Febbre VS Parkinson : perchè le persone con Parkinson devono evitare possibilmente gli stati febbrili

Il contenuto di questo articolo è di particolare import per le persone con Parkinson che sono in terapia Levodopa+Carbidopa, Levodopa+Benserazide o Melevodopa+Carbidopa (Farmaci : Sinemet®, Madopar® o Sirio®).
La terapia farmacologiche viene assunta normalmente per via orale, quindi deleghiamo al nostro apparato digerente il compito di assimilarle e renderle disponibili.
È facilmente comprensibile che l’apparato digerente deve operare nella migliore condizione possibile, qualsiasi situazione che ne altera le normali funzioni renderà meno efficace la terapia. Condizioni che riducono l’assimilazione dei medicinali sono :
  • stipsi
  • gastriti ed alterazioni in genere della funzionalità dei succhi gastrici
  • pasti “pesanti”
  • alcolici

Ricordiamo inoltre che è buona norma:

  • assumere i medicinali almeno un’ora prima o due ore dopo i pasti
  • bere almeno 1 lt di acqua al giorno  (alcuni neurologi suggeriscono di bere tre bicchieri di acqua dopo aver ingerito le pasticche, questo consentirà ai farmaci di superare lo stomaco ed arrivare direttamente nel duodeno dove vengono effettivamente assimilati passando dal sistema circolatorio).
La levodopa, una volta assorbita nelle cellule intestinali, viene quasi del tutto convertita in Dopamina da un’enzima presente a questo livello, con il processo della dopa-decarbossilasi.

La dopamina se processata a livello periferico, causerebbe una serie di effetti collaterali sgraditi, come la nausea e ipotensione ortostatica, inoltre verrebbe così “sprecata” arrivando al cervello iun quantità estremamente bassa.

Per evitare questi effetti negativi le formulazioni di levodopa prevedono l’abbinamento con una ulteriore componente del farmaco, ad esempio la carbidopa o la benserazide. Queste molecole infatti sono inibitori dell’enzima dopa-decarbossilasi. In un certo senso “camuffano” la molecola della levodopa evitando che questa venga riconosciuta dall’enzima in modo da farla arrivare sana e salva alla barriera emato-encefalica (ovvero la porta d’ingresso al nostro cervello). Questo ha permesso di ridurre le quantità di levodopa somministrate (aumento della biodisponibilità) e di ridurre le controindicazioni dei sovradossaggi di levodopa (movimenti discinetici in primis).
La barriera emato-encefalica è una naturale protezione del cervello che evita l’ingresso di elementi tossici. Una delle caratteristiche peculiari della levodopa è che per sua caratteristica intrinseca riesce a superare la barriera emato-encefalica.
Gli stati febbrili indeboliscono la barriera emato-encefalica che in un certo senso allarga le sue maglie e lascia così passare anche la carbidopa che non consente alla levodopa di essere riconosciuta e quindi ignorata dal processo che dovrebbe trasformarla in dopamina.
Quindi quando sentiamo dire ad un parky “sono in off eppure le medicine le ho prese”, “oggi le medicine non fanno effetto”, e cose del genere, significa che qualche cosa ha alterato il processo della levodopa, le aree da investigare sono :
– Hai la febbre?
– A che ora hai preso le medicine? Sei sicuro?
– Che hai mangiato? 
– Hai bevuto alcolici?
– L’intestino è libero? le funzioni fisiologiche sono normali?
– Hai avuto stress?

NB. Non dimentichiamoci però che la febbre è comunque un meccanismo di difesa contro i batteri ed i virus! Quindi confrontiamoci sempre con il nostro medico prima di prendere farmaci antiepiretici (il più diffuso è la Tachipirina®)

Articolo scritto da Giulio Maldacea in collaborazione con il dott. Massimo Marano – Neurologia – Campus Biomedico Roma