anestesia mista locale/generale. Di questo tipo approfondiremo la conoscenza di seguito.

Come si svolge l’intervento chirurgico? Qual è la sua durata?

L’intervento chirurgico di DBS tipico prevede normalmente due interventi distinti:

dbs

I° intervento. La sera prima dell’intervento chirurgico, verrà chiesto al paziente di interrompere l’asunzione di tutti i farmaci (off farmacologico). In questo modo, è possibile osservare già in sala operatoria gli effetti della DBS sui sintomi del paziente e gli eventuali effetti collaterali. Le immagini del cervello ottenute mediante RM e TAC permetteranno al neurochirurgo di individuare l’esatto posizionamento degli elettrodi. Verrà fissato un “casco” alla testa del paziente uno speciale strumento che consente al neurochirurgo di trovare raggiungere in modo preciso la posizione del cervello interessata.  Durante tutto l’intervento la collaborazione del paziente è fondamentale, per segnalare effetti collaterali, disturbi e modificazioni cliniche. Per tutta la durata della procedura il paziente non sente dolore in quanto, la sola zona “sensibile” è il cuoio capelluto, che verrà trattato con un anestesia locale per eliminare qualsiasi sensazione. Il paziente verrà avvertito delle fasi più salienti dell’intervento. L’impianto degli elettrodi si esegue prima da un lato poi dall’altro. Si identifica un punto di entrata in regione frontale dove si pratica un incisione cutanea di pochi cm ed un foro molto piccolo.per l’elettrocatetere, successivamente coperto con un tappo. La durata complessiva della procedura è dalle 4 alle 6 ore. Al termine dei due lati gli elettrodi definitivi vengono collegati a due sottili cavi che fuoriescono dal cranio.

II° intervento. Il secondo intervento viene praticato in anestesia totale e prevede l’inserimento sottocutaneo della batteria,  si esegue una tasca  al di sotto della clavicola o dell’addome di dimensioni adeguate per contenere il neurostimolatore. I cavi che uscivano dal cranio vengono portati fino alla clavicola e collegati allo stimolatore. Alla fine lo stimolatore è palpabile sotto alla clavicola ma non comporta nessun disturbo. La durata di questo intervento è di circa 1 ora.

Dopo la procedura

Una volta trascorso il periodo di recupero post-intervento, il medico programmerà il neurostimolatore per iniziare l’invio degli impulsi elettrici che contribuiscono a controllare i sintomi della malattia. Il medico regolerà la stimolazione in modo non invasivo, la programmazione può richiedere anche alcuni giorni per essere portata a termine. Potrebbero volerci diverse visite per regolare la stimolazione, prima di stabilire le impostazioni migliori. Nel corso del tempo, e col progredire della malattia poi saranno necessarie ulteriori regolazioni.

Vi sono rischi correlati alla procedura chirurgica ?

casco-stereotassico

È stato dimostrato che la terapia DBS ha un favorevole profilo di sicurezza a lungo termine,  in particolare nei pazienti giovani. Come per qualsiasi intervento chirurgico cerebrale, esistono tuttavia alcuni rischi associati alla procedura, in ogni caso molto bassi che possono essere: complicanze chirurgiche 0,6%, infezioni cutanee 0,4%, per fare un confronto, il rischio di gravi complicanze (ad es. infezione articolare) a seguito di intervento di protesi totale d’anca è 5 volte superiore (2%) . Le eventuali
complicanze correlate alla terapia DBS sono spesso lievi e di breve durata, e normalmente si risolvono entro 30–90 giorni dall’intervento.
Anche il rischio di compromissioni permanenti dello stato di salute è basso (1,0%), prevalentemente dovuto a emorragia intracranica . Come qualsiasi altro trattamento, l’esito può essere letale, ma anche in questo caso il rischio è basso (0,4%), vale a dire lo stesso rischio di morte associato, ad esempio, alla protesi totale d’anca (0,41%).

Quali pazienti parkinsoniani possono trarre beneficio dall’intervento chirurgico? Esistono dei criteri di selezione dei soggetti da sottoporre ad intervento?

L’intervento è indicato nei pazienti con la malattia di Parkinson che presentano fluttuazioni motorie e discinesie non più controllabili dal trattamento farmacologico. I soggetti che possono sottoporsi a questa terapia costituiscono circa il 10% della popolazione affetta da Parkinson. Sono soggetti relativamente giovani e sani (limite di età di 70 anni), con severi effetti collaterali dati dalla terapia farmacologica utilizzata per controllare la malattia. Devono comunque avere una risposta positiva alla somministrazione di levodopa anche se di breve durata. Si richiedono funzioni cognitive e mentali integre e imaging neuroradiologico normale. Prima di affrontare l’intervento il paziente viene sottoposto a un attento esame clinico mediante l’impiego della scala divalutazione della malattia di Parkinson: si valuta il paziente in base al suo stato mentale, alle attività della vita quotidiana, alle funzioni motorie, alle complicanze dovute alla terapia, alla progressione e stadio della malattia. Inoltre, viene posto particolare interesse alla valutazione del tremore, della rigidità, dell’acinesia e dei disturbi dell’equilibrio. L’analisi viene effettuata sia durante la terapia farmacologica che dopo la sua sospensione. Sulla base della valutazione e della prevalenza di uno dei sintomi sugli altri, viene scelta la regione cerebrale in cui impiantare l’elettrocatetere. L’ulteriore preparazione pre-impianto consiste nell’effettuazione degli accertamenti finalizzati all’intervento chirurgico: esami del sangue, Rx toracico, ECG, Rx cranio, TAC e RM dell’encefalo.

ll miglioramento dei sintomi del Parkinson è evidente già nei primi giorni dopo l’avvio della stimolazione. Questo consente la riduzione della dose dei farmaci dopaminergici dal 50 all’80%, con una percentuale intorno al 15-20% di pazienti che non necessitano di assumere la terapia.

Motivazioni: cosa spinge un parky ad affrontare l’intervento di stimolazione celebrale profonda.

La DBS si affronta per vari motivi, vedere la differenza in un malato di parkinson prima e dopo l’intervento può aiutare molto a prendere la decisione, ma credo che la motivazione principale sia la disperazione, o almeno così è stato per me. Si arriva a un punto dove ci si rende conto che non si vive più…si sopravvive. È la voglia di vivere e la paura di dover dipendere dagli altri che porta alla decisione. Anche se la DBS è diventato quasi un intervento  di routine, è comunque un percorso molto impegnativo, lungo e faticoso. L’intervento alla fine diventa la cosa meno impegnativa, ma è il percorso per arrivarci la cosa più faticosa. È importante essere informati bene per sapere cosa si va ad affrontare. Sembra che siano maggiormente le donne a sottoporsi alla DBS , spesso perché devono ancora occuparsi dei figli, mandare avanti una casa o forse, come alcuni dicono, più coraggiose, più “programmate” al dolore fisico.

lucillabossi

Vorrei riportare alcuni passaggio del libro scritto da Lucilla Bossi ex ballerina della scala, che si è sottoposta alla DBS nel 1998.

“A liberarmi da una vita che incominciava a rasentare la follia, venne, del tutto non programmata, la dbs (Deep Brain Stimulation), cioé stimolazione celebrale profonda profonda che in Italia, nel 1998 era una tecnologia avanzatissima applicata a pochissimi centri e alla quale, tuttavia, nessun paziente pensava seriamente di sottoporsi.”

“Sarei stata operata il 16 giugno del 1998Feci il mio ingresso in sala operatoria alle 7 del mattino dopo aver pianto tutte le mie lacrime e aver scritto le mie ultime volontà… la mia bella sicurezza si era dileguata e ogni cosa in me si ribellava. L’idea che mi avrebbero fatto due buchi nel cranio armeggiandoci dentro per ore mi sembrava una violenza intollerabile. Poi la mia parte razionale prese il sopravvento e mi predispose a collaborare al massimo.”“La donna che emerse dalla sala operatoria della Klinik in Park quel 16 giugno 1998 non era più quella profondamente segnata da dodici anni di Parkinson, ma non era neanche quella di prima della malattia,era, insomma, una terza versione di me . Che mi piacque subito.In pochissimi giorni le mie condizioni cambiarono in una maniera così radicale che io stessa non riuscivo a capacitarmi: ogni volta che riuscivo a compiere con agilità e scioltezza il più banale dei gesti quotidiani come lavarmi, vestirmi, cercare qualche cosa nella borsetta, tornavo a riempirmi di meraviglia. Certo non  era la guarigione, ma… le assomigliava parecchio.”” Il vissuto quei primissimi giorni può riassumersi in due parole : normalità e relax. Dopo aver vissuto per anni in uno stato di tensione continua, il mio corpo poteva di nuovo rilassarsi come é normale in una persona sana. Facevo fatica ad assimilare il cambiamento enorme accorsomi in quei giorni, ma, poco a poco cominciai a prendere coscienza. La mia felicità era assoluta.”da “Ogni giorno vale una vita” di Lucilla Bossied. Mondadori


Articolo a cura di : Francesca Cavalli
Supervisione : Giulio Maldacea (Presidente dell’Associazione WeAreParky ONLUS)