Progetto “Ospedalizzazione sicura” > La Terapia farmacologica

L’importanza di rispettare orari e dosaggi

Tratto dal sito https://www.fondazionesilvanaebruno.it/

“Buongiorno a tutti un caro saluto a tutti gli iscritti al Parkinson Cafè, pazienti e non, molti di voi già mi conoscono, io sono la Dottoressa Mesiano, medico neurologo, che da molti anni si occupa di malattia di Parkinson e che collabora con il Parkinson Caffè. Mi è stato chiesto in questo periodo molto particolare in cui le abitudini di ognuno di noi sono state bruscamente modificate dagli eventi della pandemia di formulare dei semplici consigli che possano essere di aiuto pratico. Ho pensato di darvi tre semplici consigli in tre diversi ambiti:

  1. Terapia medica farmacologica
  2. Attività motoria (video)
  3. L’alimentazione (In realizzazione – Dott. ssa M.P. Zampella / G. Maldacea)

E’ assolutamente necessario per il benessere del paziente parkinsoniano che la terapia farmacologica venga sempre assunta con regolarità e precisione e sempre alle stesse dosi e per nessun motivo questa terapia deve essere sospesa o modificata quindi in questo periodo, nel caso in cui si dovesse presentare una nuova patologia che richieda un trattamento specifico o una ospedalizzazione è necessario che il paziente continui sempre ad associare la terapia senza modificare dosaggi ed orari.

Se, come spesso segnalato negli ultimi due anni, la terapia seppur assunta con assoluta regolarità non fosse più sufficiente a garantire una qualità di vita normale o fosse subentrato qualche nuovo sintomo di aggravamento della in questo caso è necessario che consultiate il vostro neurologo.

Ricordo infine che molti di voi probabilmente stanno assumendo farmaci per la cui prescrizione sono necessari i piani terapeutici, ebbene se questi dovessero essere in scadenza anche in questo caso per il loro rinnovo contattate telefonicamente il neurologo di fiducia il nuovo piano terapeutico vi verrà inviato a domicilio via posta o via mail.”

Per approfondire >>

  1. L’efficacia dei farmaci per il Parkinson
  2. La storia della Levodopa
  3. Febbre VS Parkinson : perchè le persone con Parkinson devono evitare possibilmente gli stati febbrili, Omocisteina e Parkinson: perchè è importante monitorarla periodicamente, LPT : un nuovo approccio alla tradizionale terapia farmacologica anti-Parkinson
  4. Impatto dell’epidemia di SARS-CoV-2 sulle persone con Malattia di Parkinson in Italia

 


La Terapia farmacologica

  • QUANDO COMUNICARLA. La terapia farmacologica è FONDAMENTALE che sia comunicata PRIMA del ricovero in modo scritto, analitico e chiaramente comprensibile. Nel predisporre il documento non date nulla per scontato. Fatene almeno 3 copie: una da consegnare all’ingresso in reparto, una da tenere in camera facilmente visibile ed una per il paziente da portare sempre con se. Come si scrive una terapia farmacologica ?
  • ORARI. Devono essere tassativamente rispettati perchè eventuali “off” da fine dose agevolano il verificarsi di situazioni pericolose. Dato che gli orari dei pasti in ospedale sono sicuramente diversi da quelli di casa vi suggeriamo di mettervi in contatto PRIMA con la struttura per rivedere di conseguenza in anticipo la terapia con il proprio neurologo. Ricordiamo che è buona norma assumere i farmaci almeno 1/2 ora prima dei pasti e non prima di due ore dopo i pasti.
  • DISPONIBILITA’ dei FARMACI. Normalmente la struttura che prende in carico il paziente provvede a reperire i farmaci, a custodirli ed a somministrarli. In fase di dimissione la struttura vi consegnerà un set dei farmaci per coprire i primi giorni di rientro a casa. Suggeriamo, IN OGNI CASO, di predisporre 3 “stock dei farmaci”: uno basico che copra 1/2 giorni per il paziente per emergenze (se possibile), uno per la struttura ed uno per il rientro. Sullo stock per la struttura vi consigliamo di scrivere il cognome del paziente su almeno 3 lati della confezione ben visibile
  • verificate la scadenza di eventuali Piani Terapeutici; se necessario richiedete al neurologo  di  farvene una copia e inseritela nella cartellina che consegnerete al momento del ricovero
  • Nel caso la terapia preveda farmaci sensibili all’esposizione all’aria o alla luce (ad esempio il Sirio®) dotatevi di un portamedicinali adeguato.
  • Nel caso la terapia preveda farmaci sensibili all’esposizione all’aria o alla luce (ad esempio il Sirio®) dotatevi di un portamedicinali adeguato.
  • GESTIONE AUTONOMA. In ospedale è molto improbabile che vi consentano una autogestione dei farmaci. D’altra parte è il ritardo nella somministrazione dei farmaci è il primo in classifica per frequenza, area geografica e come predittore di peggioramento della sintomatologia, dello stato di “ansia” del caregiver e dell’aumento dei fwno £ Se il paziente è “affidabile”, ossia è abituato a gestire i farmaci in coordinamento con il proprio caregiver, dovete concordare PRIMA con il responsabile del reparto presentando un documento che comprovi l’affidabilità, fate indicare per iscritto al vostro neurologo o al MMG che nella quotidianità il paziente è nelle condizioni di gestire autonomamente la terapia farmacologica (esempio di dichiarazione). Pretendete che quanto concordato venga scritto chiaramente sulla cartella clinica.
    PROGETTO PDINFO-Protezione PwP prevederà il calcolo automatico basato sula puntualità ricavata dalla pressione del pulsante verde o da un opzione della App a comando vocale o da menu.

Considerate che in reparto al cambio del turno chi subentra seguirà esclusivamente le indicazione scritte in cartella.

 

La Terapia farmacologica

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Effettuato il primo trapianto di cellule staminali per curare il morbo di Parkinson

Il 13 febbraio 2023, un trapianto di cellule nervose derivate da cellule staminali è stato somministrato ad una persona affetta da Parkinson presso l’ospedale universitario di Skåne, in Svezia. Il prodotto è stato sviluppato dall’Università di Lund e ora viene testato per la prima volta sui pazienti. Il prodotto del trapianto è generato da cellule staminali embrionali e funziona per sostituire le cellule nervose della dopamina che vengono perse nel cervello parkinsoniano. Questo paziente è stato il primo di otto malati di Parkinson a ricevere il trapianto.

 Si tratta di una pietra miliare importante sulla strada verso una terapia cellulare che può essere utilizzata per curare i pazienti affetti dal morbo di Parkinson. Il trapianto è stato completato come previsto e la corretta posizione dell’impianto cellulare è stata confermata da una risonanza magnetica. Eventuali effetti potenziali del prodotto STEM PD potrebbero richiedere diversi anni. Il paziente è stato dimesso dall’ospedale e le valutazioni saranno condotte secondo il protocollo dello studio “, afferma Gesine Paul-Visse, ricercatrice principale dello studio clinico STEM-PD, consulente neurologo presso l’Ospedale universitario di Skåne e professore a contratto presso l’Università di Lund in Svezia. .

Ci sono circa otto milioni di persone che vivono con la malattia di Parkinson in tutto il mondo; una malattia che comporta la perdita delle cellule nervose della dopamina nelle profondità del cervello, con conseguenti problemi nel controllo del movimento. Il trattamento standard per la malattia di Parkinson prevede farmaci che sostituiscono la dopamina perduta, ma col passare del tempo questi farmaci spesso diventano meno efficaci e causano effetti collaterali. Ad oggi non esistono trattamenti in grado di riparare le strutture danneggiate del cervello o di sostituire le cellule nervose perdute.

Lo studio STEM-PD sta ora testando una nuova terapia sperimentale volta a sostituire le cellule della dopamina perse con cellule sane prodotte da cellule staminali. Il prodotto cellulare utilizzato è stato sottoposto a rigorosi test preclinici per soddisfare gli standard di qualità dell’Agenzia svedese equivalente della nostra AIFA. Dopo essere state trapiantate, si prevede che le cellule maturino in nuove e sane cellule nervose che producono dopamina all’interno del cervello, quindi dopamina “sana”, ENDOGENA, prodotta dal nostro organismo secondo regole “ecologiche”.

“Con questo studio speriamo di dimostrare che il prodotto cellulare funziona come previsto nei pazienti. Nel corso del tempo, ciò creerà l’opportunità di aiutare molte più persone affette da Parkinson in futuro”, afferma Malin Parmar, professore all’Università di Lund. Dirige il team STEM-PD in stretta collaborazione con i colleghi dello Skåne University Hospital, dell’Università di Cambridge, dell’NHS Foundation Trust degli ospedali universitari di Cambridge e dell’Imperial College di Londra.

“Sono necessari ulteriori studi per portare STEM-PD da questa prima sperimentazione umana fino a un trattamento globale, e abbiamo quindi lavorato in stretta collaborazione con l’azienda farmaceutica Novo Nordisk A/S. Il loro contributo allo studio, così come le linee guida operative e normative, sono stati di fondamentale importanza per  avviare questo primo studio sull’uomo  e non vediamo l’ora di future collaborazioni”.

Un totale di otto pazienti provenienti dalla Svezia e dal Regno Unito verranno sottoposti a trapianto presso l’ospedale universitario di Skåne, che ha una lunga tradizione in questo tipo di intervento chirurgico. Infatti, lo strumento chirurgico utilizzato nell’attuale studio è stato sviluppato dall’ospedale universitario per il trapianto di cellule già negli anni ’80. A quel tempo, le cellule staminali non erano disponibili e, invece, i neurochirurghi trapiantavano cellule nervose derivate dal tessuto fetale. 

“La regione del cervello in cui vengono trapiantate le cellule in questo studio può essere stretta fino a quattro millimetri. Lo strumento chirurgico ha un altissimo livello di precisione e le moderne tecniche di imaging ci aiutano molto”, afferma il neurochirurgo Hjálmar Bjartmarz, che ha eseguito l’intervento di trapianto.

Ai pazienti coinvolti nello studio è stato diagnosticato il morbo di Parkinson almeno dieci anni fa e si trovano in uno stadio moderato della malattia. I ricercatori seguiranno da vicino questi pazienti e nei prossimi anni verranno condotte valutazioni della sopravvivenza cellulare e dei potenziali effetti.

Nessun dato o risultato clinico sarà comunicato finché non sarà stata raccolta e analizzata una quantità sufficiente di materiale proveniente dalla sperimentazione clinica, nel rispetto delle norme sulla riservatezza sanitaria.

Progetto “Ospedalizzazione sicura” > Quando e’ opportuno fare accesso al pronto soccorso per una persona con parkinson ?

Professor Gianni Pezzoli, direttore di Struttura Complessa di Neurologia del Centro Parkinson e disturbi del Movimento degli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano, il principale centro europeo per la diagnosi e la cura della malattia. Pezzoli è anche Presidente della Fondazione Grigioni che si adopera per la raccolta di fondi da destinare alla ricerca scientifica per la patologia parkinsoniana ed è fondatore dell’AIP (Associazione Nazionale dei Pazienti Parkinsoniani).

 “QUANDO E’ OPPORTUNO FARE ACCESSO AL PRONTO SOCCORSO PER UNA PERSONA CON PARKINSON ?

Fonte: “Sito AIP >Perché il malato di parkinson non dovrebbe rivolgersi al Pronto Soccorso
Articolo tratto dal sito AIP che ringraziamo per l’attività divulgativa nella persona del Prof. Pezzoli


“Riteniamo utile riportare un articolo apparso in un supplemento educativo edito da APDA, l’associazione Americana per la malattia di Parkinson, molto ben adattabile anche alla realtà italiana. Il testo è tradotto integralmente, traduzione di Silvana Tesei

Joseph H. Friedman, M. D., Director Brown University Parkinson’s disease and Movement Disorders Unit, Providence, USA

In qualche occasione sono stato interpellato da un collega del Pronto Soccorso per un paziente presentatosi per blocco motorio improvviso (freezing), o aumento di tremore o qualche altro aspetto del suo Parkinson. Di solito dico al collega di farmi chiamare il giorno successivo dal paziente e di dimetterlo prima che possa accadergli qualcosa di spiacevole.

Molte volte ho sentito la stessa storia ‘Mi sono rivolto al Pronto Soccorso la settimana scorsa perché il mio Parkinson era così peggiorato che non potevo resistere! E cosa mi hanno fatto? Mi hanno tenuto sei ore seduto ad aspettare, mi hanno fatto una radiografia del torace, una TAC cerebrale, un cardiogramma, esami del sangue e delle urine e mi hanno rimandato a casa. E non sapevano niente di Parkinson. Non avevano mai sentito parlare di discinesie, di periodi “off” e anche di alcuni dei miei farmaci.

Non è colpa del Pronto Soccorso. Consideriamo il ruolo del malato, della famiglia e anche quello del medico che segue il Parkinson. Recarsi al Pronto Soccorso è utile per valutare un qualsiasi problema medico, eccetto il Parkinson. Non rivolgetevi al Pronto Soccorso se la vostra malattia di Parkinson peggiora! Dovete andarci se pensate che il peggioramento sia dovuto ad una infezione, se siete caduti e avete paura di esservi rotti un osso o di avere subito una ischemia cerebrale, ma se avete dei problemi riguardo al Parkinson su cui state lavorando con il vostro neurologo o per risolvere un improvviso peggioramento quando il vostro neurologo non è disponibile, allora vi garantisco che siete fortunati se lasciate il Pronto Soccorso avendo perso solo qualche ora e un po’ di sangue.

I medici del Pronto Soccorso non sono molto aggiornati sul Parkinson. I migliori ve lo dicono e vi consigliano di chiamare il giorno successivo il vostro neurologo. Talvolta i pazienti vengono ricoverati negli ospedali locali dove i loro consueti specialisti possono non essere disponibili, così capita che qualcuno che li vede una sola volta per 20-25 minuti può modificare una terapia frutto di anni di modifiche. Ora io non voglio dire che non ci si deve rivolgere mai a un Pronto Soccorso, ma che non ci si deve andare per un peggioramento della malattia di Parkinson senza prima aver parlato con lo specialista che vi segue.

Permettetemi di essere più chiaro con qualche esempio. Di base i malati di Parkinson sono relativamente stabili per settimane. Con questo intendo i pazienti che rispondono in modo stabile ai farmaci mostrando al massimo qualche discinesia o episodi di lieve incremento di tremore o impaccio del cammino. I pazienti con fluttuazioni da moderate a severe restano fluttuanti nonostante gli aggiustamenti terapeutici. Se siete fortunati una modifica terapeutica otterrà un’ora in più di movimento, se siete sfortunati potete perdere un’ora. Alcuni giorni sono buoni, altri sono cattivi. I parametri di queste variazioni sono generalmente ben conosciuti, ma si modificano lentamente nel tempo. Una persona che ha solo due ore al giorno in totale di movimento buono si lascia facilmente prendere dal panico se capita un giorno in cui non ha nemmeno quelle due ore di “on” e riferirà quella giornata come terribile, atroce. Ma considerato nel contesto della malattia si tratta solo di un lieve peggioramento, 14 ore di “off” che passano a 16 ore di “off”. Naturalmente, diverso è per il paziente e i parenti che vedono le due ore di movimento azzerarsi e quindi una completa perdita di autonomia. Mentre questo è certamente fonte di dolore e ansia, non è una condizione pericolosa e tutte le TAC o gli esami del sangue non consentono al medico di Pronto Soccorso di escogitare qualche trucco che il vostro neurologo non abbia considerato e probabilmente già sperimentato.

Non c’è alcun dubbio che vivere con il Parkinson è frustrante per il paziente, i conviventi e chiunque sia coinvolto. Non importa quante volte un paziente è passato da uno stato di “off” ad uno di “on”, difficilmente si farà convincere che il periodo di blocco è destinato a risolversi. C’è sempre la paura che questo “off” non finirà mai e la paura, naturalmente, rende l”off” più duraturo e più severo. Inoltre per molti pazienti gli “on” e gli “off” sono veramente imprevedibili il che rende la frustrazione anche peggiore. Per il paziente che ha solo pochi momenti buoni durante la giornata, ogni “on” è prezioso e la perdita anche di un’ora di mobilità viene vissuta come una catastrofe. A volte la frustrazione raggiunge livelli tali che né il paziente né chi gli sta vicino riesce più a tollerarla. Frequentemente chi assiste il paziente si lascia prendere dal panico perché il malato ‘che è sotto la sua responsabilità’ è peggiorato e si sente in dovere di fare qualcosa. A volte è il malato stesso, sopraffatto dalla paura che l”on” non verrà mai più, a cercare un soccorso immediato, come se il Pronto Soccorso potesse fornire un sollievo all'”off” così come si può calmare il dolore.

Sfortunatamente non è disponibile per il Parkinson l’equivalente degli analgesici narcotici per il dolore; non esiste la bacchetta magica, altrimenti il paziente l’avrebbe già a disposizione. Quando un paziente il cui Parkinson è stabile da tempo, improvvisamente peggiora, si deve sospettare qualche patologia diversa; polmoniti, stress, severa stipsi, infezioni delle vie urinarie e talvolta altri problemi più seri, non neurologici, possono aggravare la malattia di Parkinson. Lo stesso succede per problemi di memoria, del pensiero e la sonnolenza. Un declino improvviso, persistente, nella concentrazione e nella memoria di solito indica un problema medico occulto quale un’infezione o una disfunzione tiroidea, o un problema correlato alla terapia.

Troppo spesso i medici del Pronto Soccorso diagnosticano un ictus anche quando non c’è niente a sostenere questa diagnosi. Sentono le parole ‘è peggiorato improvvisamente’ e la prima cosa che correlano a un disturbo neurologico ad esordio acuto è l’ictus, così che il paziente viene sottoposto a una TAC e a un’inutile ricovero ospedaliero. E l’ospedale è l’ultimo posto in cui vorreste trovarvi avendo una malattia di Parkinson, non rispettano la vostra abituale assunzione dei farmaci, vi interrompono il sonno e interferiscono con il vostro programma quotidiano di attività fisica.

Ricordatevi attraverso quante modifiche dello schema terapeutico siete passati: aggiungere un farmaco, toglierne uno, giocare con le mezz’ore tra una assunzione e l’altra, salire e scendere con la quantità di levodopa, provare la terapia fisica. Non è ragionevole aspettarsi che un medico di Pronto Soccorso, anche nel miglior ospedale del mondo, conosca voi o il vostro Parkinson meglio del vostro neurologo abituale. Nessun Pronto Soccorso ha in organico un neurologo e certamente non c’è un esperto di Parkinson a meno che il medico abbia un familiare con Parkinson avanzato. Insomma il Pronto Soccorso non è un buon posto per ottenere una seconda opinione sulla malattia di Parkinson.

Problemi con il Parkinson? Chiamate il vostro neurologo. Problemi di memoria, concentrazione, disturbi del pensiero, allucinazioni o comportamenti strani? Chiamate il vostro neurologo. Inutili perdite di tempo, sangue e soldi oltre a un potenziale rischio possono essere evitati con una telefonata al medico che vi conosce. Tenete presente che il vostro medico o un sostituto è sempre disponibile, ma non all’istante. Se vi capita una emergenza, lasciate detto alla segretaria che è urgente e ragionevolmente potrete aspettarvi una risposta in tempi brevi. Tuttavia recarsi al Pronto Soccorso perché il medico non vi richiama entro un’ora non è saggio.

L’articolo riporta a chiusura questa frase sottolineata e a grossi caratteri: “Se il vostro medico non riesce ad aiutarvi di più di un medico di pronto soccorso, allora avete bisogno di un altro medico per la vostra malattia di Parkinson.

Fonte: “Sito AIP >Perché il malato di parkinson non dovrebbe rivolgersi al Pronto Soccorso
Articolo tratto dal sito AIP che ringraziamo per l’attività divulgativa nella persona del Prof. Pezzoli

 

I crampi notturni alle gambe : esiste una soluzione sana, gratuita e con efficacia immediata.

Molte PwP soffrono di quello che in modo criptico la scienza chiama RLS (Restless Legs Syndrome), ossia sindrome delle gambe senza riposo. Noi le chiamiamo : crampi, fastidio o … tortura !

Il fastidio si manifesta prevalentemente nelle ore notturne o comunque a riposo. Ci impedisce di addormentarci o ci sveglia nel cuore della notte. Non riusciamo  a stare fermi, avvertendo la necessità impellente di muovere le gambe. Questo ovviamente ci impedisce di rilassarci ed addormentarci.

La RLS viene spesso definita un sintomo del Parkinson. Non siamo del tutto convinti di questa classificazione, pensiamo sia almeno correlata ai farmaci o ad una concausa tra Parkinson e farmaci. Facciamo questa affermazione perchè :

  1. Abbiamo spesso notato che eliminando alcuni farmaci il fastidio scompare
  2. Chi non assume levodopa difficilmente ne soffre

D’altra parte abbiamo anche notato che un potenziamento della attività dopaminergica (aumento dei dosaggi della levodopa o adozione di un farmaco dopaminergico) fa spesso scomparire la RLS

Rimanendo in attesa che la scienza ci spieghi questo “fastidio” vogliamo divulgare un semplice espediente che risolve il problema a livello emergenziale. Non è una soluzione strutturata ma può aiutarci a sopravvivere alle notti peggiori. Stiamo parlando della termoterapia, un rimedio che affonda le sue radici nella notte dei tempi, ne parlava anche Ippocrate nei suoi scritti.

La termoterapia è uno strumento terapeutico che  sfrutta il calore a scopi curativi o analgesici. Il calore può essere prodotto da fonti esterne (è per esempio il caso di bagni termali, fanghi, termoforo, sabbiature ecc.).

Scopo della termoterapia è, in linea generale, quello di determinare una vasodilatazione con riattivazione della circolazione sanguigna, accelerazione del metabolismo, degli scambi nutritizi dei vari tessuti e dell’attività ghiandolare. Al calore vengono poi riconosciute anche proprietà analgesiche e ipotensive.

Quindi cosa possiamo fare di notte quando i crampi non ci fanno dormire ?

Possiamo immergere le gambe nell’acqua calda. Proveremo un sollievo istantaneo ed i crampi nella maggior parte dei casi scompariranno. Rimaniamo nella vasca almeno 15 minuti massaggiando le zone più interessate dai crampi.

Se non abbiamo la vasca ma la doccia, recuperiamo uno sgabello di plastica, sediamoci nella doccia con la schiena appoggiata alla parete ed i piedi completamente poggiati a terra. Mettiamo un asciugamano sulle gambe e cominciamo a bagnare con acqua calda sempre massaggiando i muscoli.

Quando torniamo a letto cerchiamo di tenere le gambe al caldo, avvolgendole ad esempio con una coperta.

Esistono anche fasce termiche che possono essere riscaldate nel forno a microonde o alimentate con energia elettrica. Sono molto efficienti e mantengono il calore a lungo ma facciamo attenzione alla temperatura ed alla sicurezza !!!

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La soluzione suggerita è ovviamente un rimedio per gli eventi più fastidiosi ed improvvisi. Se i crampi si verificano continuamente rivolgetevi al vostro neurologo per valutare eventualmente  un adattamento della terapia farmacologica.

Può essere colpa del FERRO

Prima di modificare la terapia o trasformarci in esseri anfibi notturni … può essere utile indagare il livello di ferro nel sangue, un eventuale deficit può essere la causa della RLS. Al momento non disponiamo di dati validati su questi, riteniamo importante nell’ottica dicucire una terapia più possibile sana di indagare la correlazione tra [RLS – deficit del Ferro – PwP gender=donna] suggerendo tre gruppi:

  1. Uomini
  2. Donne
  3. Donne con analisi ematiche condotte nelle fasi mestruali

Approfondimento: Carenza di ferro, un disturbo sempre più femminile?

*** RICHIESTA DI APPROFONDIMENTO #GDL-Censimento-Sondaggi | #laparkinson GDL-Censimento-Sondaggi ***

Anche l’interruzione di alcuni farmaci può causare la RLS

Per completezza di informazioni riportiamo anche che la disintossicazione dagli oppiacei è associabile con la comparsa di sintomi simili alla RLS durante l’astinenza. Come Associazione di pazienti abbiamo spesso sentito parky lamentare di questo fastidio subito dopo l’interruzione di dopaminergici, in questo caso la situazione si risolve autonomamente nel giro di pochi giorni.