Si chiama “Inbrija®” ed è un nuovo farmaco per gestire gli Off. E’ già disponibile in farmacia …

Il Comitato Italiano Associazioni Parkinson non promuove l’uso di questo farmaco né di altri prodotti o servizi. Il nostro fine è che tutte le famiglie con Parkinson e parkinsonismi siano messi in grado di compiere scelte consapevoli e che venga garantito il diritto alle cure ed alle informazioni in modo equo in tutte le regioni della nostra nazione. 


Il farmaco è già disponibile presso le farmacie italiane da luglio 2023 in fascia C (a totale carico del paziente – € 505,00). Leggi articol0: La classificazione dei farmaci.

Viene definito come un “nuovo” prodotto, nella realtà è basato sempre sulla molecola della levodopa in  polvere. La novità è nella modalità di assunzione che avviene per inalazione.

Dal bugiardino:
“I pazienti devono essere in trattamento stabile con levodopa/inibitori della dopa-decarbossilasi (ad es. carbidopa o benserazide) prima di iniziare il trattamento con Inbrija.

I pazienti selezionati per il trattamento con Inbrija devono essere in grado di riconoscere l’inizio della manifestazione dei sintomi “OFF” e di preparare l’inalatore, oppure avere una persona responsabile della loro assistenza in grado di preparare l’inalatore quando necessario.

 

Fonti scientifiche – Studi pubblicati>>

I crampi notturni alle gambe : esiste una soluzione sana, gratuita e con efficacia immediata.

Molte PwP soffrono di quello che in modo criptico la scienza chiama RLS (Restless Legs Syndrome), ossia sindrome delle gambe senza riposo. Noi le chiamiamo : crampi, fastidio o … tortura !

Il fastidio si manifesta prevalentemente nelle ore notturne o comunque a riposo. Ci impedisce di addormentarci o ci sveglia nel cuore della notte. Non riusciamo  a stare fermi, avvertendo la necessità impellente di muovere le gambe. Questo ovviamente ci impedisce di rilassarci ed addormentarci.

La RLS viene spesso definita un sintomo del Parkinson. Non siamo del tutto convinti di questa classificazione, pensiamo sia almeno correlata ai farmaci o ad una concausa tra Parkinson e farmaci. Facciamo questa affermazione perchè :

  1. Abbiamo spesso notato che eliminando alcuni farmaci il fastidio scompare
  2. Chi non assume levodopa difficilmente ne soffre

D’altra parte abbiamo anche notato che un potenziamento della attività dopaminergica (aumento dei dosaggi della levodopa o adozione di un farmaco dopaminergico) fa spesso scomparire la RLS

Rimanendo in attesa che la scienza ci spieghi questo “fastidio” vogliamo divulgare un semplice espediente che risolve il problema a livello emergenziale. Non è una soluzione strutturata ma può aiutarci a sopravvivere alle notti peggiori. Stiamo parlando della termoterapia, un rimedio che affonda le sue radici nella notte dei tempi, ne parlava anche Ippocrate nei suoi scritti.

La termoterapia è uno strumento terapeutico che  sfrutta il calore a scopi curativi o analgesici. Il calore può essere prodotto da fonti esterne (è per esempio il caso di bagni termali, fanghi, termoforo, sabbiature ecc.).

Scopo della termoterapia è, in linea generale, quello di determinare una vasodilatazione con riattivazione della circolazione sanguigna, accelerazione del metabolismo, degli scambi nutritizi dei vari tessuti e dell’attività ghiandolare. Al calore vengono poi riconosciute anche proprietà analgesiche e ipotensive.

Quindi cosa possiamo fare di notte quando i crampi non ci fanno dormire ?

Possiamo immergere le gambe nell’acqua calda. Proveremo un sollievo istantaneo ed i crampi nella maggior parte dei casi scompariranno. Rimaniamo nella vasca almeno 15 minuti massaggiando le zone più interessate dai crampi.

Se non abbiamo la vasca ma la doccia, recuperiamo uno sgabello di plastica, sediamoci nella doccia con la schiena appoggiata alla parete ed i piedi completamente poggiati a terra. Mettiamo un asciugamano sulle gambe e cominciamo a bagnare con acqua calda sempre massaggiando i muscoli.

Quando torniamo a letto cerchiamo di tenere le gambe al caldo, avvolgendole ad esempio con una coperta.

Esistono anche fasce termiche che possono essere riscaldate nel forno a microonde o alimentate con energia elettrica. Sono molto efficienti e mantengono il calore a lungo ma facciamo attenzione alla temperatura ed alla sicurezza !!!

pic_heatfit_pad

La soluzione suggerita è ovviamente un rimedio per gli eventi più fastidiosi ed improvvisi. Se i crampi si verificano continuamente rivolgetevi al vostro neurologo per valutare eventualmente  un adattamento della terapia farmacologica.

Può essere colpa del FERRO

Prima di modificare la terapia o trasformarci in esseri anfibi notturni … può essere utile indagare il livello di ferro nel sangue, un eventuale deficit può essere la causa della RLS. Al momento non disponiamo di dati validati su questi, riteniamo importante nell’ottica dicucire una terapia più possibile sana di indagare la correlazione tra [RLS – deficit del Ferro – PwP gender=donna] suggerendo tre gruppi:

  1. Uomini
  2. Donne
  3. Donne con analisi ematiche condotte nelle fasi mestruali

Approfondimento: Carenza di ferro, un disturbo sempre più femminile?

*** RICHIESTA DI APPROFONDIMENTO #GDL-Censimento-Sondaggi | #laparkinson GDL-Censimento-Sondaggi ***

Anche l’interruzione di alcuni farmaci può causare la RLS

Per completezza di informazioni riportiamo anche che la disintossicazione dagli oppiacei è associabile con la comparsa di sintomi simili alla RLS durante l’astinenza. Come Associazione di pazienti abbiamo spesso sentito parky lamentare di questo fastidio subito dopo l’interruzione di dopaminergici, in questo caso la situazione si risolve autonomamente nel giro di pochi giorni.

 

 

Importanza del sonno nella malattia di Parkinson

Il 70% delle persone con Parkinson presentano disturbi del sonno. Se si chiede ad una PwP com’è la qualità del suo sonno, molti inizialmente non denunciano alcun disturbo, solo in seguito a domande specifiche (scale di valutazione) dichiarano e riconoscono la cattiva qualità del proprio sonno.

Le possibile cause

  • La terapia farmacologica (E’ tipico il caso in cui viene prescritto un farmaco dopaminergico prima di coricarsi …)
  • Dolore alle articolazioni, rigidità e crampi
  • Sindrome delle gambe senza riposo (Restless Legs Syndrome)
  • Errato setting della camera da letto (temperatura, umidità, etc.)
  • Difficoltà nella respirazione / apnee
  • Materasso o cuscino non adatti
  • Discussioni o altre fonti di stress nella parte finale della giornata
  • Cena “pesante”
  • Fonti di luce lasciate accese nel corso della notte
  • Telefonino lasciato acceso / in ricarica nella stanza da letto
  • Quanto detto vale per tutti quindi sIa per pazienti che per i Caregiver, in tal senso potremmo affermare che
  • la cattiva qualità del sonno è “contagiosa” rispetto al partner.

Perchè è FONDAMENTALE avere una buona qualità del sonno ?

Nella malattia di Parkinson è fondamentale lavorare sull’APPRENDIMENTO MOTORIO, che è un processo che permette attraverso l’esperienza guidata, specifica e ripetuta di riapprendere e migliorare i movimenti. DURANTE IL SONNO, ed in particolare nella fase di sonno profondo denominato REM, avviene il consolidamento di quanto appreso nel corso la giornata.

SONO TANTI GLI STUDI, I CUI RISULTATI SONO EVIDENTI E MOSTRANO COME IL SONNO È UN PERIODO CRUCIALE PER QUELLO CHE NOI APPRENDIAMO, MOLTO PIÙ CRUCIALE DI 7-8 ORE DI VEGLIA, dove vi sono nuovi stimoli, adattamenti ecc.


Per questo motivo è importante cercare di migliorare la qualità del sonno di tutti i pazienti con Malattia di Parkinson.

Approfondimenti:à


E’ finita la mia “luna di miele”

In realtà la mia “luna di  miele” è finita da molto più tempo … rispolvero, edulcoro ed integro questo vecchio articolo (gennaio 2017) che scrissi proprio quando mi resi conto che ero arrivato anche io al fatidico momento. Nella realtà sono passati 5 anni e i farmaci fanno il loro compito, si tratta di affrontare in modo più informato e strategico la nostra patologia. Vi invito a leggere anche gli approfondimenti a fine articolo.

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa per la quale ad oggi non esiste cura, ma esistono comportamenti, stili di vita e farmaci che riescono a tenere sotto controllo i sintomi per molti anni: il cosiddetto periodo della “luna di miele” che dura all’incirca tra i 5 ed i 10 anni. In questo periodo il paziente (cioè IO) in genere ha una buona qualità della vita. Terminata la luna di miele i farmaci possono cominciare a fare meno effetto, si creano dei vuoti di copertura durante i quali i sintomi si manifestano più o meno prepotentemente: in questo caso si parla di “wearing off” o semplicemente di OFF.

Con strategie virtuose (esercizio fisico costante e specifico, nutrizione, integratori, fisioterapia, uno stile di vita ordinato) adottate purtroppo solo negli ultimi 2/3 anni sono riuscito a compensare l’avanzamento della malattia di fatto recuperando gli anni bruciati all’inizio.

Ci sono giornate che i piedi non ne vogliono sapere di muoversi, il tremore mi fa rimbalzare nel letto, i crampi e i dolori muscolari mi piegano, la voce diventa fievole.

Nelle ultime settimane ho una risposta ai farmaci estremamente imprevedibile, con molta probabilità gli alti dosaggi assunti in passato e per lunghi periodi hanno creato una situazione di tossicità a livello dei recettori dopaminergici.

———————————————————————————–

Mi rivolgo a tutti coloro che combattono contro il Parkinson, specialmente i neodiagnosticati. Non voglio che passiate per il mio inferno, per questo nel 2015 ho costituito l’Associazione WeAreParky ONLUS e poi nel 2019 il Comitato Italiano Parkinson. In questi 16 anni di malattia ho fatto delle esperienze, mi sono informato, ho studiato, ho imparato a selezionare le risorse sulla mia pelle. Ho cercato di mettere a sistema la mia esperienza e quella di tanti altri amici parky creando informazione.

Con l’aiuto di persone fantastiche abbiamo condotto ricerche e battaglie. Tutto sempre gratuitamente, non abbiamo mai chiesto neanche una quota associativa. Perché l’informazione per vivere meglio non può avere un costo.
Non aspettatevi che in ospedale vi offrano conoscenza durante la visita tipica di 20/30 minuti, la cosiddetta “sveltina neurologica”.
Pretendete visite che siano approfondite, complete, fatele insieme al vostro neurologo ed al suo staff e non “sub-appaltate” ad apprendisti: se non è possibile cambiate neurologo, cambiate centro.

L’informazione vi salverà e vi permetterà di condurre una vita assolutamente dignitosa.

A me all’inizio nessuno mi aveva detto  che  il rispetto degli orari dei pasti era così importante, nessuno mi aveva detto che con una corretta alimentazione avrei potuto ridurre i dosaggi, che la vitamina B1 in certi casi dà tono, che con due kiwi al giorno, nella grandissima parte dei casi, si risolvono i problemi di stipsi, che l’attività fisica costante è il fattore neuroprotettivo più efficace della levodopa.

NESSUNO MI AVEVA DETTO CHE LA METÀ DEI SINTOMI CHE MI FACEVANO IMPAZZIRE ERANO IN REALTÀ EFFETTI COLLATERALI DELLE MEDICINE STESSE.

Nessuno mi aveva detto che bere in abbondanza durante l’assunzione delle terapie orali accelera l’entrata in funzione dei principi attivi dei farmaci. Io per anni ho pensato che meno bevevo più faceva effetto… TOTALMENTE SBAGLIATO.

Sapere queste cose mi dà consapevolezza e mi aiuta a continuare la battaglia, per un neodiagnosticato significa avere una qualità della vita pressocché paragonabile a quella di una persona sana, almeno per molti anni, significa rimandare anche per molto tempo il peggioramento dei sintomi. Queste cose per un parky giovane (che probabilmente è un neopapà o una neomamma, è un quarantenne nel pieno della sua crescita professionale, è una persona che sta mettendo in piedi una famiglia) fanno molta differenza.

Sceglietevi un neurologo che vi ascolti, che vi risponda al telefono e che studi insieme a voi una strategia, non che vi segna la pillolina e vi manda a casa. Ricordate sempre che nessuna terapia farmacologica è priva di effetti collaterali. Scegliete un neurologo che lavori in team con fisioterapisti, nutrizionisti e psicologi.

Non permettete a nessuno di farvi bollare come depressi. Provate ad inibire la dopamina nello “psicogenio” di turno, vedrete come scoppierà a piangere come un bambino senza sapere perché.
È il deficit di dopamina che ci scatena quelle sensazioni così dozzinalmente definibili come depressione. Sfido chiunque a sentirsi sbattere in faccia una diagnosi di malattia neurodegenerativa e non sentirsi triste e magari anche depresso. Anche perchè quando riceviamo la diagnosi partiamo svantaggiati perchè il danno neurologico si è già verificato

È facile bollarci come depressi e prescriverci un’altra pasticchetta: lo scenario dei sintomi si complica e non ci capiamo più niente. Né noi né il neurologo.
La depressione è un sintomo tipico del Parkinson, ma abbiamo visto troppo spesso usarla per incolpare un paziente poco collaborativo. Abbiamo una malattia neurodegenerativa, la vita ci è cambiata sotto il naso e non l’abbiamo certo deciso noi, potremmo essere un poco tristi e arrabiati ?

Allontanate da voi le situazioni e le persone negative, circondatevi di positività. Semplificatevi la vita, non cercate a tutti i costi di continuare a fare quello che facevate prima, lo scenario è cambiato, accettatelo. Piuttosto fate quello che prima non vi siete concessi di fare: hobby, viaggi, passioni. Curano più queste cose che le medicine.

Datevi da fare subito per farvi riconoscere l’invalidità e approfittate delle, a dir vero poche, facilitazioni offerte dalla legge.

Leggete e condividete, fate circolare l’informazione, fate rete, pretendete risposte, pretendete servizi efficaci.

Denunciate i disservizi, i venditori di fumo, le ingiustizie legislative, il menefreghismo dilagante negli uffici pubblici, il pregiudizio delle persone.

Giulio Maldacea

Approfondimenti importanti:
– L’influenza del caldo e del freddo sui sintomi del Parkinson
– L’efficacia dei farmaci per il Parkinson
– Beviamo … responsabilmente ! Cosa e come dovrebbe bere una persona con Parkinson

Omocisteina e Parkinson: perchè è importante monitorarla periodicamente

CHE COS’È L’OMOCISTEINA?

L’omocisteina è una sostanza chimica, che viene prodotta dal corpo. normalmente viene trasformata in una sostanza innocua ed utile all’organismo. Tutti abbiamo omocisteina nel sangue, ma il problema sorge quando non viene metabolizzata nel modo adeguato e si accumula all’interno dell’organismo creando il fenomeno dell’iperomocisteinemia. L’incremento dei livelli di omocisteina plasmatica provoca danni alle cellule che formano il “rivestimento” arterioso ed è associata ad arterosclerosi e malattie vascolari trombotiche.

COME SI MISURA IL LIVELLO DI OMOCISTEINA?

Testare l’omocisteina è molto semplice: è sufficiente far inserire dal tuo medico la richiesta nel prelievo di sangue che fai di routine. I valori di riferimento in genere sono:

  • un valore inferiore a 13 micromoli per litro è considerato normale
  • un valore tra 13 e 60 micromoli per litro è considerato moderatamente elevato
  • un valore maggiore di 60 fino a 100 micromoli per litro è considerato gravemente elevato.
Accedi all’area riservata e scarica il Panel di analisi del sangue specifico per MdP 

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO CHE PORTANO AD AVERE ALTE CONCENTRAZIONI DI OMOCISTEINA

Sono molteplici:

  • Deficit di vitamine del gruppo B
  • Carenza di folati
  • Alimentazione scorretta
  • Patologie a carico dei reni
  • Psoriasi
  • Basso livello di ormoni tiroidei
  • Celiachia
  • Depressione
  • Sedentarietà
  • Alcuni tipi di farmaci (tra cui alcuni anti-parkinson) che inibiscono l’assorbimento dei folati e delle vitamine del gruppo B e inducono un incremento di omocisteina nel sangue.
  • Eredità genetica dovuta alla mutazione del gene MTHFR

COME SI PUO’ INTERVENIRE IN CASO DI VALORI OLTRE I PARAMETRI ?

L’integrazione con vitamina B12 e folati con i seguenti dosaggi:

  • un mg di ac. folico
  • 500 mcg di vitamina B12

In uno studio condotto dal team del Prof. Pezzoli riduceva in modo significativo i livelli di omocisteina.

Approfondisci>>

La cannabis terapeutica: domande e risposte

Le risposte alle vostre domande

  • Per quali sintomi può essere utile la cannabis ?
    Sintomi: tremore, qualità del sonno, dolore, rigidità.
    Effetti collaterali dei medicinali: discinesia, movimenti involontari.
  • Cosa cambia tra terapeutica e non ?
    In base alla legge attualmente in vigore la cannabis sativa NON PUO’ ESSERE COLTIVATA A LIVELLO DOMESTICO. Per cannabis terapeutica si intende quella prodotta, distribuita e consumata nel rispetto della legge attualmente vigente. In questo momento l’unica entità autorizzata alla produzione è il Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di FIRENZE
  • La cannabis terapeutica agisce solo sui sintomi ?
    No, agisce anche sugli effetti collaterali (vedi sopra) e inoltre agisce anche come: Analgesico, antinfiammatorio, miorilassante, antispastico, potenzia l’effetto della levodopa (*), neuroprotettivo, migliora la qualità del sonno, consente il ripristino della peristalsi (*) migliorando quindi la qualità della digestione(*), migliora “vescica neurologica”.
  • “L’ho provata con eccellenti risultati nella gestione specialmente del tremore, del dolore e del sonno. Poi non sono più riuscito a trovarla (Toscana).”
    Alla data odierna (01 dicembre 2021) lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di FIRENZE produce circa il 10% della quantità richiesta dal mercato. Unica alternativa è l’acquisto all’estero, in particolare in Olanda, di prodotti come il Bedrocan (link) che purtroppo ha costi e tempi di consegna improponibili.
  • E’ vero che può rallentare il processo degenerativo ?
    No, si dispone di evidenze scientifiche che dimostrano di rallentare il processo di invecchiamento cellulare (*)

Punti chiave

  1. Equilibra le funzioni cellulari
  2. Non ci sono evidenze cliniche ad oggi di decessi causati dell’assunzione di cannabis
  3. Così come per ogni persona con Parkinson si evidenzia una specificità eziologica e sintomatica, da cui deriva una terapia definita e somministrata ad hoc, così l’assunzione di cannabis terapeutica non può essere assolutamente gestita come automedicazione. Quindi l’eventuale integrazione di cannabis terapeutica nel set up farmacologico (non si sono dimostrate a oggi eventuali interazioni) deve essere preceduta da una analisi specifica di ogni caso a cura di un medico esperto che definirà: titolazione CBD/THC, carrier, dosaggio e frequenza di assunzione.
  4. Non dà dipendenza.

 

I farmaci generici per il Parkinson. Bioequivalenti o equivalenti a livello clinico ?

L’introduzione dei farmaci generici doveva essere una soluzione per ridurre il costo della sanità ed evitare gli sprechi dovuti all’acquisto di farmaci con principi attivi oramai non più protetti da brevetto. Fu introdotto il concetto di “bioequivalenza”. La bioequivalenza viene dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità e deve rientrare in un range di ‘tolleranza’ che va dall’80% al 120%.

I farmaci generici o equivalenti sono pertanto una copia di un medicinale autorizzato per il quale si sia concluso il periodo di protezione brevettuale previsto dalla normativa, ovvero il periodo di tempo in cui il Titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) del medicinale di riferimento può far valere il diritto di proprietà intellettuale sui dati di sicurezza e di efficacia del medicinale, al fine di rientrare nei costi sostenuti per gli studi di Ricerca e Sviluppo, necessari per la messa a punto del medicinale innovativo.

A tal fine l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) aggiorna costantemente la Lista di Trasparenza che ad oggi è aggiornata a gennaio 2022 ed è scaricabile dal seguente link: https://www.aifa.gov.it/…

Giustamente quindi il farmaco originale ‘si paga’ mentre il generico no, a meno che non ci siano più tipi di generici: in quest’ultimo caso il SSN rimborsa solo quello di prezzo inferiore ed è necessario pagare la differenza.

Altroconsumo ha predisposto un servizio online utilissimo per cercare il farmaco al costo più basso ricercandolo per principio attivo : http://www.altroconsumo.it/salute/farmaci/calcola-risparmia/banca-dati-farmaci

Fino a qui sembrerebbe tutto perfetto. Peccato che questa attuazione della spending review si sia trasformata nell’ennesima vessazione a danno delle categorie più deboli ossia i malati.

Farmaci non sostituibili perché di fatto non equivalenti

Il Requip@ ad esempio è un farmaco difficile da trovare per motivi che abbiamo discusso ampiamente, oltre a ciò, essendo un principio scaduto, esiste un generico – il Ropinerolo EG ad esempio – che però molti pazienti hanno provato riscontrando gravi intolleranze dovute, sembra, a differenze negli eccipienti. Parliamo di pazienti che prendono il farmaco anche da 15 anni, spesso anziani il cui organismo è assuefatto al farmaco e per i quali anche psicologicamente non è facile da sostituire visto che è l’unica cosa che li fa stare meglio. Ovviamente il SSN non sente ragioni, il Requip 2mg 28cpr costa 11,70€, il generico più economico costa 9,50€, il Cittadino paga € 2,20 di differenza oltre al ticket di € 4,00 (se non ha esenzione, Lazio o Lombardia ad esempio), totale a margine € 6,20 a confezione. Che volete che sia? Spiccioli per chi prende 15.000€ di stipendio mensile, una follia se confrontato ai 369,26 € di pensione sociale percepita da tanti parkinsoniani anziani che ci chiamano ogni giorno per chiedere aiuto.

Per conoscere i ticket nelle varie regioni: https://www.federfarma.it/Ticket-Regionali.aspx

Farmaci non sostituibili perché di fatto non disponibili

In questa categoria è rientrato ad esempio il Mirapexin®, quando nel 2016, esisteva sulla carta un generico, il Pramipexolo Pensa, peccato che non sia mai stato reperibile! Ovviamente nessuno si era preoccupato di verificare questa cosa ed i pazienti dall’oggi al domani si ritrovarono a pagare una differenza fino a € 12,70 (3,15mg 30cpr) significa € 200,00 all’anno!

Ezechiele
Un meme della nostra campagna 2016 per la disponibilità dei farmaci per il Parkinson.

A tutto questo si aggiungano le ultime “invenzioni” burocratiche, tipo quelle per lo Xadago® per il quale è previsto in alcune regioni il Piano Terapeutico. Quindi secondo perverse procedure noi dovremmo :

  1. andare a fare la visita dal neurologo il quale ce lo prescrive e ci rilascia il Piano Terapeutico. N.B. : molti di noi il neurologo non ce l’hanno dietro l’angolo, specialmente al Sud spesso si è costretti ad attraversare l’Italia
  2. Con il Piano terapeutico andiamo dal nostro medico di famiglia che ci fa la ricetta telematica.
  3. Poi andiamo alla ASL alla quale è demandata la più totale libertà creativa: se vi va bene vi autorizzano il piano terapeutico e se ne fanno una fotocopia.
  4. A questo punto il paziente può andare in farmacia dove con estrema probabilità non è disponibile e va ordinato, dovrà quindi tornare il pomeriggio o il giorno dopo.

Tutto questo nella situazione più semplice che viviate nella regione dove siete residenti e che abbiate il neurologo sempre nella stessa regione. Altrimenti scoprirete sulla vostra pelle che, ad esempio, in Sicilia le ASL accettano piani terapeutici redatti esclusivamente da medici operanti in strutture siciliane. Oppure potreste scoprire che nel Lazio alcune ASL accettano piani terapeutici rilasciati esclusivamente da medici operanti in strutture pubbliche al 100% – non convenzionate !

Ora immaginate tutto questo percorso di guerra fatto da un paziente che ha un Parkinson avanzato e magari ha difficoltà motorie, deve essere accompagnato da un caregiver che probabilmente lavora, quindi dovrà chiedere un permesso, rispettare degli orari. Considerate che ogni tappa di questo videogame ha degli imprevisti: il funzionario ASL in permesso, un timbro dimenticato, una data sbagliata, una firma illeggibile, un’impiegata appena trasferita che nessuno si è preoccupato di formare, uno sciopero, il paziente che si “spazienta”.

Webinar “Parkinson e cannabis terapeutica”

Milioni di persone in tutto il mondo sono affette dalla malattia di Parkinson. La mancanza di cure efficaci nel tempo e l’insorgenza di effetti collaterali spesso gravi, spingono sempre più pazienti alla ricerca di trattamenti alternativi. Tra questi c’è sicuramente la Cannabis Terapeutica.

Ma la Cannabis è davvero efficace nella malattia di Parkinson? E’ legale ? E’ rimborsabile ? I medici di famiglia possono prescriverla ?

Per dare risposta a queste domande ed alle altre potete porre voi direttamente è stato organizzato un webinar gratuito che si è tenuto in due incontri: il 17 novembre ed il 1* dicembre. Relatore del webinar: Dr Lorenzo Calvi, anestetista, rianimatore, esperto di terapia del dolore.

Per accedere ai materiali pre e post webinar:

Lo potrete fare autonomamente dal portale (solo utenti registrati al portale e regolarmente iscritti al webinar) dal seguente link.

Se avete bisogno di assistenza:

Tutte le mattine dalle ore 9:00 alle ore 12:30 È disponibile il nostro servizio di assistenza tecnica che risponde al numero verde 800 18 86 18 (se chiamate da linea fissa), da cellulare chiamare lo 0323 1860165. Oppure potete scrivere a supporto@wikiparky.tv . E’ disponibile anche la pagina di assistenza tecnica dove potete trovare utili consigli e tutorial per varie problematiche tra cui l’istallazione ex novo di zoom,  l’aggiornamento della versione o il collegamento di prova (24h – 7 giorni su 7) per verificare il corretto funzionamento.

 

 

LPT : un nuovo approccio alla tradizionale terapia farmacologica anti-Parkinson

Di Giulio Maldacea (08 set 2020)

Da oltre 50 anni la terapia farmacologia basata sulla Levodopa offre evidenti ed indiscutibili benefici nella gestione dei sintomi della malattia di Parkinson. D’altra parte è noto come la stessa terapia comporti effetti collaterali che diventano sempre più evidenti con il passare del tempo (si parla di periodo della “luna di miele“). In particolare alcuni studi evidenziano che già dopo pochi anni di trattamento con Levodopa possono manifestarsi situazioni di “wearing off” (comunemente “OFF”) e/o discinesie (movimenti involontari).

Nel 2005 il Prof. Stocchi aveva già pubblicato uno studio (Studio Prof. Stocchi 2005) che analizzava proprio le aree di miglioramento della terapia basata su Levodopa suggerendo la necessità di adottare strategie di ottimizzazione e lo studio di formulazioni che garantissero un “copertura” più omogenea nell’arco della giornata.

Purtroppo mettere in pratica queste indicazioni risulta essere molto complicato, specialmente quando abbiamo la possibilità di interloquire con il nostro neurologo per un tempo molto breve effettua la vita quotidiana. Questo concetto è ben espresso nella seguente immagine a cura di una paziente esperta svedese (Sarah Riggare):

Nel 2008 mi fu diagnosticato il Parkinson ad esordio post-operatorio (delatentizzato). Scoprirò anni dopo che sono nato con una doppia mutazione genetica (GBA II). Ci vollero 5 anni per individuare la giusta strategia terapeutica ai quali ne vanno aggiunti altri due per trovare grazie ad un post su Facebook i contatti di una struttura dove un team multidisciplinare mi diede modo di raccontare una storia clinica particolarmente complessa. (Video “7 anni persi…” – Articoli e ricerche – ProgettiCampagne).

Nel grafico sottostante tratto proprio dallo studio del Prof. Stocchi si evidenzia l’aumento di biodisponibilità della levodopa a livello ematico grazie all’adozione di entacapone o di principi DDCI (inibitori della decarbossilasi, ad esempio la Carbidopa presente nella formulazione del Sinemet® o del Sirio® oppure la Benserezide presente nel Madopar®).

Uno studio nuovo ?

In questi giorni diverse testate online hanno rilanciato la notizia relativa ad uno studio retrospettivo pubblicato che ha come oggetto proprio l’ottimizzazione del dosaggio nei diversi orari della giornata al fine di limitare e ritardare l’insorgenza degli effetti collaterali.  Lo studio ha evidenziato come effettivamente nelle persone con Parkinson, una terapia con levodopa meno pulsatile (LPT = Levodopa Pulsatile Teraphy), ossia con dosi più frequenti risulta associata una minore insorgenza di discinesie.

«La levodopa rappresenta il trattamento standard per il PD da oltre 40 anni; tuttavia, causa purtroppo discinesia» premettono gli autori, Mark M. Lin e Robert Laureno, della Georgetown University School of Medicine di Washington (USA).

«Per i pazienti affetti da Parkinson in terapia con levodopa, l’incidenza di discinesia dopo 4-5 anni di esposizione è risultata dal 33% al 45%. La stimolazione pulsatile si effettua perché la levodopa ha un’emivita breve ed il farmaco viene in genere somministrato solo 2-4 volte al giorno».

«I dati farmacocinetici suggeriscono che il raggiungimento di un livello costante di levodopa nell’uomo richiederebbe che la levodopa venisse somministrata a intervalli di 2,5-3,0 ore» affermano Lin e Laureno. «Ad oggi, non sono stati però effettuati studi prospettici o serie di casi di pazienti trattati in questo modo».

Pertanto, dichiarano gli autori, «abbiamo prescritto dosi frequenti di levodopa (ogni 3 ore) con l’obiettivo di valutare se questa strategia potesse ridurre lo sviluppo della discinesia indotta da levodopa.

Conclusione

In totale sono stati osservati 95 pazienti nell’arco di 16 anni (da agosto 2002 ad agosto 2018). Lo studio suggerisce con forza che “… il clinico può essere in grado di ridurre l’insorgenza di discinesia nei pazienti con Parkinson sia in fase iniziale che avanzata utilizzando dosi frequenti di levodopa», scrivono i ricercatori i quali, al tempo stesso, esprimono la necessità di uno studio di migliore qualità (multicentrico, randomizzato e su una coorte più ampia) per approfondire la tematica.

————————————

Riferimenti :

 

L’efficacia dei farmaci per il Parkinson

L’efficacia dei farmaci per il Parkinson che consentono alle persone affette dalla patologia di contenere i sintomi hanno spesso effetti incostanti.

Oggi come oggi per la maggior parte delle persone affette da Parkinson i farmaci sono indispensabili per avere una qualità di vita accettabile. Purtroppo l’effetto della terapia farmacologica, specialmente se assunta per via orale, può essere fluttuante; e queste fluttuazioni, note infatti come “fluttuazioni motorie” spesso dipendono da un inadeguato “timing” di assunzione della levodopa che, se non ben distribuita durante il giorno, comporta delle brusche oscillazioni tra un momento in cui il “stiamo bene” e momenti in cui ci “blocchiamo”.

Tuttavia l’effetto può comunque essere a volte maggiore, a volte minore, a volte nullo, a volte interrotto  temporaneamente, altre volte fa il suo lavoro ottimamente per anni.

PERCHE’ ?

E’ una delle domande più frequenti che ci viene posta ? “Perchè oggi la terapia non fà ?”.

C’è da ricordare che ogni persona con Parkynson ha una sua tipicità, una sua terapia, una sua risposta ai farmaci. Proviamo però a dare delle risposte potenzialmente valide per tutti noi.

Facendo un parallelismo con la criminologia diciamo che per ogni crimine c’è almeno un colpevole, proviamo ad identificare gli “indiziati” più comuni su cui possiamo agire direttamente :

  • NOI STESSI. Faccia un passo avanti chi non ha almeno una volta ritardato o saltato un dosaggio !!!
    Senza scomodare Freud e Jung per capire il perchè diciamoci la verità : A Noi quella pillola non ci sta proprio simpatica ! Perchè non è solo una pillola. E’ una diagnosi, è un piano terapeutico, è una ricetta, è una fila in farmacia, è un’ansia perchè ora dobbiamo pure prenotarla e ripassare il giorno dopo, è una sveglia sul cellulare che ti ricorda 2-3-4 e più volte al giorno che hai il Parkinson, è interrompere quello che stai facendo, è la faccia del nostro caregiver quando sente la sveglia e ci controlla (giustamente) che la prendiamo, è sentirsi un deficiente quando la prepari e resta lì nel bicchiere. Ma questo possiamo capirlo e consapevolizzarlo solo noi.
    Le medicine vanno prese con regolarità per i seguenti motivi :

    1. perchè il nostro organismo ha dei tempi chimici ben definiti a cui si “abitua”, certo è anche una macchina plastica, nel senso che si adatta, ma sottraendo risorse ed energie. Vi segnaliamo l’App “MyTherapy” che abbiamo testato con successo direttamente (disponibile per iPhone ed Android)
    2. perchè la loro efficacia (specialmente per quelli a base di Levodopa) è legata ai processi digestivi e quindi il nostro medico ha definito degli orari di assunzione compatibili con gli orari dei pasti (indicativamente un’ora prima o almeno due ore dopo)
    3. perchè se occorre aggiustare la terapia dobbiamo fornire delle indicazioni chiare al nostro caregiver / medico, se ogni giorno cambiamo orario lo scenario risulterà confusionario e non intelleggibile.
  • COME LA PRENDIAMO. Le terapie assunte per via orale vengono assorbite dall’apparato digerente quindi  dobbiamo metterlo in grado di lavorare al meglio. Tre consigli ampiamente testati :
    • assumere la terapia almeno mezz’ora, meglio un’ora prima dei pasti
    • bere abbondantemente dopo aver ingoiato la/le pastiglie (tre bicchieri)
    • assumere pastiglie bevendo una qualsiasi bevanda alcolica ne annulla l’effetto nel migliore dei casi, può creare gravi problemi in altri, EVITARE ALCOOL !
  • IL REGIME ALIMENTARE. Il nostro apparato gastrico è come un’auto : se lo alimentiamo con carburante sbagliato o di scarsa qualità non lavorerà al meglio e le nostre medicine o non arriveranno al cervello, non faranno effetto o lo faranno in modo irregolare, quindi facciamoci aiutare da uno specialista della nutrizione sapendo che le indicazioni generali sono le seguenti :
    • meglio pasti leggeri e frequenti
    • ridurre il più possibile le proteine a pranzo
    • ridurre assunzione di latticini ed alcolici (per terapie che prevedono Levodopa)
    • preferire alimenti che consentano un rapido svuotamento gastrico e prevengano la stipsi (frutta e verdura, cereali integrati)
    • monitorare il peso corporeo specialmente nel caso di movimenti involontari
    • nel caso di stati avanzati della malattia agevolare la deglutizione preferendo magari cibi vegetali o preparati ad hoc (passati o ridotti)
    • valutare con lo specialista eventuali integratori di sali minerali e vitamine
  • LO STRESS. Emotivo e fisico, può incidere molto pesantemente non solo sull’assorbimento ma più che altro sul fabbisogno di sostante specifiche che spesso non si possono adeguare tempestivamente. Quindi proteggiamoci modificando lo stile di vita e mettendoci nella condizione meno stressante possibile.
  • INFIAMMAZIONI E STATI FEBBRILI. Massima attenzione specialmente per gli amici parky che sono in terapia Levodopa+Carbidopa, Levodopa+Benserazide o Melevodopa+Carbidopa (Sinemet, Madopar, Sirio). Lo abbiamo già trattato come argomento (Febbre e Parkinson : sorvegliati speciali), riassumendo : gli stati febbrili (anche pochi decimi sopra i 37) possono creare problemi alla levodopa di essere riconosciuta dall’enzima celebrale che la ignora e non la trasforma in dopamina. Risultato : effetto farmarci ridotto o azzerato.
  • CONSERVAZIONE DEI FARMACI. Leggiamo sempre le indicazioni sul bugiardino circa la conservazione dei farmaci, non rispettarle significa rischiare di alterarne lo stato chimico e quindi l’efficacia. Citiamo ad esempio il cerotto Neopro ed il Sirio (Articolo AIFA NEUPRO e articolo SIRIO )

Altri “indiziati” che possiamo indagare con l’aiuto del nostro neurologo possono essere :

  1. FESTIVITA’. I pasti abbondanti, i brindisi, gli orari non rispettatti per partecipare a cenoni e pranzi pasquali magari da parenti lontani, le trasferte e gli sbalzi termici … tutte questo per un non-parkynsoniano è “normale” durante le feste, per noi possono essere causa di problemi, magari non critici ma è importante saperlo per evitare di impressionarci, di far preoccupare chi ci sta vicino e magari limitare “i danni”.

  2. INTERAZIONE CON ALTRI FARMACI. Confrontatevi sempre con il vostro neurologo prima di assumere qualsiasi medicinale esterno alla terapia stabilita. Controllate anche la composizione, spesso contengono ad esempio lattosio che interagisce con l’assorbimento della levodopa.
  3. ANESTESIA. Tipicamente lo scopriamo la prima volta che andiamo dal dentista a toglierci un dente : anestesie anche locali possono interagire temporaneamente con la terapia, confrontiamoci con dentista e neurologo, eventualmente mettiamoli in contatto diretto.
  4. NEURODEGENERAZIONE. La terapia va normalmente adeguata all’avanzamento naturale della malattia, valutiamo però le nostre percezioni su un periodo di almeno una settimana. Se un giorno o due ci sentiamo rallentati non significa nulla a livello sistemico, evitiamo catastrofismo e pessimismo cosmico ! Se effettivamente notiamo che è stabilmente cambiato qualcosa nella nostra efficienza allora confrontiamoci con il nostro neurologo che valuterà se integrare i dosaggi, modificare gli orari o la terapia stessa.
  5. CLIMA. Il clima influenza in modo importante il nostro organismo, in particolare la temperatura e l’umidità hanno effetto sull’apparato digerente. Alcuni studi hanno dimostrato che la temperatura ambientale ottimale per un parky è di 23° mentre il tasso di umidità è consigliabile tra il 40 ed il 50%. Questo non significa che dobbiamo trasferirci in massa a Tenerife ! Dobbiamo evitare di esporci stabilmente ad ambienti estremi, con valori troppo lontano da quelli ottimali .
  6. NATURALE INVECCHIAMENTO. Ebbene sì, anche le persone con Parkinson invecchiano ! Spesso sentiamo dire in modo sconsolato : “Eh, fino a due anni fa le scale le facevo di corsa”. Questo vale per tutti, per quanto a volte ci sentiamo alieni nella realtà apparteniamo alla specie umana anche noi… e gli umani invecchiano !