Beviamo … responsabilmente ! Cosa e come dovrebbe bere una persona con Parkinson

Rispondiamo collettivamente alla domanda che molti ci pongono quotidianamente ed ancor più d’estate. Cosa e come dovremmo bere ?
Per prendere le medicine orali il consiglio che molti neurologi danno è acqua a temperatura ambiente o leggermente fresca – NON GHIACCIATA -. evitando cosi anche  spiacevoli conseguenze come la congestione.
Per le medicine solubili (ad esempio il Sirio® che si scioglie spesso male rimanendo in parte nel bicchiere o sul cucchiaino), è preferibile utilizzare acqua frizzante o gassata. Per chi prende la vitamina C tramite Cebion o Magnesio Supremo (in questo caso si suggerisce acqua tiepida) si può prendere contemporaneamente. Per chi soffre di tremore la difficoltà del Sirio® a sciogliersi può diventare un problema importante dato che il classico movimento rotatorio del cucchiaino risulta essere impossibile.
In questi casi, volendo risolvere autonomamente, abbiamo osservato due tecniche.
La prima è quella di impiegare due bicchieri uguali, usare il primo mettendo acqua e pastiglia solubile, poi versare il contenuto da un bicchiere all’altro fino ad avvenuto scioglimento.
La seconda soluzione l’abbiamo vista adottare dai parky “senior” che usano la  cannuccia per ovviare ai problemi di disfagia. Soffiando moderatamente nella cannuccia lasciata immersa nel bicchiere si  producono delle bolle che agevoleranno lo scioglimento del farmaco.
Alcuni parky trovano beneficio nell’assumere le dosi di Levodopa sorseggiando del Tè verde, in particolare la qualità giapponese “Matcha” in infusione.
Il Tè verde è ricco di sostanze – la L-Theaina in primis – che agevolano la produzione di Dopamina.
Alcuni “colleghi” d’estate preparano al mattino una bottiglia da un litro o due con due o quattro bustine di Tè verde – o equivalente in infusione – che usano nel corso della giornata.

D’estate il quantitativo minimo di liquidi da assumere è di 2 litri. Questo è fondamentale per evitare la diminuzione di efficacia dei farmaci tipicamente segnalata nei mesi estivi.
Le bevande alcoliche sono fortemente sconsigliate perchè possono ridurre sensibilmente l’effetto benefico dei farmaci e di alcune integrazioni come la vitamina B1.
Sono altresì sconsigliate tutte le bevande ghiacciate e molto gassate perchè possono complicare la fase digestiva ed arrecare danno all’apparato digerente che per noi è molto importante mantenere in perfetta efficienza visto che è la via attraverso il quale assimiliamo i farmaci.
Riportiamo infine il consiglio dei “tre bicchieri” : per accelerare l’entrata in azione delle medicine assunte oralmente si suggerisce di bere tre bicchieri in sequenza dopo aver ingoiato la pasticca, l’acqua le farà superare più rapidamente lo stomaco facendola entrare nell’intestino tenue dove avviene effettivamente l’assimilazione.
Per i parky che hanno problemi nella deglutizione (disfagia) ricordiamo che :
  • la prima cosa è la posizione durante la deglutizione : busto eretto, piedi ben poggiati a terra e possibilmente avambracci appoggiati sui braccioli
  • l’ambiente deve essere accogliente, luminoso e deve mettere a proprio agio la persona
  • chi assiste deve trovarsi di fronte ed alla stessa altezza degli occhi
  • sono sconsigliati tutti gli alimenti che hanno consistenza mista (liquida, cremosa e solida)
  • le bevande liquide possono essere  assimilate tramite una cannuccia magari di dimensioni generose
revisione testo  a cura di Valeria Bastoncelli

Exenatide : farmaco anti-diabete sembra avere effetti benefici anche nella terapia del Parkinson – l’analisi di WeAreParky.

NEWS : Il parere della dott.ssa Morgante (13/09/20117)
“Il Prof. Foltynie ha fatto uno studio preliminare su pochi pazienti che l’ha portato a teorizzare che l’exenatide potesse essere un farmaco che rallenta la progressione di malattia (ossia neuroprotettivo). Da qui ha fatto questo studio su Lancet per capire comparato al placebo l’effetto dell’exenatide. Ora si vede che i pazienti che sono in terapia con Exenatide per un anno hanno una stabilità del loro UPDRS (che migliora di 1 punto, ossia è irrilevante), ossia la scala usata per valutare il Parkinson. Mentre quelli in palcebo hanno un peggioramento di 2 punti (che è la media del peggioramento dell’UPDRS se il Parkinson non è trattato). Loro stessi scrivono che non sanno se ciò si deve ad un vero effetto neuroprotettivo oppure sintomatico, ossia che exenatide funziona lievemente sui sintomi parkinsoniani. Una cosa simile successe con Jumex ed Azilect per cui gli entusiasmi furono molto elevati, poi si capiì che avevano solo effetto sintomatico.

Quindi, questa è un ricerca interessante, ma non ci sono dati per dire che exenatide blocca il Parkinson. In atto ci sono sperimentazioni sull’uomo con un razionale molto più forte di exentide nel rallentare la malattia, come gli anticorpi monoclonali control l’alfa-sinucleina. Tale sperimentazione sarà presto iniziata in centri italiani.

Spero di essere stata chiara e ti spiego cosa ho scritto ai miei pazienti. Se già fanno exenatide per il diabete, ovviamente continuatela. Ma non si può prescrivere questo farmaco a pazienti non diabetici sulla base del fatto che si è fatto uno studio su 60 persone al mondo e che fra l’altro per dirti la verità non è che stia presentando questi risultati pazzeschi.”

La notizia originale viene riportata dal portale Lancet.com (link ufficiale) il 3 agosto 2017 che in verità riporta l’esito di un trial (una sperimentazione) realizzata tra giugno 2014 e marzo 2015 su 62 pazienti con uno stadio di avanzamento medio della malattia di Parkinson. Lo studio (fase II) è durato in tutto 60 settimane. A 32 pazienti selezionati in modo casuale è stato chiesto di autosomministrarsi  una dose di 2 mg a settimana di Exenatide tramite iniezioni sottocutanee in aggiunta alla terapia abituale che non è stata modificata. Agli altri 30 pazienti è stato invece fornito un placebo. I test sulla presenza dell’exenatide sono stati fatti sia a livello ematico che di liquido spinale. Sono stati effettuati inoltre rilevamenti tramite scale cliniche (UPDRS II) e scansioni dell’attività dopaminergica (DatScan), fonte Michael J Fox Fundation che ha finanziato lo studio, il cui obiettivo era fornire una piattaforma per uno studio finale di Fase III che ad oggi non è stato ancora avviato.
Lo studio ha evidenziato un evidente miglioramento della sintomatologia e di fatto non sono stati evidenziati eventi avversi seri riconducibili direttamente alla sperimentazione. Gli autori dello studio nelle conclusioni dichiarano : “NON E’ CHIARO se l’exenatide influenza la patofisiologia (sintomi) o se ha effetti a lungo termine sulla patologia vera e propria (cioè se arresta la neurodegenerazione)”.

In realtà gli studi sul “riposizionamento” dell’exenatide sul Parkinson si svolgono dal lontano 2009 quando sono stati fatti i primi esperimenti sugli animali (Fase I) dalla Astrazeneca e dalla Bristol Meyers Squibb sui farmaci Byetta® e Bydureon®, in particolare all’epoca si rilevò un potenziale effetto neuroprotettivo nella terapia del Parkinson e delle ischemie, effetto dovuto alla stimolazione del ricettore GLP-1.

Abbiamo inoltre trovato uno studio del 2014 (Aviles-Olmos) che rileva effetti positivi sulla sintomatologia anche nei successivi 12 mesi alla fine della somministrazione. Questo è l’unico rilevamento che fa ben sperare su eventuali effetti “a lunga durata”.

L’Exenatide è la cura per il Parkinson che aspettavamo ?

La risposta migliore a questa domanda l’ha fornita chi “ha tirato fuori i soldi”, il dr. Weiner della MJFF :

“I risultati dello studio sono stimolanti ma i dati non sono sufficientemente “robusti” per dichiarare che la exenatide possa avere effetti benefici nella terapia del Parkinson. Per definire la exenatide sicura ed efficacia nella terapia del Parkinson serve uno studio più vasto e multicentrico ben progettato. Il meccanismo di funzionamento dell’exenatide e di medicine similari (come liraglutide e lixisenatide), così come rilevato da precedenti studi, li rende interessanti come obiettivi da approfondire. Finché non verrà però chiarito il ruolo potenziale di queste sostanze nell’ambito del Parkinson, i pazienti sono fortemente sconsigliati di aggiungerli alle loro terapie.”

Lo studio completo originale

Al seguente link potete scaricare il PDF completo dello studio originale.

Ma se funzionasse la terapia basata su exenatide quanto costerebbe in Italia ?

Un kit con 4 penne da 2 mg l’una di Bydureon® attualmente costa circa 500,00 €, sulla base dello studio si renderebbe necessario un kit al mese.

bydureon_pen_imageAd oggi non esiste un “generico” di questi farmaci. Si vocifera di un generico del Byetta® che però non ha la caratteristica di lento-rilascio che invece ha il Bydureon®, per questo Byetta® richiede due iniezioni al giorno.

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Quando la Fase III ? Chiedetelo a Trump !

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Il farmaco è già sul mercato approvato dalla FDA per la terapia del diabete. Quindi ha già seguito l’iter di approvazione fino alla Fase III. Secondo il “21st Century Cures Act” tanto voluto dall’amministrazione Obama e tanto avverso dal nuovo presidente USA, Donald Trump, la fase III in questi casi di “riposizionamento” non sarebbe strettamente necessaria consentendo di comprimere Fase II e III in un unico processo che potrebbe coinvolgere un gruppo di “soli” 1-300 pazienti. Questo ridurrebbe moltissimo sia i costi che i tempi di approvazione del farmaco da parte di FDA per la malattia di Parkinson.

Resterebbero da valutare i reali effetti benefici ed a corto-medio-lungo termine sulla patologia. Fonte : The Science of Parkinson’s disease

Il pensiero di WeAreParky : cura o terapia ?

L’obiettivo della maggior parte delle ricerche condotte sulla malattia di Parkinson è finalmente focalizzato sulla ricerca di una cura.

Cura e terapia hanno due significati ben diversi :

  • La cura mette fine alla patologia, cioè si “guarisce”
  • La terapia aiuta a gestire la patologia agendo in modo benefico sui sintomi

Parlando però di malattia neurologica la cosa diviene ancora più complessa perchè come sappiamo le cellule nervose una volta danneggiate non possono essere riparate. Questo significa che anche se fermassimo la neurodegenerazione, i danni fatti restano, possiamo ovviamente sempre lavorare sulla riabilitazione.

Nel caso della malattia di Parkinson, dove la popolazione colpita si trova in diverse fasi della malattia – che vanno da coloro che non sono ancora a conoscenza della loro condizione (pre-diagnosi) a quelli in stadi più avanzati della malattia. La discussione di una “cura per la malattia di Parkinson” deve essere quindi focalizzata a livello temporale.

In parole semplici : ipotizziamo che tutto vada bene ossia che la fase III determini che l’Exenatide funzioni bene agendo sui sintomi e fermando o rallentando la neurodegenerazione senza avere effetti collaterali importanti. Si configurano due significati ben diversi :

  • Per un neodiagnosticato avremmo la cura.
  • Per gli altri avremmo una terapia farmacologica che ferma la neurodegenerazione interrompendo il peggioramento dei sintomi

Il parere dei neurologi italiani

Abbiamo chiesto a molti amici neurologi cosa ne pensano, speriamo di poter pubblicare presto le loro risposte.