Tutte le Associazioni Parkinson delle Regioni e Città Italiane

Non era mai stato fatto. Esistevano elenchi di Associazioni ma limitati all’appartenenza a talune confederazioni o gruppi. Noi di WeArePrky crediamo nella condivisione e pensiamo che il nostro parkinson sia uguale a quello di tutti gli altri fratelli e sorelle parky che combattono ogni giorno per avere una qualità di vita migliore. Per questo motivo, con fatica, abbiamo realizzato questo censimento trasversale e nazionale. Il censimento si riferisce alle associazioni costituite in forma no-profit. Inviatiamo a controllare l’elenco e comunicarci tempestivamente aggiornamenti o nuovi inserimenti da fare. L’iscrizione OVVIAMENTE è gratuita e non comporta alcun onere.

RINGRAZIAMO TUTTI I VOLONTARI
CHE SI SONO ADOPERATI PER LA REALIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO.

Link all’archivio aggiornato nazionale della Associazioni Italia_piantina

“UN ELEVATO USO DI LATTICINI AUMENTA DEL 60% LA POSSIBILITA’ DI CONTRARRE IL PARKINSON”.

Il titolo apparso su varie testate tra il 2015 ed il 2016 secondo noi è FALSO ! Una fake news per distogliere l’attenzione da una verità ben peggiore.

Non è una novità, già nel 2008, e sottolineo “2 0 0 8” , uno studio (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2232901/) molto approfondito che ha seguito 130.000 persone per 9 anni aveva dimostrato in modo netto e chiaro la correlazione diretta tra un consumo elevato di latticini e l’insorgenza di varie patologie, tra cui il Parkinson. Faccio presente che ci sono studi precedenti ma prendiamo per buono questo vista l’ampia corte di dati.

A dicembre 2015 è stato pubblicato uno studio condotto a partire dagli anni 80, per -trenta anni – su circa 500 pazienti. Questo studio (http://neurosciencenews.com/signs-of-parkinsons-linked-to-pesticides-found-in-milk-in-early-80s/) ha dimostrato che bastano due bicchieri al giorno di latte contaminato da pesticidi per arrecare danni importanti alle cellule celebrali (si parla del 40% in meno di funzionalità).

Quindi per fare informazione CORRETTA e indipendente dai dettami del consumismo, il messaggio completo è : almeno da un paio di decenni ci stiamo avvelenando sistematicamente alimentandoci con alimenti pericolosi regolarmente venduti nei supermercati. Questo vale per il latte ma in realtà vale per tutti i prodotti legati alle coltivazioni ed ai pascoli che alimentano gli animali di cui poi mangiamo la carne. Ma ovviamente nessuno lo dirà mai apertamente, perchè ammettere una cosa del genere sarebbe come dichiararsi colpevoli di tutte le sofferenze e le morti causate dall’inquinamento. Quindi per comodità del momento si incolpa il latte, ma non è IL LATTE il problema.

A conferma di queste considerazioni è possibile analizzare le statistiche sulle principali cause di morte in Europa (http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Causes_of_death_statistics/it), noterete che gli incidenti stradali e le malattie cardiache grazie alle tecnologie, all’avanzamento della conoscenza ed alla prevenzione sono diminuite e continuano a diminuire, così come migliora, anche se lievemente, il cancro. Solo l’incidenza delle patologie del sistema nervoso è inesorabilmente in aumento costante (studi aggiornati a giugno 2016).

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Questo nonostante i milioni di euro e di dollari raccolti per la ricerca scientifica, ma a cosa serve la ricerca se non dichiariamo e affrontiamo la causa ?

“La diffusione del Parkinson è in costante aumento e l’età di esordio sta scendendo progressivamente perchè i diagnosticati di oggi sono almeno 30 anni che stanno inconsapevolmente assumendo sostanze tossiche e vivendo in un ambiente insano”.

Frutta, verdura, uova, carne, latte, se fossero sani probabilmente non contribuirebbero all’insorgenza del Parkinson o il cancro o altre patologie, o almeno non con questa frequenza. Così come vivere in un ecosistema sano, dove l’aria e l’acqua non sono appestate da prodotti chimici, probabilmente ridurrebbe di molto il rischio di ammalarsi, non a caso il Parkinson in Francia è considerata una patologia professionale per gli operatori agricoli (articolo di approfondimento).

Questa è la mia personale ipotesi come paziente attivo, suffragata da dati e studi ufficiali, sicuramente contestabile, attendo feedback autorevoli. 

Giulio Maldacea – Presidente dell’Associazione WeAreParky ONLUS

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Impiegano troppo tempo i nuovi farmaci per il Parkinson?

Introduzione

Pochi giorni fa la testata Panorama pubblicava un articolo dal titolo “Parkinson: in arrivo nuove cure per bloccare la malattia” basato su una intervista del prof Alberto Albanese. Il buon Moretti insegna “… le parole sono importanti !” e “in arrivo nuove cure per bloccare la malattia” su una persona affetta da una malattia neurodegenerativa – per cui ad oggi non esiste una cura sana – sono parole molto potenti, piene di speranza. “In arrivo” ci riporta all’annuncio dell’altoparlante nella metro, due minuti, cinque, massimo dieci. Scorrendo l’articolo si parla di 1 o 2 anni, accettabile, ma magari ! Mi soffermo poi sul virgolettato di Albanese : “Vi saranno novità da tre differenti linee di ricerca. La prima è quella genetica. Cominceranno le sperimentazioni di virus geneticamente modificati sull’uomo capaci di inserire geni che curano i sintomi e forse bloccano l’evolversi della malattia”. Tradotto significa che nella migliore delle ipotesi siamo in fase preclinica, poi ci saranno le tre fasi dei test clinici, la revisione e l’approvazione delle agenzie per i farmaci per poi immettere il farmaco sul mercato con un periodo di vigilanza. Considerando che parliamo di un virus modificato geneticamente se tutta va bene parliamo di minimo 15 anni, forse, con una ottima percentuale che il farmaco non risponda come previsto e che quindi venga sottoposto a revisioni o completamente abbandonato. Mi ritorna in mente il titolo “… in arrivo nuove cure per bloccare la malattia”.


Le persone con Parkinson, come tutti i pazienti con malattie inguaribili e progressive, vorrebbero che il ritmo di scoperta e di disponibilità dei nuovi farmaci fosse abbastanza veloce in modo da poter arrivare a beneficiarsi del trattamento in vita.

Purtroppo, il numero e la frequenza di sviluppo di nuovi farmaci è sempre considerato insufficiente (non senza ragione) per coloro che vedono la loro salute che si sta deteriorando giorno dopo giorno irrimediabilmente.

Perché ci mettono così tanto i nuovi farmaci ad arrivare ai pazienti? Diamo un’occhiata alle fasi di questo processo per capire un poco meglio il passaggio dall’interesse per un composto o una molecola fino a che non diventa disponibile per il trattamento di una malattia specifica e con una posologia definita.
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Lo sviluppo di farmaci comprende verificarne la sicurezza, l’efficacia, la formulazione e produzione. Normalmente, gli studi di sicurezza iniziano con vari esperimenti chiamati studi preclinici. Quando questi studi confermano che il candidato a farmaco è sicuro, ha inizio la valutazione negli esseri umani in una serie di studi noti come studi clinici.

Gli studi preclinici sono prove che vengono realizzate in un contesto d’uso controllato scientificamente di colture cellulari e modelli animali. Lo scopo di studi preclinici è quello di prevedere come agisce l’organismo sul farmaco in studio (farmacocinetica), come agisce il farmaco in studio sul corpo (farmacodinamica) e se il candidato a farmaco può comportare rischi potenziali per la salute o effetti collaterali tossici.

Per far sì che un nuovo farmaco o una terapia divengano di uso generale, è necessario un rigoroso iter di sperimentazione. Si tratta di esperimenti programmati, che hanno lo scopo di valutare il trattamento più appropriato di pazienti affetti da una determinata condizione.

Tale iter è rappresentato da una serie di passaggi obbligatori: ovvero gli stadi successivi che compongono la sperimentazione clinica e permettono di affrontare e risolvere incognite riguardanti la sicurezza (tossicità, tollerabilità), la posologia (dose e via di somministrazione) e, l’utilità clinica, inclusi i vantaggi rispetto ad eventuali farmaci già in commercio per le stesse indicazioni terapeutiche, del nuovo farmaco.

Si parla di studi clinici di fase I, II e III, definiti studi preregistrativi. Questi vengono utilizzati per richiedere alle autorità competenti la registrazione del nuovo farmaco, ossia l’autorizzazione alla commercializzazione ed alla prescrizione, o l’autorizzazione all’utilizzo per nuove indicazioni terapeutiche se il farmaco è già in commercio.

FASE I. Il primo passo nella sperimentazione di un nuovo farmaco è quello di determinare la sicurezza di singole dosi singole in un piccolo numero di volontari sani. Questa fase aiuta i ricercatori a capire alcuni aspetti su come funziona il farmaco in questione e si stabilisce anche il dosaggio da utilizzare successivamente.

FASE II. Se il trattamento risulta essere sicuro, iniziano studi per determinare l’efficacia del farmaco nel persone con la condizione da trattare. Questi studi possono durare diversi mesi o anni e coinvolgere un numero maggiore di persone. Lo studio potrà essere:

  1. a) controllato: il farmaco viene confrontato con un trattamento standard o placebo;
  2. b) doppio cieco: né i ricercatori né i partecipanti sanno quale trattamento sono ricezione;
  3. c) randomizzato: i partecipanti sono assegnati in modo casuale a ricevere un trattamento attivo o placebo

FASE III. Se un farmaco mostra efficacia, viene condotto uno studio più ampio. Questi studi clinici possono essere condotti in diversi centri (multicentrici) e in diversi Paesi, e possono durare diversi anni. Tali studi consentono ai ricercatori di valutare con maggiore precisione il potenziale del nuovo farmaco in una più ampia gamma di persone e confrontarlo con i trattamenti esistenti.

Autorizzazione EMA (European Medicines Agency). I dati di tutte le fasi precedenti e i risultati degli studi clinici vengono presentati all’autorità di regolamentazione competente. Se le autorità decidono che il nuovo farmaco è efficace, sicuro e incontra gli standard di qualità, viene rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio o di licenza.

Autorizzazione AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Successivamente all’autorizzazione da parte dell’EMA, l’Agenzia Italiana del farmaco opera le sue valutazioni fornendo le indicazioni specifiche per l’utilizzo di quel determinato farmaco.

Enti locali. L’iter di approvazione che porta le terapie alle persone si conclude solo quando anche le singole regioni ed in alcuni casi le singole ASL inseriscono nei loro prontuari il nuovo farmaco. In genere in questa fase viene anche attuato uno specifico piano di farmacovigilanza.

In media, ci vogliono tra i 10 ed i 15 anni per completare diverse fasi della fase di sviluppo di un farmaco. La maggior parte dei farmaci sperimentali non arrivano mai al mercato.

Articolo scritto da Fulvio Capitanio – Unidos contra el Parkinson
https://www.facebook.com/unidoscontraelparkinson

Introduzione di Giulio Maldacea – Vice Presidente Comitato Italiano Associazioni Parkinson

Guida Agevolazioni persone con disabilità 

Grazie alla segnalazione di una caregiver riportiamo di seguto il link per scaricare la guida ufficiale ed aggiornata a gennaio 2017 predisposta dall’Agenzia delle Entrate dedicata alle persone  con disabilità.

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In particolare le agevolazioni sono :

  • detrazioni IRPEF per figli a carico
  • agevolazioni per l’auto : detrazione Irpef,  Iva agevolata al 4%, esenzione dal bollo auto, esenzione dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà
  • detrazione Irpef del 19% della spesa sostenuta per i sussidi tecnici e informatici
  • Iva agevolata al 4% per l’acquisto dei sussidi tecnici e informatici
  • detrazione Irpef delle spese sostenute per la realizzazione degli interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche
  • deduzione dal reddito complessivo dell’intero importo delle spese mediche generiche
  • deduzione dal reddito complessivo degli oneri contributivi
  • detrazione Irpef del 19% delle spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale

Ricordiamo che alcune agevolazione sono sottostanti alla reale disponibilità di soldi dell’organo di competenza territoriale che vi può rispondervi : “Lei ha diritto a questa agevolazione ma non posso erogarla perchè abbiamo esaurito il budget annuale.”


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Scarica gratuitamente la “Guida Agevolazioni persone con disabilità” aggiornata a  gennaio 2017 direttamente dal sito della Agenzia delle Entrate

Sail4Parkinson : una ciurma di parkynsoniani in barca a vela

Anche quest’anno ci si prepara a partire con il progetto Sail 4 Parkinson, una attività ricreativa e terapeutica pensata e voluta dal parkinsonologo Dr. Nicola Modugno per mezzo della Associazione Parkinzone ONLUS con la quale collaboriamo oramai da 3 anni.

Il Progetto

Sailing Parkinson nasce dall’idea di tre amici, appassionati di mare e di Sardegna, che hanno unito le loro competenze professionali e le passioni della loro vita, per proporre questo progetto sperimentale che vuole affiancare alle cure tradizionali e farmacologiche, lo stimolo fisico, emozionale e psicologico che proviene dal contatto col mare, attività particolarmente significative da svolgere in contesto marino ed in particolare la navigazione a vela.

L’obiettivo preposto è quello di offrire questa esperienza ad un gruppo ristretto di pazienti affetti da malattia di Parkinson.

Come noto le terapie farmacologiche, chirurgiche e riabilitative della malattia di Parkinson riescono a migliorare i sintomi motori della malattia e la loro gestione ma sono meno efficaci su tutto il corteo dei sintomi di natura non motoria. Tra i sintomi non motori quelli di natura cognitiva e psicologica riescono in maniera sorprendente ad aggravare i sintomi motori creando difficoltà apparentemente inspiegabili e di difficile soluzione.

I lavori scientifici dell’ultimo decennio e le esperienze cliniche hanno dimostrato che le attività sportive e artistiche praticate in maniera costruttiva e coinvolgente sono in grado di migliorare sensibilmente la gestione di sintomi come per esempio apatia, ansia, depressione, paura nonché le alterazioni posturali e i disturbi della coordinazione motoria che influiscono in misura considerevole sulla qualità della vita dei pazienti.

Crediamo che una seppur breve esperienza di attività in mare, in un contesto spettacolare, possa costituire in primis la vacanza ideale per un paziente parkinsoniano e secondariamente un’esperienza costruttiva ed utile a rinforzare le difese e migliorare lo stato psicofisico di ogni paziente.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=PLVor9zcnHk&w=560&h=315]

Come

Il progetto che ha durata di una settimana prevede l’introduzione e la pratica della vela d’altura su due bellissime barche a vela classiche timonate da Daniela e Giangi.

Nel corso della settimana, attraverso lezioni teoriche e pratiche di difficoltà progressivamente crescente, i partecipanti impareranno i principi di base della vela e della navigazione in mare effettuando operazioni, nodi marinari e manovre veliche sempre più complesse.

Nelle ore libere dalla vela tutti i partecipanti potranno praticare attività sportive possibili, come il nordic walking, sup o snorkeling, sotto l’esperta guida di Giangi e l’aiuto di Daniela e Nicola. Il gioco, il movimento ed il mare saranno la caratteristica prevalente delle ore libere dalla vela.

Preparare la barca, adugliare una cima, girare la manovella di un winch, issare e ammainare vele, cazzare e lascare le scotte, chiudere e aprire nodi, impugnare la pagaia del SUP e le bacchette del nordic walking. Sette giornate intense all’aria aperta sugli scorci di paesaggi mozzafiato che stimoleranno continuativamente i pazienti nella gestualità, manualità, equilibrio e concentrazione, situazioni di necessità e problem solving.

Attività, situazioni e contesti pensati e calibrati per essere vissuti da ciascuno come propedeutici all’attività in barca vela e soprattutto per essere acquisiti come programma personale di allenamento fisico e mentale da far rientrare abitualmente tra le proprie motivazioni e attività quotidiane, per determinare reazioni forti alla limitazione della libertà di movimento che la malattia infligge loro, rendendoli via via consapevoli di potenzialità nuove o sottovalutate, in un percorso che li porterà nel giro di una settimana, a gestire in sufficiente autonomia la vela , il SUP, l’escursione e soprattutto sè stessi.

Con lo spirito dell’equipaggio anche sulla terraferma si vivrà insieme agli operatori in due graziose casette sul mare, vicine ai luoghi dove verranno svolte le attività, coinvolgendo tutti i partecipanti anche nella preparazione dei pasti da realizzarsi con i prodotti dell’orto, delle vicine peschiere ed allevamenti ed ingredienti biologici e rigorosamente locali, rinomati per la loro bontà.

Tagliare, lavare, affettare, sbucciare, girare, impastare ancora come stimolo di manualità e concentrazione consapevole, tutti aiutano per tutti, finalizzato a creare rapporti di condivisione e scambi anche culturali, energia, gioia, benessere dalle piccole cose di ogni giorno.

Tutti i partecipanti verranno sottoposti a valutazioni cliniche all’arrivo, alla partenza e durante i percorsi proposti, verranno raccolte le loro interviste e l’esperienza verrà documentate con strumenti audiovisivi per finalità di studio e ricerca.

Destinatari

Vista la tipologia delle attività che verranno svolte e la forte presenza di casi di Parkinson giovanile al di sotto della fascia di età di 50 anni il progetto pilota verrà aperto a pazienti di età tra i 25 e i 65 anni.

Date, costi e modalità di partecipazione

L’edizione 2017 della Sail 4 Parkinson si svolgerà in Sardegna l’ultima settimana di giugno 25/06 – 01/07. Luoghi di svolgimento : Area Marina Protetta di Sinis, Cabras-Capo Mannu.

Costo di partecipazione : € 1.500,00 | Accompagnatore : € 800,00

slide-sail4p-2017-1Per maggiori informazioni contattare

Daniela Meloni + 39 392.4812458 – Tiziana Giloni +39 329.8451017

mail : dani.melo.or@gmail.com

Scarica la brochure completa : slide-sail4p-2017

La storia della Levodopa. Un vero thriller che dura da 110 anni.

La Levodopa (o L-Dopa) è di fatto il principio cardine nel trattamento dei sintomi del Parkinson.  La terminolmogia medica lo definisce “golden standard” o farmaco di prima scelta. 

La storia della L-Dopa è ricca di coincidenze e colpi di scena, incredibilmente per tanti anni è stata una medicina “orfana di patologia”, nel senso che chi l’aveva sintetizzata non sapeva come impiegarla, si era capito che per le sue peculiari caratteristiche poteva essere molto utile ma non si capiva il reale campo di applicazione.

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Le ricerche di Torquato Torquati, un farmacologo di Sassari, sulla Vicia Faba (una fava verde) nel 1913 lo porteranno ad identificare una strana sostanza contenente azoto. In quegli stessi anni il dott. Guggenheim che lavorava per una società farmaceutica svizzera Hoffman-La Roche, all’epoca una piccola azienda da 150 dipendenti, venne a conoscenza dei risultati di Torquati e grazie ai fondi messi a disposizione dall’azienda portò avanti le ricerche arrivando ad identificare la Levodopa vegetale presente nelle fave.

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Fritz Hoffmann

1912. Una coincidenza incredibile

Il lavoro fu agevolato dalla coincidenza che il fondatore della Roche, Fritz Hoffmann, fosse un estimatore culinario della fava stessa e ne mise a disposizione grandi quantità e varietà. Il processo di estrazione ne richiede infatti quantità minima di 10 Kg e la fortuna volle che il sig. Hoffmann era proprietario di una estesa coltivazione proprio ai confini della Roche.

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Il dott. Guggenheim

Estratta la sostanza Guggenheim cominciò a cercare un impiego terapeutico per dare un senso commerciale alla sua ricerca. Tentò prima di impiegarla come antibatterico ma i test condotti su cavie animali non diedero risultati. Condusse altri test, tutti infruttuosi. Disperato nel 1915 inghiottì 2,5 grammi di L-Dopa assoluta, una quantità enorme non tollerabile dal corpo umano, infatti si sentì male dopo pochi minuti colpito da convulsioni e vomito che lo porterà a dichiarare che aveva pensato di morire. La sua goffaggine lo porta anche a provocare un grave incidente di laboratorio a causa del quale perderà completamente la vista. Riprenderà le ricerche nel 1918 coadiuvato dalla sua assistente, la signorina Schramm, la quale gli “presterà” di fatto la vista, leggendo tutto quello che desiderava e scrivendo i risultati sotto dettatura. Nel primo trattato di 376 pagine “Le ammine biogene” la L-Dopa fu citata solo due volte vista la “inutilità” commerciale.

Nel 1920 finalmente si riuscì a sintetizzare industrialmente la Levodopa che fu messa a disposizione dei ricercatori di biochimica. All’epoca si era compresa la relazione tra levodopa ed adrenalina e la formazione della melanina senza però scoprirne il ruolo biologico. Passarono ancora 30 anni e nella quarta edizione del suo trattato che oramai è arrivato a 650 pagine, Guggenheim completamente scoraggiato, definisce la L-Dopa : ”orfana senza alcuna indicazione apparente”.

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Una rarissima foto dei laboratori de La Roche degli  anni ’50

1960. La Benserazide – un altro orfano

Negli anni ’60 la Roche cercava di mettere a punto un farmaco per il controllo dell’ipertensione arteriosa, nell’ambito di tali studi si mise a punto la Benserazide – molecola Ro-4-4602 – uno dei più potenti inibitori della decarbossilasi che, sulla carta, avrebbe dovuto consentire un migliore controllo della pressione sanguigna dell’uomo. I test però purtroppo furono negativi e la Ro-4-4602 venne abbandonata come progetto.

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Il dott. Birkmayer a sinistra ed il dott. Hornykiewicz a destra

1961. La Levodopa trova un impiego

Nel 1961 Walther Birkmayer utilizzò la levodopa per il trattamento di alcuni pazienti parkinsoniani dietro suggerimento dei biochimici Ehringer e Hornykiewicz, che avevano riscontrato un basso contenuto di dopamina nel cervello di pazienti deceduti per la malattia di Parkinson.

Visti gli effetti spettacolari ottenuti, Birkmayer si recò a Basilea per convincere la società Roche a produrre la levodopa su larga scala e ad intraprendere studi clinici più allargati.

La casa farmaceutica Roche aderì alla richiesta nonostante i risultati ottenuti da Birkmayer fossero contestati da vari ambienti scientifici che subivano spinte economiche ed invidie accademiche, le stesse che suggerirono di somministrare ai pazienti, insieme alla levodopa, un po’ di benserazide. La potente inibizione della decarbossilasi esercitata dal farmaco avrebbe dovuto impedire la trasformazione della levodopa in dopamina e quindi annullare ogni effetto clinico. Grande sorpresa quando, dopo qualche tempo, Birkmayer riferisce che non solo la benserazide non ha diminuito l’attività della levodopa, ma che anzi l’ha notevolmente aumentata. 

Dovranno passare altri 6 anni prima che il ricercatore biochimico Giuseppe Bartolini definirà meglio l’interazione della Benserazide nella trasformazione della L-Dopa in dopamina, fu lui infatti a chiarire per primo la caratteristica della Benserazide di non attraversare la barriera ematoencefalica e quindi di poter “accompagnare sana e salva” la L-Dopa fino alla emobarriera.

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Il Dott. Cotzias nel suo laboratorio negli USA

Nel 1970 gli studi condotti negli USA dal dott. Cotzias convinceranno finalmente la Roche a rendere disponibile la L-Dopa sul mercato. In questo video dell’epoca si può vedere uno dei primi pazienti trattati con L-Dopa : 

Tra il 1970 ed il 1973 furono fatti gli studi necessari a determinare il rapporto esatto tra Benserazide e L-Dopa per assemblare un farmaco che includesse entrambi i principi.

1973. Immissione sul mercato di Madopar e Sinemet

Nel luglio del 1973 viene immesso sul mercato il Madopar e pochi mesi dopo il Sinemet. In Italia i farmaci furono autorizzati poco dopo, a febbraio del 1974 il Madopar e ad ottobre dello stesso anno il Sinemet.

Da allora i due farmaci non hanno subito praticamente variazioni se non che nel 1986  vengono immesse sul mercato le versioni a rilascio modificato, il Madopar HBS e Sinemet CR, che dovrebbero garantire un assorbimento più lento e quindi con curve più morbide e minori problemi di Off. In realtà l’esperienza clinica ha evidenziato che i subprocessi di rilascio modificato sono estremamente soggettivi ed anzi a volte causano problemi di “accumuli” che rendono le fasi di On ed Off ancor più difficili da gestire.


Articolo scritto originariamente dalla redazione dell’Associazione WeAreParky ONLUS. Successivamente l’articolo è stato revisionato e verificato dal Dott. Fabrizio Angeloro
Molte delle immagini e delle notizie citate sono state fornite da utenti della comunità internazionale https://healthunlocked.com/cure-parkinsons

 

Il Manifesto del Parkinson si aggiorna

Il Manifesto del Parkinson è un opuscolo che spiega cosa è il Parkinson e come si affronta. Ad oggi è stato divulgato in tre forme:

  1. digitale standard (formato opuscolo A5 PDF)
  2. digitale personalizzabile per regione  (formato PDF + 4 pagine dedicate ad informazioni specifiche relative alla regione: elenco delle Associazioni, dei Centri di cura e riabilitazione, altri servizi convenzionati, calendario eventi  – Prenota subito la tua copia online)
  3. Stampato  in formato A5 spillato (Prenota subito la tua copia online)
  4. Stampato su polionda (formato 70×45 cm per allestimento stand / formazione)  personalizzabile con logo dell’Organizzazione

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La stesura fu fatta in occasione della Run 4 Parkinson organizzata a Roma all’interno di Villa Pamphili , di seguito i fogli degli appunti che condividemmo con i neurologi che accolsero con entusiasmo l’iniziativa.

Inizialmente l’impostazione fu data dall’Associazione WeAreParky ONLUS intervistando oltre 400 pazienti ai quali fu chiesto di spiegare la loro malattia 
con le loro parole, in modo concreto ed oggettivo. 

Fu messo a sistema tutto il materiale prodotto con l’aiuto di:

Ne risultò una guida scritta in un linguaggio semplice, facilmente comprensibile ed al tempo stesso corretto dal punto di vista medico/scientifico.

I contenuti digitali sono stati aggiornati con cadenza almeno annuale e sulla base delle segnalazioni ricevute.

In collaborazione con§: Accademia LIMPE/DISMOV,  Fondazione Fresco Parkinson Institute

Hanno collaborato attivamente alla stesura dei contenuti:

  • Prof. Meco, Prof. Stefani, Dott.ssa Pierantozzi
  • Accademia Limpe-Dismov (Dott. Nicola Modugno, Dott.ssa Francesca Morgante, Prof. Cortelli)
  • Richiesto alla Fondazione Don Gnocchi (Dott.ssa Irene Aprile – nuova sezione riabilitazione robotica)
  • Fondazione Fresco Parkinson Institute (Dott. Volpe)
  • Rigenera APS (Dott. C. Gelao, Dott. Fabrizio Angeloro – riabilitazione motoria – Canale “Riabilitazione motoria”)
  • Dott.ssa Fullin (logopedia)
  • Dott.ssa Maria Paola Zampella (biologa nutrizionista_)
  • l’ultimo aggiornamento, in corso, è particolarmente importante perché abbiamo voluto rielaborare la grafica in una versione più moderna ed aggiornare i contenuti per essere adeguati alla necessità del progetto OSPEDALIZZAZIONE Sicura per il quale abbiamo deciso – in accordo con il C.S. – di rinviare la presentazione dell’Abstract che era stato già approvato dal World  Parkinson Congress 2023. 

 

 

 

Hanno offerto un importante contributo non condizionante le aziende riportate nell’ultima pagina:

La DBS raccontata da Francesca

Berna, 2 febbraio 2017.
Intervistiamo Francesca che ha fatto l’intervento di DBS pochi giorni fà.

Chi sono e la mia parky storia

“2010 a 41 anni mi é stato diagnosticato il parkinson, la mia non é stata una storia travagliata della serie che ho dovuto girare centinaia di medici ospedali, sopportare grandi dottoroni che mi dicessero che ero stressata o depressa. No! Sono semplicemente andata a fare una visita neurologica e mi è stato detto: “penso sia parkinson ma per sicurezza chiediamo un altro parere il “e il secondo neurologo “confermo la diagnosi del mio collega”. Ecco tutto qua!

Da circa 6 mesi avevo dolore alla spalla destra il braccio che rimaneva immobile quando camminavo, la mano a volte tremava ed ero sempre stanca, ma non è che cosa mi preoccupasse, pensavo fosse un problema muscolare, mai, per un secondo ho pensato ad altro.

Uscivo da un periodo molto difficile, molto doloroso per me e mi sono trovata ad affrontare due “lutti” contemporaneamente.

Quando mi è stata detta la diagnosi c’è mancato poco che non ridessi in faccia al neurologo, ho pensato: “questo è scemo…ma come pensa di dirmi una cosa così” poi a casa vai su internet digiti parkinson ed eccoli lì elencati per bene tutti i tuoi sintomi e allora comincia il panico. Io non conoscevo il parkinson, nessuna famigliarità sapevo quello che sanno tutti, e sono andata completamente in crisi.

I primi due anni lo sappiamo tutti sono i più duri, non fisicamente ma psicologicamente, gli amici, ti fanno “forse” un paio di telefonata e poi…spariscono. Io allora non ho fatto niente per trattenerli, volevo crogiolarmi nel mio dolore, volevo stare sola!

Poi ti accorgi che sei ancora vivo e che la vita va avanti non solo per gli altri ma pure per te e ricominci a vivere anche se con un peso sulle spalle non indifferente.

Fino al 5° anno non ho avuto molti problemi motori, avevo della rigidità ma del tutto gestibili. Avevo però anche inspiegabili dolori alle gambe, dolori che sono apparsi il primo anno e non sono mai spariti, dolori terribili 24 h su 24, 7 giorni alla settimana, costanti, intensi, sfiancanti dolori neuropatici, un intenso bruciore che rendo “sopportabili” solo con gli oppiacei. Inspiegabili, perché nessuno a oggi ha saputo dire se sono legati al parkinson o meno, non reagiscono in alcun modo alla dopamina e al momento non sembra neppure alla DBS

il 5° anno ho avuto il mio primo off, me lo ricordo come se fosse ieri…era le seconda settimana di marzo ed ero al mare, stavo camminando e a un certo punto sono stata assalita da una profonda stanchezza ed avevo difficoltà di andare avanti, non era ancora un off a regola d’arte, era il primo, col tempo gli off sono diventati sempre più frequenti e violenti, fino ad arrivare ad averli più volte al giorno e a  durare ore. Non avevo più nessun controllo sul mio corpo, non uscivo più di casa per paura che mi arrivasse un off, e rimanessi bloccata lì sul posto. I medicamenti funzionavano una volta si e due no, se li aumentavo avevo delle distonie dolorosissime e discinesie…non era più vita…”

I medicamenti:

“Ho iniziato con i dopamino agonisti che per mia fortuna non hanno funzionato mi abbassavano tantissimo la pressione, dormivo tutto il giorno, quindi siamo andati diretti alla dopamina: il Madopar dosi basse perché mi portavano distonie… con l’arrivo degli off, siamo passati a: 100mg di Xadago,  325mg di Stalevo, 100 di madopar a rilascio veloce e 200mg di sinemet a rilascio graduato poi 1 antidepressivo, 12 goccie di Rivotrill per dormire, 1 o 2 Palexia (oppioide) per i dolori al giorno. Non sono grandi numeri, lo so…ma questo sopportava il mio corpo e lo sopportava anche male, non potevo alzare la L-Dopa nemmeno di un pochino senza effetti collaterali disastrosi.

Cosa mi ha portato alla DBS ?

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“Io ho sempre saputo che sarei passata da qua, il mio neurologo (sostenitore della DBS), me ne ha parlato fin dall’inizio, come un qualcosa che prima o poi ci si arriva, devi solo decidere quando.

 

Mi ha portato alla DBS la voglia di vivere!

A un certo punti ti rendi conto che quella che hai non è più una vita che merita di essere vissuta, avevo perso l’indipendenza la voglia di uscire ero apatica e passavo le giornate sul divano, depressa cercando piccoli momenti di vita intensa che mi dessero l’impressione di essere ancora viva. Certo potevo ancora aspettare ma perché? Se potevo star meglio subito? Quando ho deciso l’ho detto al mio neurologo e non mi sono mai più guardata indietro.”

Cosa mi aspetto?

“Tutto e niente, sono giovane e la malattia non era troppo avanzata… quindi sapevo che avevo grosse possibilità che i problemi motori mi sarebbero passati, non credevo così velocemente mentre sapevo che i dolori alle gambe molto probabilmente sarebbero rimasti e così è andata.”

Cosa ho notato i primi giorni e cosa hanno notato gli altri

“Uscita dalla sala operatoria ho preso il telefono e mi sono accorgerta che usavo la tastiera senza problemi, è stato entusiasmante. Anche gli altri si sono accorti del grosso cambiamento è stato nel parlare, molto più veloce, fluido non incespico più nelle parole, il portamento, le spalle sono tornate ad essere più aperte meno incurvate in avanti e a oggi 1 febbraio 2017 ore 17.00 6° giorno dall’ intervento e 3° giorno senza medicamenti…non ho più avuto un off. Sono ancora un po’ rigida ma abbiamo appena iniziato ad alzare gli elettrodi, cammino (non sono un velociraptor) ma i passi sono lunghi fluidi e regolari, utilizzo la tastiera del PC, tutto il giorno senza problemi, e faccio le mie cose senza difficoltà particolari. Al momento non posso dire di essere tornata come prima ma ho una situazione costante, cioè se prima passavo da 0 in off a 100 in on ora sono a 70 ma lo sono costantemente e tutto il giorno, le distonie e le discinesie sono sparite.

Che consigli darei allo staff della DBS?

“Nessuno, per me sono stati perfetti ma forse, sono di parte. Vorrei però che il paziente fosse trattato così tutto il tempo non solo in sala operatoria.  Abbiamo a disposizione l’eccellenza come medici ma poi pecchiamo nella gestione del paziente : sei la star al momento dell’intervento ma sei un pezzente per tutto il resto del tempo ! Ogni intervento ha la sua importanza, abbiamo bisogno di sentirci coccolati e rassicurati anche prima e dopo l’intervento sono le piccole cose che fanno la differenza!”

 

Se vuoi saperne di più del percorso di Francesca collegati al suo blog  : http://versoladbs.blogspot.it/

Se invece vuoi conoscere meglio la tecnica DBS segui questo link (a cura di SOC Neurochirurgia Udine)

La cannabis medicale (CBD) può migliorare la qualità della vita dei malati di Parkinson?

Negli ultimi 10 anni c’è stato un notevole aumento di popolarità e consumo della Cannabis, sia per scopi ricreativi che terapeutici. Sempre più ricerche stanno confermando le proprietà terapeutiche della Cannabis e dei suoi composti chimici attivi. Tra questi ultimi troviamo il cannabidiolo, con sigla CBD. Questo cannabinoide ha potenziali applicazioni mediche, tra cui quella per trattare i sintomi legati al morbo di Parkinson.

CANNABIDIOLO (CBD)

Il CBD è uno dei cento cannabinoidi attivi presenti nella Cannabis e rappresenta il 40% dell’estratto vegetale di questa pianta. Uno dei motivi principali per cui il CBD è ora oggetto di ricerca in campo medico è che, a differenza del più popolare THC (la componente “ricreativa”), non è psicoattivo. In parole povere, il CBD non sballa. Si tratta di un aspetto molto importante nelle terapie cliniche, dove si cerca sempre di ridurre al minimo gli effetti collaterali. Secondo numerosi studi, anche a dosaggi elevati, il CBD risulta essere ben tollerato dal nostro organismo e, quindi, sicuro per il consumo umano. Alcune delle proprietà terapeutiche più importanti del CBD sono la riduzione della nausea, dell’ansia, della depressione, il contrasto dello sviluppo delle cellule tumorali e cancerogene ed altre proprietà importanti reperibili nella letteratura scientifica. Purtroppo, la maggior parte di queste prove cliniche provengono dalla sperimentazione su animali, mentre sull’essere umano non sono state ancora condotte ricerche esaustive. Inoltre, il CBD rimane illegale in molte parti del mondo, un ulteriore motivo per cui bisognerebbe approfondire questo campo di ricerca e verificare gli effetti sulla salute umana e sulle patologie potenzialmente trattabili.

CBD E MORBO DI PARKINSON

Secondo diversi studi condotti in Brasile, Israele, Cecoslovacchia, Spagna ed Italia (di seguito indicati) da team indipendenti, il trattamento a base di cannabidiolo può migliorare la qualità della vita dei malati di Parkinson. Alcuni studi condotti su animali confermerebbero inoltre  che i composti della Cannabis hanno la capacità di rallentare la progressione della malattia di Parkinson e di altre malattie neurodegenerative.

SOMMINISTRAZIONE ED ASPETTI LEGALI

In farmacia si possono acquistare farmaci a base cannabiode come il Bedrocan dietro specifiche prescrizioni mediche. Purtroppo questa via è molto costosa, fino a 80 € al giorno in base al dosaggio. Viene perseguita solo in caso di emergenza per stadi terminali  e con esclusiva  finalità sedativa o analgesica (terapia del dolore).
Alcuni pazienti più determinati ricorrono all’importazione tramite la propria Asl. Per accedervi dovranno consegnare alla ASL una “richiesta di importazione per medicinali stupefacenti non registrati in Italia” compilata e firmata dal proprio medico oltre alla fotocopia del “modello di consenso informato” che si consegna firmato al medico al rilascio della prescrizione. Bisognerà quindi anticipare il pagamento per 3 mesi di cura, avviare la burocrazia dell’importazione aspettandone i tempi, ma almeno il prezzo finale per il paziente sarà di 11/14 € al grammo. È evidente la difficoltà oggettiva nel perseguire questa strada.

Molti pazienti esasperati dai costi e dalla burocrazia sono spesso costretti a comprare quello che si trova per strada, normalmente hashish (volgarmente “fumo”) spesso di pessima qualità tagliato con sostanze a volte anche nocive. Ciò oltre ad essere illegale è complesso – si immagini un parky tremorigeno a rollare uno spinello! Inoltre, il materiale illegale è  totalmente impossibile da controllare in termini di titolazione di CBD e THC.

LA SPERIMENTAZIONE PROPOSTA DA WEAREPARKY

Così come abbiamo fatto per la vitamina B1 abbiamo deciso di portare avanti uno studio indipendente che mira a scandagliare una strada alternativa – ovviamente legale – secondo noi perseguibile: l’assunzione di CBD nella forma di estratto anidro alimentare, lavorato da canapa sativa industriale da coltivazioni regolarmente autorizzate (privo di THC) tramite assunzione orale o inalazione/vaporizzazione. Resta inteso che occorre reperire un prodotto derivante da coltivazione biologica e purificato in modo naturale che usi come “trasporto veicolo alimentare” un olio altrettanto biologico. L’estratto anidro dovrà essere inoltre privato del THC. La ditta produttrice dovrà rilasciare titolo di acquisto valido riportante le caratteristiche del prodotto con relativa scheda tecnica e di utilizzo.
Abbiamo identificato una azienda italiana che ha avviato una coltivazione biologica  ed un laboratorio interno dove viene trasformato il raccolto in diversi sottoprodotti che seguono la normativa alimentare.
Al momento di pubblicazione del presente articolo stiamo predisponendo un protocollo di sperimentazione.

Le fasi:

  1. Ricerca informazioni e pubblicazioni ufficiali internazionali
  2. Identificazione ditta fornitrice rispondente ai requisiti di legge
  3. Predisposizione protocollo di sperimentazione
  4. Reperimento fondi necessari alla sperimentazione
  5. Realizzazione sperimentazione con triplice  finalità:
    – accertare il reale beneficio
    – accertare la sostenibilità globale
    – individuare modalità e dosaggi ottimali
  6. Analisi e pubblicazione risultati

L’attività si interruppe dopo pochi mesi perchè la ditta produttrice, vessata da continue variazioni normative, oneri e balzelli vari non aveva più la possibilità di mantenere un prezzo al pubblico sostenibile.

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PUBBLICAZIONI UFFICIALI

Settembre 2004
“Survey on Cannabis use in Parkinson’s disease: Subjective improvement of motor symptoms”

A cura di: Charles University in Prague

Campione: 339 pazienti

Risultato: “An anonymous questionnaire sent to all patients attending the Prague Movement Disorder Centre revealed that 25% of 339 respondents had taken cannabis and 45.9% of these described some form of benefit.”

Luglio 2005
Cannabinoids provide neuroprotection against 6-hydroxydopamine toxicity in vivo and in vitro: relevance to Parkinson’s disease.”

A cura di: Departamento de Bioquímica y Biología Molecular III, Facultad de Medicina, Universidad Complutense, 28040-Madrid, Spain

Risultato: “I nostri risultati supportano la vista di una potenziale azione neuroprotettiva dei cannabinoidi contro in vivo e in vitro della tossicità di 6-idrossidopamina, che potrebbe essere pertinente per PD. I nostri dati indicano che questi effetti neuroprotettivi potrebbero essere dovuti, tra l’altro, alle proprietà antiossidanti di alcuni cannabinoidi di origine vegetale, o esercitata attraverso la capacità di agonisti cannabinoidi per modulare la funzione gliale, o da una combinazione di entrambi i meccanismi.”

Testo completo depositato PUBMED : http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0969996104002827

Novembre 2009
“Cannabidiol for the treatment of psychosis in Parkinson’s disease.”

A cura di: Department of Neuropsychiatry and Medical Psychology, Ribeirão Preto Medical School, University of São Paulo, São Paulo, Brazil. awzuardi@fmrp.usp.br

Campione: 6 pazienti

Risultato: “ These preliminary data suggest that CBD may be effective, safe and well tolerated for the treatment of the psychosis in PD.”

Testo completo depositato SAGE Journals: http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0269881108096519

Dicembre 2009
“
Cannabidiol: a promising drug for neurodegenerative disorders?”

A cura di: Department of Experimental Pharmacology, Faculty of Pharmacy, University of Naples Federico II, Via D. Montesano 49, Naples, Italy. iuvone@unina.it

Risultato: “Tuttavia, tra i composti di Cannabis, il cannabidiolo (CBD), che manca di qualsiasi effetto indesiderato psicotropi, può rappresentare un agente molto promettente con la più alta prospettiva per uso terapeutico.”

Testo completo depositato PUBMED: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1755-5949.2008.00065.x/full

Marzo 2014
“Cannabis (medical marijuana) treatment for motor and non-motor symptoms of Parkinson disease: an open-label observational study.”

A cura di: Department of Neurology, Rabin Medical Center, Beilinson Hospital, Petach Tikva; and Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv, Israel.<<<

Campione: 22 pazienti

Risutato: “There was also significant improvement of sleep and pain scores. No significant adverse effects of the drug were observed. The study suggests that cannabis might have a place in the therapeutic armamentarium of PD. Larger, controlled studies are needed to verify the results.”

Novembre 2014
“Effects of cannabidiol in the treatment of patients with Parkinson’s disease: an exploratory double-blind trial.”

A cura di:
1) Department of Neuroscience and Behavior, Faculty of Medicine of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, Brazil INCT Translational Medicine (CNPq), São Paulo, Brazil Barretos School of Health Sciences – Dr. Paulo Prata, Barretos, Brazil mchagas@fmrp.usp.br mchagas@facisb.edu.br.
2) Department of Neuroscience and Behavior, Faculty of Medicine of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, Brazil INCT Translational Medicine (CNPq), São Paulo, Brazil.
3Department of Neuroscience and Behavior, Faculty of Medicine of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, Brazil.
4) Laboratório Interdisciplinar de Investigação Médica, Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte, Brazil.

Campione: 140 pazienti

Risultato: “Our findings point to a possible effect of CBD in improving quality of life measures in PD patients with no psychiatric comorbidities; however, studies with larger samples and specific objectives are required before definitive conclusions can be drawn.”

Dicembre 2015
“The neuroprotection of cannabidiol against MPP⁺-induced toxicity in PC12 cells involves trkA receptors, upregulation of axonal and synaptic proteins, neuritogenesis, and might be relevant to Parkinson’s disease.”

A cura di:
1) Department of Clinical Analyses, Toxicology and Food Sciences, School of Pharmaceutical Sciences of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, SP, Brazil. Electronic address: neife@fcfrp.usp.br.
2) Department of Clinical Analyses, Toxicology and Food Sciences, School of Pharmaceutical Sciences of Ribeirão Preto, University of São Paulo, Ribeirão Preto, SP, Brazil.

Risultato: “Our findings suggest that CBD has a neurorestorative potential independent of NGF that might contribute to its neuroprotection against MPP(+), a neurotoxin relevant to Parkinson’s disease.”

Testo completo depositato PUBMED : http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0887233315300047

CONTRIBUTI ACCADEMICI

piomelli

Dr. Daniele Piomelli, Ph.D., Pharm.D.
Urbino (Italy)
Professor Of Anatomy And Neurobiology
University Of California, Irvine
Irvine, CA
Luglio 2016
Researching the Potential Medical Benefits and Risks of Marijuana
https://www.youtube.com/watch?v=3vKgGYS10uQ

Dicembre 2016
“The number one frustration that I have is knowing that there is this untapped potential — that comes from what marijuana is teaching us — to generate new medicines, and being stuck because of financial issues or political issues. That is extremely frustrating.”
http://theantimedia.org/former-cop-cannabis-parkinsons-disease/

Sara Riggare: un’ora contro 8.765 (ita/es)

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da Sara Riggare – Svezia:

Io vedo il mio neurologo due volte l’anno, circa mezz’ora ogni volta. In totale è un ora all’anno di assistenza sanitaria per la mia malattia di Parkinson. Nello stesso anno trascorro 8.765 ore curandomi da sola

sara-i-ivar-lo-parken“Io vedo il mio neurologo due volte l’anno, circa mezz’ora ogni volta. In totale è un ora all’anno di assistenza sanitaria per la mia malattia di Parkinson. Nello stesso anno trascorro 8.765 ore curandomi da sola, utilizzando quanto ho appreso e l’esperienza insieme alle informazioni che ottengo dal mio neurologo al fine di gestire la mia difficile condizione come meglio posso. Soltanto per un’ora all’anno (il cerchio rosso nell’immagine a sinistra) io sono in contatto diretto con uno specialista e con le sue capacità cliniche.

Nella stessa ora viene fatta la valutazione della mia condizione dal mio neurologo e il mio trattamento farmacologico viene prescritto, un mix di 6 dosaggi, con 6 diversi intervalli di tempo e 5 diverse combinazioni. Diciamocelo in faccia, il mio medico non sa nemmeno se li prendo i farmaci!

Ed è durante quelle 8.765 ore di auto-cura che posso osservare gli effetti della mia terapia. E se potessi registrare le mie osservazioni in modo sistematico e portarle alla prossima a visita neurologica?

Indovina un po? Lo faccio già?

Non sto dicendo che voglio più tempo nel settore sanitario. Io davvero non credo che ho bisogno di più tempo con il mio neurologo. Tuttavia, sto dicendo che l’assistenza sanitaria deve riconoscere il lavoro che facciamo come pazienti e iniziare a lavorare a fare uso delle nostre osservazioni per le proprie conoscenze.

Provate a immaginare cosa potremmo realizzare se iniziamo a lavorare insieme – da pari a pari con diverse ma complementari aree di competenza.”

Articolo originale in inglese: http://www.riggare.se/1-vs-8765/
Pagina Facebook dell’autore: https://www.facebook.com/sara.riggare
Traduzione a cura di WeArePark