E` stato recentemente pubblicata una review che illustra i risultati ottenuti, dal 1976 ai giorni nostri, grazie all’utilizzo delle cellule staminali come potenziale terapia per la malattia di Parkinson. (link alla pubblicazione ufficiale in lingua inglese – agosto 2018, Parmar et al. EJN).
Gli esordi
Già intorno alla metà degli anni settanta fu dimostrato che neuroblasti prelevati dal mesencefalo di ratti ed embrioni umani una volta impiantati nel proencefalo basale erano in grado di sopravvivere. Questo ha dimostrato che il cervello è più plastico di quello che si pensava precedentemente e che quindi era potenzialmente “riparabile”. In particolare fu dimostrato che il trapianto nei ratti di neuroblasti dopaminergici era in grado di riparare funzionalmente alcune lesioni indotte che simulano i danni causati dalla neurodegenerazione.
L’utilizzo di cellule staminali nella terapia del Parkinson non è così recente come si potrebbe pensare, i primi trapianti di neuroni dopaminergici derivanti da cellule staminali risalgono infatti alla fine degli anni ’80.
Il centro di ricerca che si è distinto in questi studi si trova presso la Lund University in Svezia.
1987 : primi trapianti su pazienti affetti da malattia di Parkinson
Da diversi anni seguo l’evento di divulgazione scientifica Bergamoscienza. Nell’edizione del 2014 intervenne anche il prof. Lindvall che presentò i risultati ottenuti dall’utilizzo delle cellule staminali nei pazienti affetti da malattia di Parkinson (primi due pazienti trapiantati nel 1987) ed il monitoraggio della loro vita negli anni successivi. Per avere un riscontro non solo clinico ma anche strumentale e quindi più dimostrabile fu utilizzata la PET eseguita con il marcatore radioattivo Fluorodopa. Dopo una decina di anni dal trapianto i pazienti sviluppavano ancora solo lievi sintomi della malattia. I risultati si dimostrarono talmente promettenti che successivamente furono trapiantati altri 14 pazienti ed altri centri di ricerca avviarono la sperimentazione.
Parlai personalmente con il prof. Lindvall, il quale mi disse che se fossi stata interessata alla sperimentazione sulle staminali avrei potuto far riferimento alla Dott.ssa Cattaneo, maggior esponente italiano per questi studi, oggi Direttore dell’UniStem, il Centro di ricerca sulle cellule staminali presso l’Università di Milano. All’epoca però le staminali per il Parkinson non sembravano essere una strada perseguibile ma si presentavano complessi, con molti rischi e vicoli ciechi. Primi fra tutti i problemi etici e logistici causati dall’utilizzo di cellule staminali fetali che rendeva impensabile la messa a punto di una terapia su larga scala.
2017 : Gli studi di Malin Parmar portano una ventata di entusiasmo
Malin Parmar sondò una differente fonte di cellule staminali: le cellule staminali embrionali umane (hESCs : Human embryonic stem cells ). I suoi studi entusiasmarono anche altri ricercatori, così la ricerca fu portata avanti contemporaneamente in diversi centri di ricerca ed in breve tempo furono messi a punto diversi protocolli che consentirono di “trasformare” – sarebbe più corretto dire “differenziare” o “specializzare” – questo tipo di cellule in neuroni dopaminergici.
“Considerate il codice genetico come una immense libreria, ogni cellula del nostro corpo è dotata di questa libreria, ma ha creato una sottozona che le permette di utilizzare solo i geni che le servono a svolgere la sua funzione, è questo che permette alle cellule dei diversi tessuti di avere caratteristiche differenti.” Prof. Pierpaolo Di Fiore a Bergamoscienza 2018
2018 : Finalmente nuovi orizzonti
La riprogrammazione cellulare ha rivoluzionato la scienza medica ed è permessa dalla legislazione vigente anche in Italia. Nella riprogrammazione cellulare si utilizzano delle cellule adulte prelevate dal paziente stesso, successivamente vengono trattate in modo da riportarle allo stato di cellule staminali capaci di differenziarsi in qualsiasi tessuto desiderato a seconda degli stimoli a cui viene sottoposta (iPSC). Come le cellule staminali embrionali, sembrerebbe che anche queste possano essere utilizzate per produrre neuroni dopaminergici.
Le cellule riprogrammate hanno inoltre il vantaggio di derivare direttamente dall’individuo in cui successivamente varranno impiantate, aprendo la possibilità di sviluppare terapie paziente-specifiche e riducendo i rischi di rigetto.
L’utilizzo di cellule riprogrammate risolve anche il problema etico che invece è presente nel caso di utilizzo di cellule staminali fetali ed embrionali.
Gli studi sono andati ulteriormente avanti, ora le cellule non vengono più riprogrammate a staminali e poi indotte a differenziarsi (questo comportava la possibilità di insorgenza di tumori), ma vengono riprogrammate direttamente in neuroni dopaminergici, le cellule trapiantate così sono già effettivamente neuroni minimizzando il rischio di insorgenza di tumori.
Quindi ? Cosa possiamo aspettarci ?
Tutti noi ovviamente ci aspettiamo il prima possibile la disponibilità su larga scala di terapie sicure ed efficaci ma predire quando è impossibile. La sensazione è che finalmente ci sono nuove prospettive concrete, nuove strade percorribili. Il trapianto di cellule riprogrammate dovrebbe consentire di “rimpiazzare” i neuroni morti e rinforzare il sistema dopaminergico normalmente debilitato nelle persone affette da malattia di Parkinson. Abbiamo chiesto direttamente alla Prof.ssa Parmar conferma che stia partendo proprio in questi giorni un nuovo trial clinico.
“Dear Stefania,
Thank you for your mail and your great work for the Parkinson Community. It is true that we are about to initiate clinical trials in Lund. The first patients will be drafted from our local patients but we hope to reach a wider group as soon as possible.
Quando sarà disponibile la nuova terapia, sia essa quella illustrata o altre che stanno procedendo parallelamente, potremo potenzialmente fermare la progressione della patologia, forse potremo recuperare in parte o del tutto i danni causati al sistema motorio, più difficilmente potremo riparare i danni neurologici.
Il nostro compito ora come pazienti è quello di PRESERVARCI, ossia curarci nel migliore dei modi e limitare al massimo i danni al nostro fisico. Sappiamo esattamente cosa dobbiamo fare, se non lo sappiamo possiamo informarci, le fonti e le risorse ci sono, nel nostra paese purtroppo non sono disponibili in modo omogeneo sul territorio.
Compito delle Associazioni di pazienti è quello di intervenire proprio in questo ambito : agevolare la condivisione delle informazioni e delle risorse, raccogliere le esigenze, sollecitare le istituzioni, accogliere i neo-diagnosticati ed accompagnarli in un percorso di vita sicuramente complessa ed impattante ma mai come ora ricca di prospettive che fanno ben sperare.
Articolo a cura di Stefania Lavore e Giulio Maldacea
Note
Review = articolo scientifico che raccoglie da diversi studi le informazioni relative ad un medesimo argomento consentendone una visione globale
“Licenziato per inidoneità lavorativa dovuta al Parkinson: azienda metalmeccanica di Latina condannata alla reintegrazione.
“Una sentenza giusta, a tutela della dignità del lavoratore”, ha commentato l’avvocato Fabio Leggiero, giuslavorista del Foro di Latina che ha assisto l’uomo, il 50enne P.Z..
Il lavoratore aveva contratto la malattia all’età di 47 anni per poi essere licenziato un anno dopo dalla Brevetti Catis – Fonderie Pontine.
Il giudice del Lavoro Valentina Avarello ha accolto la tesi del metalmeccanico, accertando l’illegittimità del licenziamento a suo tempo irrogato e condannando l’azienda alla reintegra sul posto di lavoro con il relativo risarcimento danni.
Da ieri quindi P.Z. può finalmente rientrare al lavoro o meglio lavorare e non sentirsi soltanto un ex lavoratore inidoneo al lavoro.”
Studio Legale Leggiero-Avv. Fabio Leggiero
https://www.facebook.com/studiolegaleleggiero/
ParkinsonPedia è il database georeferenziato con tutte le risorse utili per affrontare il Parkinson in Italia. E’ un progetto, avviato nel 2017, realizzato da WeAreParky con la collaborazione di molti volontari, primo fra tutti Francesco Farina che si è occupato di buona parte del data entry relativo ai centri di cura.
Obiettivo del progetto ParkinsonPedia
Mettere a disposizione di pazienti, caregiver ed operatori un database unico dove ricercare centri di cura, associazioni e qualsiasi altra struttura che possa offrire servizi di supporto.
I dati
Il database al momento presenta i seguenti dati georeferenziati :
Centri di cura e riabilitazione
Associazioni indipendenti
Associazioni aderenti a Parkinson Italia
Associazioni aderenti ad AIP
Associazioni aderenti ad Unione Parkinsoniani
Delegazioni provinciali ANMIC (patronati)
Stiamo lavorando per inserire a breve :
Commissioni provinciali ASL per rilascio patenti speciali
Sedi INPS
Per selezionare i vari livelli di dato cliccare sull’icona in alto a sinistra e selezionarli dal menu a tendina che si apre.
Le altre due icone in alto a sinistra attivano rispettivamente gli strumenti di convidivisione e la visualizzazione a schermo intero. Da quest’ultima modalità di visualizzazione è possibile fare ricerche per testo libero.
Versione beta 1.2 (in fase di test – dati di prova)
Il freezing è un sintomo motorio del Parkinson ma è legato anche ad altre patologie e non solo neurodegenerative. Il freezing si manifesta con una spiacevole sensazione che noi definiamo come “piede incollato“. Non riusciamo ad avviare il cammino o ci blocchiamo improvvisamente. Nel tentativo di procedere portiamo il busto in avanti compromettendo l’equilibrio o facendo passi molto brevi, “da pinguino”. Comunemente il fenomeno ci viene spiegato come un problema di invio dei comandi da parte del cervello agli arti inferiori.
Cause del freezing
Gait analysis
“Nella mia personale esperienza ho potuto rendermi conto di quanto appoggiassi male il piede e quanto la mia postura fosse errata solamente quando in occasione di un ricovero riabilitativo presso la Clinica Villa Bianca di Limbiate (MI) fu fatta un’analisi computerizzata (GAIT) sia dell’appoggio plantare, sia della mia postura statica e dinamica ricostruendo addirittura il modello 3D. A me fu veramente utile per capire le cause delle mie sensazioni di instabilità e per i fisioterapisti al fine di focalizzare il percorso riabilitativo ottimale. In un mese in pratica dovetti imparare nuovamente a camminare accorgendomi tra l’altro che avevo quasi dimenticato l’uso delle dita dei piedi. ” (G. Maldacea)
Nei pazienti avanzati il freezing è dovuto ad un disturbo cognitivo ossia il meccanismo cognitivo di controllo della marcia che viene perso. In questo caso di pazienti non migliorano con la fisioterapia o quanto meno ne beneficiano in minor misura. Sono i casi con maggior rischio di caduta. Infatti in tal caso, la raccomandazione medica è di ridurre la terapia piuttosto che aumentarla, poichè cosi si riduce l’impulsività che porta alle perdite di equilibrio.
Negli altri casi il freezing è causato dallo scompenso dopaminergico e viene classificato in quattro tipologie :
Freezing in OFF : in questo caso il freezing si presenta quando la levodopa diminuisce il suo effetto, tipicamente a fine dose. Il sintomo scompare con l’assunzione della dose successiva.
Freezing resistente : quello che non risponde alla levodopa. E’ quello più temibile e che determina più cadute. (Approfondisci Studio HTA realizzato dal Prof. Meninni per Equistasi® con il nostro contributo)
Freezing in pseudo-ON : questa è una forma più rara di freezing. Si verifica quando la levodopa non è sufficiente a migliorare la funzionalità gli arti inferiori ma migliora tutto il resto.
Freezing in ON : si presenta solo in fase di ON. E’ una tipologia di freezing rarissimo che si presenta quasi esclusivamenet nei pazienti con DBS che non hanno ridotto abbastanza le medicine oppure in quei pazienti trattati con dosi eccessive di terapia dopaminerigca. Tipicamente il paziente sta meglio la mattina prima di prendere i farmaci. Si tratta riducendo la dose di farmaci.
Concause del freezing
Abbiamo osservato che il fenomeno del freezing è spesso il risultato di più concause :
Situazioni ambientali : passaggi stretti o semplicemente l’attraversamento di una porta, cambi di direzione, attraversamento di soglie, persone che intralciano il nostro percorso;
Situazioni emotive : distrazione e stress agevolano i fenomeni di freezing. A volte abbiamo notato anche atteggiamenti chiamati “profezie autoavveranti”. In pratica ci concentriamo sulla paura che accada il freezing, ci distraiamo da quello su cui dovremmo concentrarci, ossia il cammino, e diamo modo al freezing di prendere il sopravvento;
Dolori o altre patologie legate al sistema motorio : ginocchia malandate o ernie vertebrali ovviamente non fanno altro che peggiorare la situazione. I due problemi si influenzano a vicenda, la colonna vertebrale ospita una parte del sistema nervoso centrale quindi infiammazioni croniche causate da ernie o altre patologie vertebrali vanno ad influenzare anche i sintomi propri del Parkinson. Per questo si consiglia sempre di risolvere i problemi della schiena per quanto possibile senza pensare che siano di minore importanza rispetto al Parkinson;
Problematiche legate al sistema propiocettivo e posturali. In pratica le persone con Parkinson possono avere problemi nel determinare lo spazio in cui si muovono e la posizione dei propri arti. Oltre a ciò il Parkinson comporta alterazioni posturali che peggiorano progressivamente specialmente laddove non interveniamo con attività fisioterapiche ed esercizio fisico costante e consapevole. La sommatoria di queste due problematiche – strettamente correlate fra di loro può rappresentare una concausa dei fenomeni di freezing. A livello di postura è importante comprendere esattamente cosa accade : in fase di avvio della camminata, incosciamente portiamo il peso in modo non corretto sulla pianta del piede (di solito sulla parte anteriore ma senza impegnare le dita), questo fa spostare il peso ed il busto in avanti, il ginocchio viene sollecitato eccessivamente e tende a flettersi lateralmente, la schiena tende a curvarsi in avanti, conseguentemente anche il capo si inclina verso il basso limitando la visuale.
Perchè il freezing può causare cadute
Al verificarsi del fenomeno di freezing il paziente avverte la spiacevole sensazione di essere immobilizzato. Non comprendendo cosa stia accadendo il paziente istintivamente tende a “forzare” il passo, che diventa estremamente corto, intermittente ed instabile. Specialmente nei cambi di direzione il paziente non riesce a distribuire il peso correttamente sui due piedi innescando perdite di equilibrio e quindi cadute.
Come si evita il freezing
Miglioramento della postura : abbiamo spesso sottolineato l’importanza della fisioterapia effettuata presso centri specializzati e da operatori specializzati nella nostra patologia. Non fare riabilitazione ed esercizio fisico costante consapevole comporta un peggioramento progressivo della postura e quindi tutta una serie di “danni collaterali” che non fanno altro che rendere il quadro generale ancora più grave, difficile da affrontare e fonte di demotivazione. Il problema è che più si rimanda, più la postura peggiora, più tutto il nostro sistema muscolo-scheletrico si modifica aggravando dolori e posture scorrette. Concentrazione : E’ importante concentrarsi nel momento di avviare il cammino, appena avvertiamo la sensazione di “piede incollato”. Fermiamoci, respiriamo e prima di ogni cosa verifichiamo la postura, il peso deve essere concentrato sui talloni, il corpo deve essere il più possibile eretto, le spalle aperte, lo sguardo alto, i glutei contratti. Possiamo provare ad immaginare di dover creare una linea retta tra la testa, il collo, lo sterno, il bacino e le gambe fino ai talloni. Iniziare spostando il peso da un arto all’altro per acquisirne maggior controllo e attenzione. Quindi:
evitiamo di parlare o farci distrarre da chi ci sta vicino
non parliamo al cellulare
liberiamoci di pesi, borse e buste della spesa dalle mani o se proprio non possiamo bilanciamo il carico tra lato destro e sinistro. L’uso di zainetti è preferibile rispetto alle borse a tracolla
Verificata la postura concentriamoci sui singoli movimenti, spostiamo il peso alleggerendo il piede che vogliamo che si muova per primo. Possiamo farlo anche accennando un dondolio laterale. Appena toglieremo peso dal piede il passo si avvierà. Un trucco spesso utilizzato da parte di chi ci sta al fianco è di mettere un piede di traverso al nostro costringendoci a scavalcare l’ostacolo, la necessità di enfatizzare il movimento ci potrebbe aiutare ad avviarci.
Ritmo : una volta avviato il passo può succedere di non riuscire a mantenerlo e si può ripresentare il freezing. E’ importante la forza di volontà e la concentrazione. Amplifichiamo i movimenti, alziamo le ginocchia quasi come se dovessimo marciare. Possiamo anche dare al nostro sistema un aiuto ulteriore che può essere direttamente da parte nostra o da chi ci sta vicino. Ognuno trova il proprio trucco, qualsiasi cosa va bene, l’importante è il ritmo : contiamo, facciamo battere le mani a chi ci sta vicino o chiediamo a chi ci sta vicino di camminare battendo i piedi, alcuni ascoltano musica molto ritmata o mettono le cuffiete ed una App sullo smartphone con un metronomo digitale (scaricabile da qui) Trucchi : se ci troviamo su un pavimento piastrellato forziamoci a NON pensare a “camminare” ma pensiamo a “mettere il piede destro al centro dell’incrocio tra quattro mattonelle”. Insomma inventiamoci degli obiettivi da calpestare e concentriamoci su questi per definire l’ampiezza dei nostri passi Ausili : un bastone con tre appoggi o un deambulatore possono aiutare ad alleggerire il peso dal piede ed in genere a darci maggiore sicurezza. Sono in fase di sviluppo e di commercializzazione anche dispositivi che proiettano guide laser davanti ai nostri piedi.
Bicicletta : valutiamo il fatto che molti parky con una deambulazione anche molto difficoltosa riescono invece a muoversi in bicicletta. Ci sono vari studi su questo singolare fenomeno e di fatto, ad oggi, non c’è una risposta certa. I temi sono tre :
“andare in bicicletta” è un programma motorio diverso dal “camminare”;
il mantenimento dell’equilibrio richiede anche in questo caso “programmi” diversi;
la pressione sotto al piede con il terreno, percezione fondamentale per comunicare al cervello la nostra postura, in bici diviene meno importante “sbloccando” il sistema di allarme che poi porta al freezing
Adattamento degli spazi : la casa ed in genere gli ambienti che frequentiamo quotidianamente devono essere adattati PRIMA che accada un qualche incidente. Purtroppo abbiamo spesso visto che in parte per disinformazioni, in parte per “nascondere” la patologia, si rinvia l’adattamento degli spazi, come ad esempio :
eliminiamo tutto ciò che può rendere il nostro cammino difficoltoso o pericoloso (tappeti, soglie ad altezze diverse, oggetti lasciati sul pavimento magari poco visibili)
nei passaggi critici, in bagno o in genere dove ne sentiamo il bisogno installiamo maniglie o corrimano
installiamo gli adesivi antiscivolo sulle scale
installiamo luci notturne nei percorsi camera da letto – bagno – cucina
installiamo interruttori delle luci a sensore di movimento
installiamo segnali visivi che possono aiutarci nelle situazioni di freezing
Per chi ci sta vicino :
non spingerci
non metterci fretta
agevolarci per quanto possibile il percorso
comunicare tranquillità
non ripetere frasi tipo “stai calmo” o cose del genere
evitare che, in luoghi pubblici, le persone si blocchino a fissarci, la sensazione di essere osservati non fa altro che innervosirci e deconcentrarci
Abbiamo raccolto in questo documento tutte le tecniche, i consiglio e le soluzioni apprese nel corso degli anni, spiegate da pazienti esperti, caregiver, neurologi e fisioterapisti nel corso delle diverse edizioni del Parkinson Camp o apportate da membri del Gruppo FB Caregiver Italiani del Parkinson Questo elenco va considerato come una “scatola di attrezzi” da cui attingere facendo prove e valutazioni in condizioni di sicurezza (non da soli) e scegliendo le tecniche più confacenti alla propria situazione confrontandosi anche con il proprio specialista.
Documento condiviso e verificato dalla Dott.ssa Francesca Morgante
Honorary Consultant Neurologist, St. George’s Hospital, London, UK – Associate Professor of Neurology Department of Clinical and Experimental Medicine – University of Messina, Italy
Video :
In questo primo video si è sfruttato una particolare condizione di OFF indotto dalla sospensione dei farmaci per testare alcuni “trucchi”. L’obiettivo era andare dall’ascensore al vaso, aggirarlo e tornare al punto di partenza.
Nel primo tentativo – “al naturale” – il soggetto ha semplicemento cercato di concentrarsi sui passi e sul mantenimento dell’equilibrio.
Nel secondo tentativo il soggetto cammina all’indietro, così come per la bici e le scale, si attivano programmi motori diversi. Ovviamente questa NON E’ UNA SOLUZIONE perchè alquanto pericolosa.
Nel terzo tentativo il soggetto si è concentrato nel mettere i piedi al centro delle mattonelle come nello schema qui a fianco. Questa PUO’ ESSERE UN ESCAMOTAGE per gestire temporaneamente un freezing.
In questo secondo video è possibile osservare un paziente con gravi problemi legati alla deambulazione, all’equilibrio ed a fenomeni di freezing gravi. Vedrete come la stessa persona, in due momenti temporalmente contigui, seppur quasi impossibilitato a camminare riesce in un secondo momento a condurre perfettamente una bicicletta. Questo video ha stimolato diversi studi volti a valutare l’efficacia della bicicletta come strumento terapeutico e la messa a punto di metodologie riabilitative specifiche.
AGGIORNAMENTO del 10 settembre 2021
Oggi integriamo questa monografia con una scoperta che apre nuovi orizzonti, fatta grazie ad una “colonna portante” della ricerca sul Parkinson svolta in Italia. Stiamo parlando del Prof. Pezzoli e del suo inedito team italo-austriaco a sua volta composto da giovani eccellenze. Siamo venuti a conoscenza di questo studio – nella realtà pubblicato nel 2019 – solamente ora. In pratica sono riusciti a registrare l’attività della corteccia cerebrale motoria e del nucleo subtalamico prima, durante e dopo la comparsa del freezing ed è stato scoperto che durante questi episodi i pazienti mostrano una perdita funzionale della connettività tra queste due regioni cerebrali. In altre parole è come se smettessero temporaneamente di comunicare.”.
“La temporanea perdita di connessione tra il nucleo subtalamico e la corteccia celebrale potrebbe essere una delle cause del freezing della marcia, l’improvviso blocco dei movimenti che può colpire le persone malate di Parkinson. A suggerirlo è un nuovo studio, in pubblicazione sulla rivista Brain, condotto dai ricercatori dell’Università di Würzburg (in Germania). I risultati ottenuti indicano che una possibile soluzione al freezing della marcia potrebbe risiedere in un particolare impianto di stimolazione cerebrale. A Milano è stato aperto un Laboratorio Analisi del Movimento, dove i ricercatori dell’ateneo tedesco potranno portare avanti le loro ricerche assieme colleghi italiani. “Il laboratorio è stato realizzato nella struttura pubblica dell’Asst Gaetano Pini-CTO”, spiega Gianni Pezzoli, il presidente della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson. “La struttura è stata creata per acquisire nuove conoscenze sui disturbi motori, in particolar modo sul freezing della marcia, uno dei sintomi più gravi e invalidanti del Parkinson, al fine di fornire ai pazienti un trattamento e una modalità riabilitativa sempre più personalizzati”, prosegue l’esperto. Questo passo in avanti nella conoscenza del Freezing potrebbe avere una doppia valenza se i due sintomi fossero correlati.
Fonti :
Riportiamo di seguito i link ad alcuni di questi studi :
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Il presente articolo è stato scritto originariamente da volontari di WeAreParky (Giulio Maldacea, Pino Porpiglia e Lucia Roma) con la gentile collaborazione e supervisione del Dott. L. Santilio – Specialista in Fisiatria, Master II livello : Disturbi del movimento e patologie neurodegenerative. Successivamente è stato implementato grazie al gentile apporto della Prof.ssa Francesca Morgante – Università di Messina.